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Una sequenza di
immagini di persone che scendono dai pulman, da
treni, che arrivano con le navi e che si dirigono in
lungo corteo per le vie della Città dello Stretto
tra due cordoni delle forze dell’ordine, mentre qua
e là, si intravedono labili tentativi di incidenti,
di scontri: questo lo scenario del 24 ottobre 1972.
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È la
manifestazione nazionale per il Mezzogiorno
organizzata dalla Federazione lavoratori
metalmeccanici presso il Teatro Comunale
"Francesco Cilea", cui fa seguito una
manifestazione nella stessa città di Reggio,
alla quale partecipano, tra gli altri, i
segretari Lama, Storti e Vanni.
La stessa
manifestazione, quella del 24 di ottobre, si
trova inserita cronologicamente tra alcune
date, costellate da una
serie di
attentati |
dinamitardi,
come
quelle del 20 quando a Reggio sono sono lanciati,
nel corso della notte, ordigni esplosivi contro le
sezioni del P.S.I. , del P.C.I. e la sede del
sindacato della U.I.L.; del
17, un attentato dinamitardo nei
locali della biblioteca comunale, dove si
sarebbe dovuto effettuare una conferenza sindacale;
del 15 dello stesso mese, quando, sempre a Reggio
viene colpita con alcuni lanci di materiale
esplosivo la sede del Partito Comunista d’Italia
Marxista Leninista.
Mentre il 27 di
ottobre a Villa San Giovanni un attentato
dinamitardo colpisce la sede della sezione del M.S.I. "Luglio 1970".
Tutto questo fa da
scenario all’altro attentato, quello ferroviario,
nei pressi di Lamezia Terme che causerà il ferimento
di cinque feriti ed alle parole emanate, durante il
comizio tenuto a Reggio Calabria, proprio il 24
ottobre, dove il sindacalista Pierre Carniti
dichiara a tal proposito: […quel treno che
portava via gli emigranti... non volevano consentire
che tornasse per farli partecipare a questa grande
manifestazione. Siamo in presenza, amici e compagni,
e non la sottovalutiamo affatto, siamo in presenza
di una criminalità organizzata, che è anche
indicativa, però, del suo isolamento. Si tratta di
gente disperata, perché ha capito che l'iniziativa
di lotta dei lavoratori, di questa stessa
manifestazione sindacale, rappresenta un colpo
durissimo. Ecco perché reagiscono con rabbia,
reagiscono con disperazione. E oggi, come cinquant'anni
fa, questa reazione conferma che il fascismo con il
manganello e il tritolo è al servizio dei padroni e
degli agrari contro i lavoratori e contro il
proletariato. Ma dunque compagni, debbono sapere che
non siamo nel '22 e che la classe operaia, le masse
popolari, le forze politiche democratiche hanno la
forza ed i mezzi per difendere le istituzioni
democratiche dall'attacco e dall'aggressione
fascista. E ciascuno farà la sua parte in questa
direzione. Oggi non sono calati a Reggio, amici e
compagni di Reggio, i barbari del Nord, ma con gli
impiegati e con gli operai del Nord sono tornati a
Reggio i meridionali!...]
Le cose che
risaltano immediatamente sono i seguenti termini “gente disperata”,
“fascisti”, ma si parla anche degli sbocchi
occupazionali, del lavoro, quel lavoro promesso con
il famoso “pacchetto Colombo”, che si concretizzò
con il fallimento della “Liquichimica” di Saline Joniche
- che precedentemente ai moti del '70 doveva sorgere
in Sicilia - con le altre
"promesse" di un ennesimo
“centro siderurgico”, quando, quello di Taranto, già
dava segni di cedimento
sul mercato.
Le altre cifre sono
quelle indirizzate ad uomini di
diversa estrazione ideologica, ad una città intera
che rivendicava il diritto alla propria identità
storico-culturale, quindi non “gente disperata”, ma
“esasperata per quello che avevano subito” e non
“fascisti”.
Infatti c’è da
sottolineare altri tre punti fondamentali a tal
proposito ("fascisti"): il
primo è che nella seduta del 12 agosto 1970,
l’esponente missino Giorgio Almirante, parlando alla
Camera dei Deputati, durante il suo intervento
invocava misure repressive nei confronti dei
rivoltosi di Reggio Calabria; il secondo è che alla
“cosiddetta” parteciparono anche gli anarchici,
“Lotta Continua”, l'ex comandante partigiano Alfredo
Perna, si sottolinea “partigiano”, quindi che
combatté contro il regime fascista e la Repubblica
Sociale di Salò, periodi storici che erano molto
cari al sopra citato Giorgio Almirante; mentre
l’ultimo punto che la lotta per il capoluogo, non è
stata, come qualcuno, di recente, ha sottolineato
sulla stampa nazionale, “… un’esplosione di
ribellismo plebeo manovrata dall’estrema destra…”.
Premesso
doverosamente tutto ciò passiamo adesso alla
manifestazione vera e propria “Reggio 1970-2000:
trent’anni dopo” dedicata a ciò che accadde tre
decenni or sono e che per la stessa che si è
strutturata nell’arco di cinque giorni, il sodalizio
reggino ha volutamente scelto di non chiedere
nessuna, si sottolinea nessuna, collaborazione
economica pubblica per realizzare l’esposizione e la
“tre giorni”, nel rispetto di coloro che morirono in
quel periodo e distinguendosi, anche nei confronti
di coloro che “fanno” cultura sono ed esclusivamente
in funzione dei contributi, quindi
il Circolo
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Culturale
L’Agorà è in netta controtendenza rispetto a
quanto usualmente avviene,
contraddistinguendosi, anche per questo, da
ciò che spesso si verifica
nel mondo associativo, lanciando quindi un
chiaro messaggio a tal proposito. |
Le
giornate di studio si sono articolate durante l’arco di cinque giornate dedicate
alla "Protesta" di Reggio, relativa ai fatti del 1970.
