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X
incontro |
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24
maggio
2012 |
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Il tema dell'incontro sugli studi
napoleonici, giunto alla decima edizione, organizzato
dal Circolo Culturale "L'Agorà" e dal Centro studi
"Gioacchino e Napoleone" prende spunto da un reportage
apparso sul numero 40
del febbraio 2010 della nota
rivista FOCUS/STORIA.
Nell'uscita del periodico in argomento vennero trattati
diversi argomenti e personaggi relativi all'epopea
napoleonica dal titolo "Bonaparte e gli italiani" e
nello specifico:
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Lo straniero sul
trono di Francia; |
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Tra cuore e Stato;
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Il piccolo
caporale; |
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Serenissima
fregatura; |
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Made in "N";
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Souvenir d'Italie:
e Giotto finì al Louvre; |
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Il raccomandato;
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Al seguito di
Napoleone; |
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L'ultima volta in
Italia. |
In risposta ad alcuni punti di
quel resoconto, qualche settimana dopo venne pubblicato
su internet una doverosa nota dai contenuti privi di
alcun tipo di polemica nei confronti degli autori,
ma da un'angolazione visiva diversa nei confronti dei temi
argomentati sulla nota rivista Focus/Storia che ha il merito
di approfondire fatti, vicende e personaggi dei secoli
passati.
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Infatti
l'uscita n. 40 del febbraio 2010 gli dedica, con
tanto di copertina, un reportage denominato “Napoleone
Italiano” e, tra l'altro, sempre sulla copertina vi sono
delle gustose “anticipazioni” di quello che si leggerà
al suo interno come “Le eredità che ci lasciato (e che
cosa ci ha rubato)”.
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ANDIAMO A VEDERE DI
COSA SI TRATTA E QUANTO VIENE RIPORTATO SULLA RIVISTA
IN ARGOMENTO ALLE PAGINE 60-61 DAL TITOLO
“SOUVENIR D'ITALIE:
E GIOTTO FINÌ AL LOUVRE (REQUISIZIONI, ESPROPRI E FURTI
PORTARONO A PARIGI CENTINAIA DI OPERE D'ARTE. SOLO IN
PARTE RESITUITE IN SEGUÌTO ALL'ITALIA)”:
Antichi
manoscritti, arredi, dipinti, oggetti pregiati, sculture
e persino gli archivi vaticani. Oltre 5mila opere d'arte
(5.233 secondo una fonte francese del 1815, ma il
calcolo è quasi impossibile). È questo il campionario di
“souvenir” che tra la fine del Settecento e l'inizio
dell'800 fu strappato all'italia, caricato su centinaia
di carri e spedito alla volta di Parigi. Destinazione:
il palazzo del Louvre, che Napoleone aveva deciso di
trasformare nel “museo più bello dell'universo”.
Requisizioni in vari trattati stipulati durante e dopo
le campagne d'Italia Napoleone inserì infatti clausole
che impegnavano i vinti a consegnare alla Francia
innumerevoli opere d'arte requisite a ordini religiosi
aboliti o sottratte alla Chiesa.
OCCHIO LUNGO . A
dirigere l'operazione fu chiamato il barone Dominique
Vivant Denon, storico dell'arte ribattezzato “l'occhio
di Bonaparte”. Per l'esproprio dei beni culturali e
artistici (molti confluiti nelle prime pinacoteche
pubbliche italiane, come l'Accademia di Brera a Milano,
e perciò salvati dalla dispersione) a parroci e autorità
civili fu chiesto di stilare elenchi dettagliati delle
opere in loro possesso. In parallelo, lo scultore
Antonio Canova (dal 1802 ispettore generale delle
antichità e delle Belle Arti per conto dello Stato della
Chiesa) cominciò una battaglia per la tutela del
patrimonio artistico della Penisola, supportato da papa
Pio VII, che in un documento ufficiale del 1802 scrisse:
“I quadri delle chiese […] non potranno togliersi dal
luogo in cui sono collocati […] senza consenso
dell'ispettore”. Un ordine per lo più ignorato dagli
incaricati napoleonici.
DIETROFRONT. Canova,
che era molto apprezzato anche in Francia, si recò a
Parigi dove iniziò subito a contrattare la restituzione
di alcuni capolavori, denunciando la razzia. Si dovrà
però attendere la caduta dell'imperatore, nel 1815,
perché il maltolto riprendesse la via di casa. Già
nell'autunno di quell'anno partì un convoglio dall'italia
(“41 carri con 200 cavalli da tiro” secondo alcune fonti
francesi dell'epoca). Gli archivi vaticani e numerose
importanti sculture furono restituiti, ma degli oltre
500 dipinti solo la metà tornarono nella Penisola: molti
finirono in collezioni private e altri sono ancora
Oltralpe.
