27.11.2003

 

 

L'appuntamento  organizzato dal sodalizio reggino è stata un'analisi di un periodo alquanto vissuto dalla città dello Stretto, mettendo a confronto due generazioni.

I lavori di apertura sono stati caratterizzati da  un cortometraggio caratterizzato da sequenze di quei tragici giorni.

Da questa lettura visiva scaturiscono una serie di informazioni da quelle un pò banali, come l'abbigliamento dei civili, a quelle indirizzate allo studio vero e proprio  come gli accorgimenti tattici, i luoghi degli scontri, l'equipaggiamento logistico usato dalle forze dell'ordine del periodo.

Di un certo interesse, quindi meritorie di approfondimento sono le interviste del periodo,

come quelle rilasciate da quelle generazioni che «... usavano le maschere del mare per difendersi dai gas lacrimogeni ...» ,  «... è tutta la città che ha sposato la causa di Reggio capoluogo, sono i rioni di Sbarre e Santa Caterina, quelli che votano a sinistra per l'80% , sono quei quartieri dove si alzano le prime barricate...» .

 

Questi elementi danno quindi una nuova rilettura di quei tragici momenti come evidenzia un altro passaggio visivo dove  «... le rivolte così non sono fasciste quando ci vanno  i contadini, la gente disoccupata, queste manifestazioni sono proletarie...» .

La relazione di Gianni Aiello si è basata sul commento di alcune interviste del periodo, che, secondo il parere dello stesso intervenuto, rappresentano il manifesto che forse più identifica i fatti di Reggio del ’70 e che nel loro insieme racchiudono la rabbia, la disperazione, lo sgomento che tali eventi provocarono nelle persone.

Esse sono nell’ordine quella di una madre che rilascia  "Mi hanno ammazzato un figlio senza un perché” dice l’anziana “ è tutto qui, che hanno assassinato un figlio senza un perché", essa è tratta da un reportage del periodo ;

Le ultime due sono tratte da alcuni servizi giornalistici del periodo da cui il relatore ha estrapolato i seguenti passaggi :

  1. "Io sono stato fermato" dice il giovane reggino- non mi prendete, non mi toccate che sono un invalido, mi hanno picchiato, mi hanno stracciato la tessera. Porto la dentiera io, me li hanno rotti i denti a colpo di moschetto,a calci, sono stati dei veri carnefici, non hanno avuto pietà";

  2. " ... essa può imboccare la via della pacificazione con una costruttiva azione a vantaggio di tutti" - i famosi 30.000 posti di lavoro?-; ma essa potrebbe malauguratamente anche decidere, assumendosene tutte le responsabilità, di perseverare in questo atteggiamento di rivolta. Ho detto che non siamo per soluzioni di forza ma è chiaro che in questo secondo caso, la forza sarebbe un dovere" .  

Questi documenti rappresentano una lettura diversa atta ad attraversare, visitare tutte quelle "barricate" che ostacolano, a tutt’oggi il tentativo di trarre delle serene considerazioni su quegli eventi, estraniandosi sia dagli steccati politi che

dagli "aspetti folcloristici", visto che il sodalizio reggino pur non avendo la presunzione si propone l’obiettivo di fare cultura, di lanciare un messaggio, di trarre delle serene considerazioni da qualsiasi avvenimento e/o personaggio che hanno interessato il territorio, indipendentemente dall’esito sia esso positivo che negativo, in quanto facenti parte della memoria storica, quindi senza nessun altro fine secondario.

La storia nasce come ricerca, quindi essa deve essere fatta sui documenti, in questo caso quelli visivi, dove ogni fotogramma, frase, hanno la loro importanza, lasciano una traccia: una sorta di puzzle da scomporre e successivamente ricomporre.  

Idealmente per tentare di dare un giudizio sereno su di un avvenimento, personaggio, sarebbe opportuno di poter camminare su di una barricata o passerella "ideale" per poter vedere ciò che sta da entrambi i lati della stessa ed alla fine cominciare a stilare delle ipotesi, magari da poter sviluppare.  

 

 

Gianni Aiello nel concludere il suo intervento afferma che: «... da tali documenti, sia essi cartacei che visivi, si possono trarre diverse considerazioni che messe insieme e confrontate tra di loro darebbero nuovi imput indicativi atti a trattare l’argomento senza la necessità di innalzare nuove barricate. Quindi in modo sereno "forse" in questo modo, molte persone che non sono più tra noi sarebbero contente, magari, guardandoci da lassù  preferirebbero questo invece di una semplice intitolazione di via, piazza o aula istituzionale.»

 

 

 

 

28.11.2003

 

 

 

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