L'appuntamento è stato caratterizzato da proiezioni del periodo e interviste con la
gente per vedere cosa pensava e cosa sia rimasto nei loro cuori a distanza di
tempo.
E' stata allestita anche una sezione documentaria costituita da dieci
pannelli fotografici (sui quali ogni visitatore ha lasciato una propria
firma, un pensiero, che è stato un prezioso elemento di valutazione).
In
contemporanea
ad una mostra fotografica inaugurata il 17 gennaio 2000 nei locali
dell'Accademia di Belle Arti si è tenuto il convegno riguardante i
fatti della cosiddetta " rivolta" che
nel luglio del 1970 ha avuto per protagonista la città di Reggio Calabria
e di coloro che vi parteciparono.
La rivolta di
Reggio segna un momento di crisi della Repubblica italiana ed è stato uno dei
fenomeni
sociali e politici più rilevanti della storia del Mezzogiorno del
dopoguerra.
Essa ha avuto caratteristiche originali che la rendono non
assimilabile ad altre sommosse di
tipo antistatale e ad altri episodi come quelli di Avola e Battipaglia.
E'
stato un
evento spartiacque che ha segnato la fine di una fase della storia del Mezzogiorno e
del Paese (e che pure non ha suscitato un adeguato approfondimento, sia in sede
di analisi storica sia in sede di riflessione politica)
e questo, naturalmente si è cercato di evidenziare, approfondire
proprio nell’arco delle giornate di studio, organizzate dal Circolo
Culturale L’Agorà, per creare un serio momento di riflessione.
Quindi un tentativo di rilettura per capire cosa è cambiato, in
questo arco di tempo, da quei terribili giorni in cui a
Reggio ma in tutto il Meridione vi era il divario con il
resto del Paese sfociato anni prima nei fatti di
Melissa, Cutro, Isola Capo Rizzato in Calabria, Avola in
Sicilia e di Battipaglia in Campania, avvenimenti che
insieme a quelli di Reggio non devono essere considerati
episodici o casuali, ma malcontento dovuto al divario
economico del Mezzogiorno nei confronti del resto del
Paese.
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Bisogna pensare ai fatti di Reggio senza pregiudizi in modo da non
strumentalizzare la protesta popolare
accostandola ai colori di un’area politica.
Cosa certa è che quel periodo rappresenta un capitolo alquanto
scomodo ed imbarazzante non solo per la storia
locale. |
I cinque giorni, dedicati al trentennale di quei tristi giorni,
dove persero tutti, sono stati esclusivamente un
momento di riflessione, vista anche le autorevoli
presenze, e non un motivo di nuove spaccature: quindi
nessun rigurgito ma solo un aspetto storico che ha
riguardato o in positivo o in negativo la città di
Reggio Calabria, quella stessa Reggio che scese in
piazza ritenendo di battersi per una causa giusta, un
ideale che nulla a che fare con il termine “rivolta” ma
con quello di protesta nei confronti dei partiti
nazionali e dei politici calabresi.
Le cause del 1970 hanno motivazioni antiche, infatti, sin dal 1948,
inizia la protesta per il capoluogo: i Consigli
provinciali e comunali di Catanzaro e di Cosenza in data
11 ottobre, con ordine del giorno in cui «… si affermava
che Reggio non aveva alcun requisito per essere
designata come sede di uffici regionali».
Comitati di cittadini sorsero sin da allora in difesa di tale
diritto, accogliendo esponenti di tutti gli schieramenti
politici che si riunirono in un’assemblea di sindaci
della provincia reggina, convocata nella sede del Comune
capoluogo in data 21 ottobre (da notare che già in data
31 dicembre dell’anno precedente vi era stata un’altra
assemblea nel salone dell’Amministrazione provinciale
della città dello Stretto e presieduta dall’avvocato
Malavenda) per difenderne la causa.
La traversia burocratica si prolungò nel tempo, infatti il 1° marzo
del 1969 vi fu un’assemblea di parlamentari, sindaci, e
vari rappresentanti di partiti che venne convocata dal
presidente della Provincia di Reggio.
In tale riunione si ribadì il diritto per il capoluogo regionale,
sin da quel periodo esisteva in città il “Comitato di
agitazione per la difesa degli interessi di Reggio”.
In data 15 marzo dello stesso anno vi fu una manifestazione
studentesca che si prolungò sino al 18 dello stesso
mese con l’occupazione per alcune ore in ferrovia,
mentre il 21 il Consiglio comunale di Reggio Calabria
votò un ordine del giorno per Reggio capoluogo.
E si giunse al 17 gennaio del 1970 quando in una riunione romana
fra i segretari provinciali della Dc delle tre province
calabresi scaturì la volontà per Catanzaro capoluogo e
la delegazione reggina si oppose, mentre nei giorni
successivi il presidente del Comitato di agitazione,
Francesco Gangemi, si dimise dalla Democrazia Cristiana.