“I TROFEI DEL GENERALE (GIOCONDA ESCLUSA)”
Ecco una lista di
altri capolavori trasferiti per ordine di Napoleone in
Francia dove alcuni sono rimasti. Non fu invece
trafugata da Bonaparte (come alcuni cominciarono a
credere dal 1911, quando il ladro Vincenzo Peruggia
disse di avere rubato il quadro per restituirlo alla
madrepatria) la Gioconda di Leonardo. Il dipinto fu
infatti portato in Francia dal pittore stesso nel 1516,
quando si trasferì ad Amboise ospite di Francesco I, che
lo acquistò con altre opere.
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ñ Nozze
di Cana del Veronese (1564). Destinato al monastero
benedettino di San Giorgio Maggiore a Venezia, e
requisito nel 1797, è ancora oggi al Louvre;
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ñ
Stigmate di San Francesco di Giotto (1295). Trafugato
dalla chiesa di San Francesco a Pisa, dal 1813 è al
Louvre; |
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ñ
Estasi di Santa Cecilia di Raffaello (1516). Prelevato
da Bologna, fu poi restituito alla pinacoteca cittadina;
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ñ Venere Medici, statua greca copia di un originale del V
secolo a.C. Fu scelta personalmente da Napoleone nella
galleria medicea degli Uffizi, a Firenze, dove l'opera
tornò nel 1815; |
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ñ Cartone preparatorio dell'affresco La scuola di Atene di
Raffaello (1511). Requisito alla biblioteca Ambrosiana
di Milano nel 1796, fu restituito con altre opere nel
1815; |
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ñ Cristo benedicente del Guercino (1655). Requisito a
Forlì, oggi è alla Pinacoteca di Brera, a Milano;
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ñ Codici di Leonardo da Vinci. Tutti i manoscritti
conservati dalla biblioteca Ambrosiana di Milano
(appunti, schizzi sul volo e disegni di macchine) furono
requisiti nel 1796, in seguito ne furono restituiti
soltanto alcuni. Gli altri sono ancora oggi conservati
all'istituto di Francia,a Parigi.
[1]
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DALLA LETTURA IN
ARGOMENTO RELATIVA A QUANTO SOPRA RIPORTATO SULLA
RIVISTA FOCUS/STORIA n. 40 del febbraio 2010 di
focus/storia che gli dedica, con tanto di copertina, un
reportage denominato “Napoleone Italiano” , piace
ricordare che durante il biennio 1796-1798 il giovane
Napoleone eseguiva le direttive decise dalla Convenzione
e, successivamente dal Direttorio, quindi questo non
vuol dire che egli era un ladro.
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Ritornando
alla pubblicazione in argomento - continua
Gianni Aiello - e nello specifico "Souvenir
d'Italie: e Giotto finì al Louvre" vi è
un'elencazione relativa alle "ruberie" del
periodo come diverse opere d'arte quali
quadri, statue ma anche manoscritti, come i
famosi codici |
appartenuti a Leonardo
da Vinci.
Insomma un lungo elenco di “trofei del generale”,
esclusa la Gioconda come giustamente riportato, per
fortuna, vista che la stessa venne commissionata dal
sovrano francese Francesco I al genio toscano.
Ritornando a
“Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre” ci piace
riportare ciò che lo storico tedesco Franz Herre
evidenzia in “Napoleone Bonaparte” : [... La ricca città
di Milano aprì loro le porte. Parma e Modena, lo Stato
della Chiesa e Napoli si affrettarono a comprare la pace
col denaro e i tesori artistici; il papa, alla fine,
cedette anche Ferrara, Bologna, la Romagna e Ancona.]
[2]
.
Quindi da quanto si evince dal saggio storico le cose,
sembrano che siano andate in modo leggermente diverso da
quanto una certa storiografia ha tramandato ai posteri.
Sempre in “Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre”
si citano tra le tante opere artistiche anche i cavalli
in bronzo, la quadriga Marciana, che il “ladro”
Napoleone da Venezia portò in Francia.
Ebbene, a riguardo la stessa opera equestre, c'è da
ricordare che la medesima era ubicata nell'ippodromo di
Costantinopoli e che a seguito della IV crociata (1204)
venne “trasportata” a Venezia insieme ad altre opere
provenienti dalla Capitale dell'impero Romano d'Oriente,
come i tetrarchi, ma anche i “pilastri Acritani”,
provenienti dalla basilica di San Polieucto in San
Giovanni d'Acri.
La domanda, come disse qualcuno, viene spontanea … chi
sono veramente i ladri?
A questo punto, ragionando per assurdo, se il governo
turco rivolesse indietro ciò che i crociati ed il doge
Enrico Dandolo di Venezia ebbero a sottrarre alla città
di Costantinopoli, l'attuale Instanbul, cosa
succederebbe?
E se si riaprissero i contenziosi tra l’Egitto e la Gran
Bretagna per il possesso della Stele di Rosetta (oggi al
British Museum), o tra la Grecia e il governo inglese
per i marmi del Partenone (anche questi al British
Museum), e ancora tra la Grecia e la Francia per la
Nike, la Vittoria alata di Samotracia (oggi al Louvre) a
cosa si andrebbe in contro?