Non era quindi una questione “di pennacchio spagnolo” ma qualcosa
di più che scaturiva dall’edificazione della struttura
regionale che generò un serio dibattito sull’ubicazione
del capoluogo regionale, emblematico anche il caso di
L’Aquila e Pescara, ma li la cosa ebbe breve durata e
conseguenze diverse da quelle della città dello Stretto
che fu la rivolta popolare più lunga del Novecento.
Prima dell’istituzione degli enti regionali non vi era una sede
ufficiale del centro guida sia a livello burocratico che
politico, poi la realizzazione di tale istituto, venne
scelta Catanzaro, non per la sua centralità, non lo è
dal punto geografico, pensiamo ad esempio alla città di
Palermo, capoluogo della regione siciliana, rispetto a
Messina o Catania, come tra l’altro fatto notare da uno
dei relatori, nella fattispecie il docente universitario
Pasquale Amato,
presso la facoltà di Scienze Politiche di Messina.
Tale scelta, quella relativa alla sede del
capoluogo regionale, venne fatta perché tale città era sede della Corte
d’Appello, che successivamente venne designata pure
nella Città dello Stretto.
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C’è da evidenziare, purtroppo, che tutto ebbe inizio a causa di una
brutale reazione da parte delle forze
dell’ordine indirizzata nei confronti dei
partecipanti ad un semplice e pacifico corteo di
civile protesta nei confronti delle scelte che
si stavano effettuando nei confronti
dell’indirizzo della sede capoluogo regionale.
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Gli
aderenti alla manifestazione che avevano occupato, in segno di protesta
indirizzata a tali valutazioni, i binari ferroviari vennero selvaggiamente
attaccati: fu quella la miccia che fece scoppiare la rabbia di coloro che
successivamente vennero definiti “gente disperata”.
Ma ci sono altri aspetti che a tutt’oggi devono ancora essere
chiariti e che sono stati ben evidenziati durante
l’intera manifestazione: come ad esempio ciò che alcuni
quotidiani nazionali si ostinano a pubblicare e nella
fattispecie il termine “Boia chi molla” che è un motto
già in uso a metà ottocento (periodo risorgimentale). Fu
il grido di battaglia degli insorti delle cinque
giornate di Milano. Fu poi, durante la dittatura
fascista, il titolo di un foglio dei fratelli Rosselli
stampato a Parigi in italiano (i fratelli Rosselli erano
antifascisti italiani esuli in Francia); infine durante
la Repubblica di Salò (RSI), divenne anche il motto di
un reparto repubblichino.
Ma altra cifra da non sottovalutare è che ancora oggi un grave
errore accreditare al periodo storico in questione un
tentativo eversivo di resurrezione fascista visto che
Reggio fu l’unica città d’Italia, nella quale si ebbe il
coraggio “… di efficacemente indire una manifestazione
di giubilo la notte di S. Silvestro 1924 per la
ventilata notizia della caduta del fascismo” :
circostanza questa, richiamata nel Senato del tempo
dell’allora direttore del Corriere della Sera, Senatore
Alberti, al fine dimostrativo non era affatto vero che
il fascismo riscuoteva i consensi di tutto il popolo
italiano.
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Durante le tre
serate di lavori (19-20-21 gennaio) sono emerse,
fra tutte le cose che sono state dette, alcune
questioni di importanza considerevole, come la
qualità degli interventi, tutti molti
interessanti, l'attenzione dataci dalla carta
stampata e dalle tv locali,
|
presenti massicciamente per tutta la durata del
convegno, gli interventi del pubblico molto sentiti e
motivati.
Molto interessanti sono state le qualità degli interventi dei relatori e
l'impatto che hanno avuto sull'uditorio, come al sindacalista Giuseppe Aprile,
all'onorevole Piero Battaglia, al dott. Giuseppe Vittorio Canale, ai consiglieri
provinciali Giuseppe Galtieri e Vincenzo Rogolino, al marchese Felice Genoese
Zerbi, all'onorevole Giuseppe Reale (che non essendo tra i relatori, ha detto,
nel suo intervento, fatto tra i banchi del pubblico delle cose veramente
importanti): costoro hanno regalato all'uditorio,
soprattutto ai più giovani, dei momenti particolari offrendo una
interpretazione inedita dei fatti di Reggio, facendo quindi vivere qualcosa di
veramente coinvolgente.
La serie di appuntamenti
sono state condotte abilmente da Gianfranco Cordì - responsabile della
sezione "cinema" del sodalizio organizzatore – che all'interno del suo
intervento che ha ha avuto come titolo "Il linguaggio attraverso le
immagini", un modo di vedere come gli esperti della celluloide hanno
presentato l'argomento relativo alle proteste popolari, proteste che
come si sa non hanno confini né temporali né geografici .
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L'intervento di Cordì ha rappresentato un
momento di riflessione quindi, un tentativo di
rilettura per capire cosa è cambiato, in questo
arco di tempo, da quei terribili giorni in cui a
Reggio ma in tutto il Meridione vi era il
divario con il resto del Paese: divario sfociato
anni prima nei fatti di Melissa, Cutro, |
Isola Capo
Rizzuto in Calabria, Avola in Sicilia e di Battipaglia
in Campania (avvenimenti che insieme a quelli di Reggio
non devono essere considerati episodici o casuali, ma
frutto del malcontento dovuto al dislivello economico
del Mezzogiorno nei confronti del resto del Paese) .
Ritornando
a quei tragici momenti, c’è da ricordare che il potere
centrale, rappresentato dal democristiano, interessante
il ruolo che ebbero gli inquilini dei quartieri alti
dello “scudo crociato”, Emilio Colombo, il quale pose il
veto a qualsiasi tipo di trattative con i delegati di
quel malcontento popolare che accadeva a Reggio
Calabria.
 |
Ma per ben
evidenziare la chiusura che vi era, l’alto
rappresentante istituzionale e di partito dispose anche
l’invio, in diversi periodi, di soldati, forze
dell’ordine, reparti speciali, mezzi cingolati, oltre ad
un’ordinata attività di distruzione informativa di
quello che succedeva in riva allo Stretto, dando quindi
una tipologia dei fatti distorta di ciò che accadeva,
infatti l’attenzione dei mass media nazionali cominciò
a scemare nei confronti di quello che accadeva a Reggio,
mentre restata vivo lo spirito d’informazione da parte
dei giornalisti stranieri.
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|
Ritornando
alla
manifestazione, c'è da evidenziare che
sono emerse alcune questioni di importanza
considerevole specie negli interventi del sindacalista Giuseppe Aprile, che ha
parlato della |
sua esclusione alla
carica di segretario generale della UIL a causa del suo
essere "reggino", del dott. Giuseppe Vittorio Canale,
Procuratore dei cittadini del Movimento Federativo
Democratico, che ha lanciato l’idea atta d'una possibile
istituzione di un "museo" dedicato ai fatti della
rivolta di Reggio.
Il sindaco di
allora, l’Onorevole Piero Battaglia ha rilasciato una dichiarazione nel corso della
prima giornata dicendo che: «i
cittadini di Reggio non si sono ribellati solo per la vicenda
capoluogo il popolo protestava per lo stato di emarginazione in cui
versava, per il diritto al lavoro che gli veniva negato, perché
perdeva di giorno in giorno
la fiducia nelle istituzioni .
Nessun esponente del Governo di
allora si è messo in collegamento con la città e tutti i nostri tentativi
furono vani».
Il docente
universitario Pasquale Amato invece,
nel corso del suo intervento
ha detto: «Scippare Reggio del suo ruolo naturale
è stato un atto di "pirateria" che ha portato a disastrose
conseguenze. Mi riferisco non solo al trasferimento di importanti uffici
amministrativi, ma a tutta una serie di provvedimenti collaterali come la
decisione di costruire l'aeroporto internazionale
di Lamezia Terme che
fortemente hanno penalizzato la nostra città. E se adesso la Regione Calabria
è diventata l’ultima d’Italia è anche perché non ha il capoluogo nella
città più importante, ma nella più debole e nella più facilmente
governabile »
,
nel corso del suo intervento ha detto che « scippare Reggio del suo ruolo
naturale è stato un atto di "pirateria" nei confronti di Reggio
e che
|
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ha
portato a disastrose conseguenze».
Gimo Polimeni
(Assessore comunale alla cultura)
ha ribadito
durante
la serata che «L’unità e la
modernità della Calabria sono ancora da costruire. Ed è proprio con
questo
problema che la classe dirigente sarà chiamata a confrontarsi nel prossimo
futuro». |
Infatti Reggio Calabria rimase
sotto stato di assedio per tutto il corso di quel
periodo, isolata dal resto della Penisola, anche per il
blocco della tratta ferroviaria, e la città era
duramente provata da ciò che accadeva per le vie,
piazze, contornate dalle barricate, dagli attentati
dinamitardi che interessarono diverse
sedi istituzionali.
La ribellione
di Reggio non fu uno di quegli avvenimenti che possano liquidarsi con diagnosi affrettate e un errore grave dimenticare in quali decadenti realtà
socio-economiche.
Il suo
bilancio fu devastante, oltre ai parametri relativi agli
aspetti che colpirono la collettività dal punto di
vista economico, c’è da registrare anche quello degli
affetti, infatti tragicamente trovarono la morte in quel
periodo, oltre ai fatti che si scatenarono in città, vi
sono da annoverare quelli del 22 luglio dello stesso
anno, quando a Gioia Tauro deragliò il “Treno del Sole”
, da Palermo si dirigeva a Torino, causando la morte di
RitaCamicia, Rosa Fazzari, Andrea Gangemi, Nicoletta
Mazzocchio, Adriana Vassallo ed il ferimento di 139
persone, ma anche l’altro tragico incidente
sull’autostrada del Sole che da Reggio Calabria portava
a Roma dove morirono, al chilometro 50 tra Ferentino ed
Anagni, cinque anarchici che si dirigevano nella
Capitale, dove dovevano recapitare documenti di denuncia
a riguardo di ciò che accadeva in riva allo Stretto:
tali atti scomparirono nel nulla! .
|
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L’incontro, organizzato dal
Circolo Culturale L'Agorà,
ha evidenziato gli avvenimenti cittadini di quegli anni secondo le diverse
prospettive dei protagonisti dell’epoca e a fare "memoria" di uno
dei momenti più drammatici della storia recente della città : quella del ’70
fu una tragica estate |
con quattordici morti,
sparsi tra
Reggio, la sua provincia ed il resto della Penisola,
centinaia di feriti ed arresti e fermati.