Dati certi è che si è di fronte a casi di ruberie che si
sono susseguite nel tempo, se vogliamo usare un termine
più elegante, bottini di guerra, MA l'arte del
saccheggio c'è sempre stata, come testimoniato nel
Vecchio Testamento.
Infatti sia il profeta Daniele che il profeta Geremia
narrano che nel 607 a.c. A seguito della conquista di
Gerusalemme il sovrano babilonese Nabucodonosor fece
trasportare diverse decorazioni in bronzo e di altro
metallo pregiato nei propri territori.
Naturalmente tali “operazioni” proseguono con lo
scorrere del tempo interessando tutti i territori del
globo e le varie amministrazioni che si sono susseguite
nei millenni, come ci descrive Giorgio Monteforti
apparsa sul magazine elettronico PARADOS dal titolo
“l'arte del saccheggio “.
A tal proposito riportiamo questo passaggio “ [… L’
ultimo dei ladroni d’annata, e il più grande dalla
caduta di Roma, fu Napoleone Bonaparte. Se e’ vero che
dovunque andasse vincesse e’ vero anche che dovunque
vincesse rubasse.
Anche se non sempre spudoratamente
come il 23 giugno del 1796 a Bologna quando obbligò lo
Stato Pontificio a firmare un armistizio che al
capoverso VII costringeva il papa a cedere alla
Repubblica Francese 100 tra quadri, busti o statue a
seconda della scelta di appositi commissari che
sarebbero stati inviati a Roma; dal conto delle cento
opere d’arte sarebbero restati esclusi il busto bronzeo
di Giunio Bruto e il busto in marmo di Marco Bruto
perché da prendersi a parte insieme a 500 manoscritti a
scelta (dei francesi) della biblioteca vaticana.
Con la
successiva Pace di Tolentino del 24 febbraio 1797
Napoleone non solo riconfermò le pretese di 6 mesi prima
ma rincarò la dose pretendendo dal papa 15 milioni di
lire dell’epoca in diamanti o opere d’arte (per avere un
termine di paragone nello stesso periodo Napoleone
vendette agli USA la Louisiana per 80 milioni) e più 37
manoscritti di quelli della Biblioteca Palatina di
Heidelberg illegalmente rimasti nelle mani vaticane per
quasi 200 anni.
Ma almeno in quest’ultimo caso era
andato a rubare in casa di ladri.
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Come quando nel
1797 a Venezia arraffò i “cavalli di San Marco” cioè
“i cavalli di Bisanzio” (quelli rubati nel 1204) e
se li portò a Parigi per piazzarli sull’arco di
trionfo. L’imperatore aveva decisamente un’insana
passione per ricettare roba che scotta.]. |
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IN CONCLUSIONE
VORREI CITARE ALTRE CIFRE:
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Il Codice di Hammurabi (una fra le più antiche
raccolte di leggi) che venne stilato durante il
regno dell'omonimo sovrano babilonese. Esso fu il
bottino di guerra dell'esercito elamita. Attualmente
si trova nel Museo del Louvre; |
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Ciò che è conservato all'ermitage di Pietroburgo e
che dal marzo del 1995 fa parte di una mostra
intitolata "I capolavori nascosti rivelati".
Settantaquattro opere dei più grandi maestri
impressionisti e post-impressionisti, Van Gogh,
Degas, Gauguin, Renoir, Monet, Cezanne, Manet,
Pissarro, Toulouse-Lautrec, Delacroix, Matisse e
Picasso. Settantaquattro quadri creduti distrutti o
perduti durante la seconda guerra mondiale. Anche
questi, come l'"Oro di Priamo" o “Tesoro di Troia”,
monili ritrovati alla fine del secolo scorso
dall'archeologo tedesco Heinrich Schliemann.
Nonostante un trattato, concluso nel 1990 fra Mosca
e Bonn che preveda la reciproca restituzione di tali
beni artistici, la decisione quasi unanime del
parlamento indirizzata a farli rimanere in Russia,
come compenso
per i danni subiti durante la guerra; |
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Nel 1995 viene firmato un accordo tra l'Albania e
gli Stati Uniti per la restituzione del bottino di
guerra che i nazisti avevano sottratto nel 1943:
2.417 chili di oro che custodiva la Banca albanese a
Roma ma di cui sono stati ritrovati finora 1.574
chili, per un valore di circa venti miliardi di
lire; |
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Nel marzo di quest'anno torneranno in Lettonia
alcune opere d’arte trafugate durante la II guerra
mondiale, frutto di un accordo stretto in Polonia
dal presidente lettone Andris Bērziņš durante la sua
visita ufficiale. |
Infine risulta doveroso ricordare l'attività di
recupero da parte di Rodolfo
Siviero, nominato dall'allora
Presidente del
Consiglio dei
Ministri della Repubblica
italiana Alcide
De Gasperi,
“Ministro Pprelipotenziario”
con compiti di recupero delle opere d'arte trafugate
in Italia nel corso della
seconda guerra mondiale tra il 1937 ed il 1944.
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[1]
focus storia,
n. 40,
febbraio 2010;
[2]
f. herre, napoleone,
pp.52-53, bompiani, 1991. |
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