Ritornando ai giorni attuali e quindi
alle giornate di studi c’è da evidenziare che l'idea di un "luogo della
memoria" per la rivolta di Reggio è stata riproposta dall’avvocato Francesco Arillotta e dal giornalista RAI Franco Bruno mentre dagli altri
relatori vi è stato un interesse per l’istituzione di un qualcosa di stabile
(sia esso museo, archivio o fondazione, le idee su tale argomento sono state
le più diverse) che ricordi in maniera permanente la rivolta di Reggio Calabria
come i filmati che sono riusciti dagli scaffali impolverati della memoria che
hanno dato un sussulto ai presenti in sala .
Il cadavere di Bruno Labate, venne trovato in via Logoteta
il 15 luglio, una
traversa del corso Garibaldi, vicino ai palazzi
istituzionali quali (Provincia, Comune e Prefettura) e
precisamente nella salita della Standa: era un dipendente
delle ferrovie ed era iscritto al sindacato
della Cgil, risulta quindi doveroso precisare la
sigla sindacale, il suo orientamento politico, i
propri iscritti, uno, proprio quel Bruno Labate,
che usciva dal lavoro per andare a
|
|
casa ed invece non vi ha fatto più ritorno in quella nefasta
giornata.
Cosa che ebbe purtroppo a ripetersi in seguito, era il 17
settembre, con la morte di Angelo Campanella, 45
anni, autista
dell'azienda municipale degli
autobus, padre di 7 figli, viene colpito a morte nei pressi del ponte
Calopinace, mentre, anche lui, rientrava a casa.
Stessa cosa, ironia della sorte, accadde dopo un anno esatto al
barman
Carmelo Jaconis, 25 anni. |
Tre episodi “strani”
che hanno come vittime persone estranee alla rivolta,
lavoratori che si recavano a casa, dopo una giornata di
lavoro, ed in quel clima incerto, invece trovarono la
morte.
Quindi per rispondere
con i fatti a chi ancora, a tutt’oggi, e chissà ancora
per quanto tempo, per meglio significare il clima che vi
era a Reggio Calabria in quel periodo, ed anche per
sottolineare che quella fu, solo ed esclusivamente una
rivolta popolare, si riportano alcuni passaggi di un
comunicato del 29 gennaio 1971 a firma del Comitato
d’Azione per Reggio Capoluogo:
|
|
[…]
Esercito alle
porte, polizia che penetra nelle case,
pestamenti a sangue di studenti e lavoratori,
Commissari di polizia e reparti della «Celere»
che provocano sadicamente e ingiuriano anche le
donne nella maniera più volgare, arresti,
denunzie […] |
[…]
La beffa per Reggio,
vilmente tradita da una dissennata ed incapace classe
politica, si tinge d'amaro. Non ha sentito Bucciarelli
l'anatema contro Reggio scagliato ancora con forza dal
Presidente della Regione calabrese prof. Guarasci? Non
ha ascoltato il Presidente della Commissione Affari
Costituzionali le stridule voci dei rappresentanti
politici al Consiglio Regionale tutti in trincea contro
i sacrosanti inalienabili diritti di Reggio? […]
|
|
[…]
I «Baroni
rossi» e tutte le variopinte «sinistre» partono
dissennatamente all'attacco con la bava alla
bocca. La loro bandiera ingloriosa e tinta a
veleno, resta quella di luglio, quella, cioè,
della «rivoluzione stupida e infame» (ricordate
certo cotesta definizione di Mancini
nell'Avanti!). […] |
[…]
«L' UNITA'» dal 28
gennaio, pag.12, si scaglia violentemente contro i
lavoratori di Reggio denunziando «La mancata
applicazione della direttiva emanata dal prefetto ai
capi degli uffici statali e parastatali di far
funzionare gli uffici «di operare le trattenute di
stipendio al personale che si assenta senza gravissimo
motivo» un sedicente comitato di lotta per i
diritti del popolo di Reggio e quello meridionale, con
un volantino ciclostilato ad inchiostro rosso, copre le
spalle alle malfamate consorterie politiche che operano
contro Reggio affermando: «che cosa vogliono infine le
squallide squadre con a capo il losco e tristo figuro
Ciccio Franco dal popolo serio e lavoratore». […]
|
|
[…]
Non v'è giorno che ad ogni angolo di strada non
si registri il laceramento di tessere del
partito comunista e socialista. Casi eclatanti
riportati anche dalla Stampa – sempre più
fedele nella registrazione del fatti e sempre
più equilibrata, fatte le dovute eccezioni, nel
commentare l'esplosione della rabbia antica
delle nostre genti -, ultimo quello |
del giovane ed
affermato cardiologo dott. Franco
Palermo che ha stracciato di fronte ai Giornalisti la
tessera a suo nome rilasciata della Federazione
provinciale del PCI recante Il n. 1655688, testimoniano
del dramma d'anima di tanti vecchi militanti dei
partiti di estrema sinistra che onestamente abbandonano
la vecchia trincea politica da PSI , del PCI, che sanno
oggi di viltà e di tradimento, […]
(1)
[…]
vorrebbero Reggio
peggio che Praga? Danzica Budapest Poznan Berlino Est.
Magari coi carri armati ‑ alle porte della Città ‑ che
soffocassero nel sangue l'ansia di Giustizia di tutto un
popolo … […]
Nella seconda
giornata l’avvocato Francesco Arillotta riprende quando detto nella prima da
Giuseppe Vittorio Canale e dice
«Non abbiamo le relazioni del prefetto,
del questore , dei militari e poi i documenti e le testimonianze sono sparse
nelle case e negli archivi di "quelli che c’erano" : perché non
metterle assieme?»
.
La proposta nasce da tre presupposti: il primo è che
i protagonisti stanno sparendo, il secondo è che oramai della
"Rivolta" occorre parlare in termini storici, il terzo è che i giovani non devono
conoscere le singole esperienze dei protagonisti, ma avere
uno sguardo complessivo sui fatti .
Per l’onorevole
Francesco Catanzariti il malessere sociale della nostra città non è stata l’unica
causa che ha fatto "scoppiare" la rivolta, ma certamente l’humus su
cui le coscienze dei cittadini hanno visto crescere la loro voglia di ribellione
anche per reagire nei confronti di politici che hanno relegato la città a un ruolo
«indegno» .
|
|
Il giornalista
della Rai calabrese Franco Bruno contestualizzando la "Rivolta" nella
realtà dell’epoca, ha sottolineato, tra l’altro, due circostanze: la prima
è l’isolamento in cui Reggio si è trovata in seguito
«all’attacco
della partitocrazia» .
La seconda è che «persino chi ha
partecipato, il giorno dopo la fine, ha
|
iniziato a provare un senso di vergogna
per quello che aveva fatto».
Per il dirigente
dello SDI Carlo Colella la rivolta fu un movimento popolare:
«
Non nacque
"fascista" pensate che il Secolo d’Italia fu persino
bruciato in piazza Italia . Nella sinistra c’era chi come Minasi del PSIUP invitava a mettersi a capo della rivolta .
E fu un gravissimo errore per la sinistra non "avallare" la
Rivolta»
Nell’ultimo
appuntamento il Senatore Renato Meduri per bocca del figlio (il
quale ha letto il messaggio) ha ricordato la tensione morale, sociale e politica
di quelle cruente giornate indirizzando qualche invettiva ai
"cattolici-comunisti", dell’epoca che osteggiarono la sollevazione
popolare.
La prima parte
della serata conclusiva si è svolta in un clima di amarcord tra premiazioni e
attestati di stima: è stato premiato Benito Foti, che è riuscito a far condannare lo Stato
italiano per la lungaggine dei processi
cheriguardavano gli esponenti della
rivolta, Muccio Baccillieri "Speaker ufficiale" della rivolta ha
mostrato i suoi "reperti" : alcune registrazioni dei comizi dell'epoca
che è intenzionato a donare al museo della
rivolta che i promotori del convegno hanno in animo d’istituire.
|
|
Si tratta di
registrazioni inedite del periodo dove si possono ascoltare le voci di Ciccio
Franco, Piero Battaglia, Fortunato Aloi e tanti altri protagonisti in sedute
consiliari o nelle contro assemblee organizzate dal Comitato di Azione,
ed a tal proposito sono stati letti |
alcuni
comunicati tra cui quello dattiloscritto e datato 11
luglio 1971:
[…]
REGGINI !!!, il giorno 14 Luglio, alle ore 19, in
occasione del primo anniversario dell'inizio delle
rivendicazioni per il Riconoscimento inalienabile della
nostra Reggio ad essere confermata CAPOLUOGO DELLA
CALABRIA, il Movimento Democratico "14 Luglio" ed il
Comitato femminile per Reggio Capoluogo hanno indetto la
celebrazione dì una messa in suffragio del primo caduto
per la nostra città BRUNO LABATE
[…]
[…]
Il giorno 14 Luglio,
alle ore 19, questo Comitato d'azione coglie la
occasione di rinnovare l'unione ideale di tutto un
popolo e per riprendere il dialogo con le eroiche
popolazioni dì Sbarre, S.Caterina, S.Brunello, Gebbione,
Tre Mulini, Modena e del Rioni tutti, dialogo interrotto
dell'impiego massiccio della forze di polizia, dei mezzi
cingolati e del carri armati […]
[…]
I cortei partiranno
alle ore 18 dalla periferia per unirsi con quelli del
Centro in Piazza Italia alle ore 19.
Per tutta la serata le insegne luminose dei negozi e le
luci delle vetrine dovranno restare spente in segno dì
lutto […]
|
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Dopo
la lettura di tali documenti si sono di
seguito viste delle immagini con interviste all’ex-sindaco Piero Battaglia, all’onorevole
Giacomo Mancini ed al defunto senatore Ciccio Franco,
insieme |
a scene di guerriglia
urbana,
commentate dal giornalista Gad Lerner.
Ci sono
stati poi gli interventi dei vari ospiti .
Interessante
è stato l'intervento dell’ingegnere
Eugenio Castellani ha detto «ci siamo sentiti tutti offesi dalle decisioni di quei
notabili della
politica, che non avevano tenuto in alcun conto i sentimenti dei
reggini.
«Siamo stati presi in giro con le grandi officine di Saline
Joniche, con
le O.me.ca. che si è tradotta in clamoroso fallimento e con il quinto centro
siderurgico mai realizzato di cui resta il porto di Gioia Tauro,
miracolosamente
decollato ma demitizzato visto che comunque resta solo di movimento».
L’onorevole
Aloi ha detto che la rivolta non è stata «una
masaniellata, come diceva qualcuno, ma una spontanea ribellione popolare » .
Il dott.
Daniele Zangari ha evidenziato nel suo intervento relativo "Dalla rivolta
di Reggio alla lotta per la rinascita del Sud" che i fatti di Reggio hanno
rappresentato il primo atto di ribellione alla partitocrazia.
Il relatore
continua la sua amarezza affermando che «... Chi ha vissuto quei
giorni non può dimenticare il cigolio delle auto blindo che all'alba di un
giorno di carnevale invasero la città, come in un qualsiasi regime totalitario. Il 13 luglio del '70 c'era una Regione Calabria povera, campione
dell'emigrazione, del colonialismo politico, economico e culturale.
Oggi,
forse, qualcosa incomincia a cambiare; c'è sempre una Calabria povera, c'è
sempre lo sfruttamento coloniale dei potentati economici e finanziari del nord,
ma i calabresi incominciano ad avere un pò più di fiducia in se stessi.»
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Dopo di che Daniele Zangari ha parlato di "Vento del Sud" sorto il 1°
settembre del 1973 dalle ceneri della rivolta, raccogliendo di quella lotta di
popolo l'eredità politica e morale.
Il tentativo di "Vento del Sud" non ebbe
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successo, esso comunque durò fino al
1991, quasi vent'anni, un periodo ricco di analisi, ma
soprattutto di proposte, che aspettano ancora una risposta.
Sarà compito degli studiosi che lo vorranno, di riprendere tutto quanto
"Vento del Sud" ha prodotto per valutarne i contenuti.
Tra i documenti che sono stati commentati nel corso della
manifestazione si riporta il testo del “Comitato
d’Azione per Reggio Capoluogo”, che aveva sede in via
San Francesco da Paola al numero civico 102, che
intitolava il documento “Tradimento” ecco quanto
riportato nello stesso che risulta privo di data ma
stampato in una nota tipografia della stessa città:
[…]
Reggini, ancora una volta i partiti ci hanno ingannati e
traditi. A Catanzaro ‑ assenti i rappresentanti reggini
della D.C. e del P.S.U. ‑ il centro sinistra, sotto la
pressione dei comunisti (che fino alle ore 21 di ieri
sera avevano occupato l'aula del Consiglio per
protestare contro il rinvio) e cedendo al ricatto dei
socialisti di Mancini, ha deciso di procedere nei lavori
dei consiglio e ‑ rinviando, a tarda notte, la seduta a
questa mattina alle 10,30 ‑ ha voluto forzare la
situazione e metterci di fronte al fatto compiuto: tutto
ciò con la presenza e la partecipazione dell'attivo ed
infaticabile Segretario Regionale della D.C., Diego
Versace […]
[…]
Il Comitato
d'Azione invita i Parlamentari i Consiglieri
Regionali, Provinciali e Comunali reggini ‑ qualora con
intendano essere bollati col marchio dei traditori ‑ ad
assumersi le responsabilità che la particolare gravità
del momento richiede, occupando il loro posto accanto al
popolo che li ha eletti e li vuole combattenti attivi ‑
non solo nelle aule parolaie ‑ di questa lotta per il
trionfo della Giustizia e la rinascita economica,
sociale e morale della nostra Reggio
[…]
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L’intervento
che sicuramente più ha impressionato è stato quello del marchese Felice Genoese Zerbi: mentre tutti gli altri relatori hanno argomentato dati alla mano
o deducendo razionalmente da alcune premesse di base, il marchese ha spiegato la
"sua" rivolta dicendo «è stata comunque una |
grande vittoria per la città se dopo trent’anni la classe politica è obbligata a trovare
alibi e scuse per giustificarsi. Ma non siamo riusciti a raccoglierne l’eredità
visto che il potere continua ad essere gestito da lobbies sorde agli interessi
della città».
Durante la
serata conclusive sono emerse anche il ruolo (e le colpe) non marginali delle
sinistre, aspetto poco trattato quando si parla della rivolta di Reggio questo
grazie al supporto dei Consiglieri provinciali Giuseppe Galtieri, utilizzando
documenti nuovi (Vincenzo Rogolino).
Giuseppe Galtieri
parlando dei fatti del 1970 ha ricordato dell'attivismo esasperato dell'allora
Sindaco Piero Battaglia che dava inizio alla protesta di un popolo che
rivendicava il diritto di Centro Pilota della Regione Calabria di "Città
leader" anche, e non
solo, in forza di antiche e nobili origini. «Quello
spasmodico attivismo, a "carte scoperte" suonò per molti come l'epifeno
meno di un male radicato nella classe politica della nostra Reggio: la
"sudditanza" del politico reggino rispetto ai colleghi delle città
consorelle» .
Il
Consigliere indipendente di
sinistra ha fatto notare che quei fatti hanno arrecato vantaggio al candidato
politico di Catanzaro e Cosenza e quindi decretando il fallimento di "alcuni" politici
locali che con i loro errori ha pagato un'intera
città.
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Nel corso dell'incontro Giuseppe Galtieri
ha ribadito che ha distanza di trenta anni dalla
sanguinosa rivolta, l'analisi retrospettiva non
consente, purtroppo, di fare piena luce su
ruoli, circostanza, complicità, connivenze e
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responsabilità: «l'unica cosa certa resta
l'insipienza e l'inettitudine politica di chi
non ha saputo difendere gli interessi della Sua Città rendendosi, inopportunamente,
responsabile della "rivolta" ma anche colpevolmente incapace di evitarne
la strumentalizzazione di ciò che era solo una sommossa popolare ed, in quanto
tale, andava controllata nell'alveo di una contrattazione solo ed
esclusivamente politica e non esasperata sino ad una guerra civile
che per poco non si è innescata» .
Ed a tal proposito
c’è da registrare la presenza in città in quel periodo di chi ha evitato,
che tali situazioni sfociassero in altre
ancor ben più gravi, come la figura del questore Santillo che con la sua
mediazione non ha permesso in diverse occasioni, ad esempio dopo i funerali di
Bruno Labate si verificarono dei duri tentativi di assalto a sedi istituzionali
e governative, che la situazione degenerasse ulteriormente, ma anche
dell’arcivescovo metropolita Giovanni Ferro.
Le fasi conclusive della
manifestazione organizzata dal Circolo Culturale L'Agorà riguardano le
dichiarazioni dell’allora
Ministro dell'Industria, Emilio Colombo, che rivolgendosi in Parlamento ai
reggini, si augurava che questa popolazione potesse «imboccare la via
della pacificazione, ma che ove avesse voluto malauguratamente perversare in questo atteggiamento di rivolta, in questo secondo caso la forza
sarebbe un dovere, sarebbe una decisione dolorosa e amara» .
Ed in termini
di ordine pubblico la svolta si ebbe all’alba del 23 febbraio 1971 quando l’ultima
roccaforte della rivolta di Reggio cadde.
La "Repubblica di Sbarre"
venne espugnata da mille agenti di pubblica sicurezza supportati da
quindici "M-113" , i mezzi cingolati in dotazione all’Esercito,
precedentemente era toccato al "Gran Ducato di Santa Caterina", popoloso quartiere
a Nord della città dello Stretto.
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Ritornando al discorso alla Camera
da parte dell'onorevole Emilio Colombo, che
annuncia alla Penisola un seria
attenzione nei confronti di
Reggio Calabria, questo attraverso lo
strumento del Comitato
interministeriale per la programmazione
economica (CIPE). |
Tale
istituto assegnò
alla regione Calabria 1300 miliardi indirizzati alla
realizzazione di un centro siderurgico nella piana di
Gioia Tauro (con un bacino occupazionale previsto per
7500 unità) ed altri 360 miliardi per una serie di
indirizzi nel campo della chimica (Sir, Liquichimica) e
meccanico (Efim) che avrebbe interessato una sfera
occupazionale di 7300 lavoratori.
Ma ciò, insieme ad altre promesse inerenti l’ubicazione
sul territorio di altre piattaforme produttive che
restarono solo sulla carta, quindi mai realizzate,
quindi
una
industrializzazione che non avvenne,
senza sviluppo e che
produrrà danni ingenti alla
regione
calabrese e nella fattispecie alla provincia reggina.
Infatti
il
Quinto Centro Siderurgico che doveva
sorgere nella Piana di Gioia Tauro
non venne mai stato
tradotto in pratica, a causa
della crisi internazionale nel settore dell’acciaio
di cui già da
tempo il Governo centrale ne era
a conoscenza
e tali provvedimenti diedero inizio al termine
"cattedrali nel deserto".
Un bilancio, quindi pesantissimo, di quel che avvenne in
riva allo Stretto prima e dopo i fatti
del 1970, con morti, di cui diversi in
circostanze ancora da chiarire, con migliaia di feriti
ed arresti, devastazioni di
intere aree messe a coltura e litorali costieri
che arrecarono ulteriori danni economici al territorio,
ma anche
processi ad una città
che si era ribellata al governo
centrale, che ne causò la completa militarizzazione, in vero e proprio stato di assedio con l’arrivo
dei mezzi cingolati in riva allo Stretto.
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A tal proposito
un altro documento dattiloscritto del periodo,
questa volta proveniente dalla “Repubblica di
Sbarre” del 16 ottobre 1970, dove […]
Ore 7,30 la situazione si aggrava per i seguanti
fatti: la Repubblica è invasa dalle;
fotograficamente
documentate; seguenti forze dell’ordine: GIP:
128 uomini |
(celere) – GIPPONI: 84 uomini
(celere) - IDRANTI 20 uomini(celere) – DUE RUSPE 6
uomini (celere) – 11 PULMAN – 242 uomini (celere).-
GIP 64 uomini (Carabinieri) – GIPPONI - 275 uomini
(Carabinieri).- TESTUGGINI
AVANZATE 200 uomini (celere).- Sono
state sparate oltre 200 bombe lacrimogene; le
TESTUGGINE con le BOMBE a mano pronte per l’uso; TUTTO
QUESTO SCHIERAMENTO DI FORZE ERA OPPOSTO AD UN GLORIOSO
COMMANDO DELLA REPUBBLICA PER REGGIO CAPOLUOGO COMPOSTO
11 RAGAZZI E 4 DONNE (la celere spara 6 colpi di
pistola…!!!)
[…]
Concludiamo con ciò
che ebbe a dire di quel periodo l'antropologo
Luigi Maria Lombardi Satriani: “Alla radice
della violenza esplosa c’era un problema di
dignità negata e l’esigenza di essere ascoltati,
che hanno avuto come risposta l’occupazione
militare, come se si trattasse non di esplosioni
drammatiche di bisogni che, al di là delle
strumentalizzazioni reazionarie, richiedono
adeguate soluzioni politiche, ma di una
provincia che osi ribellarsi al potere
coloniale”
e rinviamo, per una migliore lettura e
comprensione degli avvenimenti alla
cronologia degli avvenimenti che si
scatenarono in riva allo Stretto trent'anni
orsono ed anche nella pagina denominata
"retrospettiva". |
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(1)
sequenze
tratte da
"LE ORE" n. 8 del 22 febbraio 1971 , pp. 14-17;
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