L'appuntamento
organizzato dal sodalizio reggino è stat
a
un'analisi di un periodo alquanto
vissuto dalla città dello Stretto, mettendo a confronto due generazioni.
I
lavori di apertura sono stati caratterizzati da un cortometraggio
caratterizzato da sequenze di quei tragici giorni.
Da
questa lettura visiva scaturiscono una serie di informazioni da quelle un pò
banali, come l'abbigliamento dei civili, a quelle indirizzate allo studio vero
e proprio come gli accorgimenti tattici, i luoghi degli scontri,
l'equipaggiamento logistico usato dalle forze dell'ordine del periodo.
Di
un certo interesse, quindi meritorie di approfondimento sono le interviste del
periodo,
come
quelle rilasciate da quelle generazioni che «... usavano le
maschere del mare per difendersi dai gas lacrimogeni ...» ,
«... è tutta la città che ha sposato la causa di Reggio capoluogo,
sono i rioni di Sbarre e Santa Caterina, quelli che votano a sinistra
per l'80% , sono quei quartieri dove si alzano le prime barricate...»
.
Questi
elementi danno quindi una nuova rilettura di quei tragici momenti
come evidenzia un altro passaggio visivo dove «... le
rivolte così non sono fasciste quando ci vanno i contadini,
la gente disoccupata, queste manifestazioni sono proletarie...»
.
La relazione di
Gianni Aiello si è basata sul commento di alcune interviste del periodo, che,
secondo il parere dello stesso intervenuto, rappresentano il manifesto che
forse più identifica i fatti di Reggio del ’70 e che nel loro insieme
racchiudono la rabbia, la disperazione, lo sgomento che tali eventi
provocarono nelle persone.
Esse sono
nell’ordine quella di una madre che rilascia"Mi hanno ammazzato un figlio senza un perché” dice l’anziana
“ è tutto qui, che hanno assassinato un figlio senza un perché",
essa è tratta da un reportage del periodo ;
Le
ultime due sono tratte da alcuni servizi giornalistici del periodo da cui il
relatore ha estrapolato i seguenti passaggi :
"Io sono stato fermato" dice il giovane reggino- non mi prendete, non mi toccate che sono
un invalido, mi hanno picchiato, mi hanno stracciato la tessera. Porto la
dentiera io, me li hanno rotti i denti a colpo di moschetto,a calci, sono
stati dei veri carnefici, non hanno avuto pietà";
"
... essa può imboccare
la via della pacificazione con una costruttiva azione a vantaggio di tutti"
- i famosi 30.000 posti di lavoro?-; ma essa potrebbe malauguratamente
anche decidere, assumendosene tutte le responsabilità, di perseverare in
questo atteggiamento di rivolta. Ho detto che non siamo per soluzioni di
forza ma è chiaro che in questo secondo caso, la forza sarebbe un dovere"
.
Questi documenti
rappresentano una lettura diversa atta ad attraversare,
visitare tutte quelle "barricate" che ostacolano, a tutt’oggi il
tentativo di trarre delle serene considerazioni su quegli eventi,
estraniandosi sia dagli steccati politi che
dagli "aspetti folcloristici",
visto che il sodalizio reggino pur non avendo la presunzione si propone
l’obiettivo di fare cultura, di lanciare un messaggio, di trarre delle
serene considerazioni da qualsiasi avvenimento e/o personaggio che hanno
interessato il territorio, indipendentemente dall’esito sia esso positivo
che negativo, in quanto facenti parte della memoria storica, quindi senza
nessun altro fine secondario.
La storia nasce come ricerca, quindi essa
deve essere fatta sui documenti, in questo caso quelli visivi, dove ogni
fotogramma, frase, hanno la loro importanza, lasciano una traccia: una sorta
di puzzle da scomporre e successivamente ricomporre.
Idealmente per tentare di dare un giudizio
sereno su di un avvenimento, personaggio, sarebbe opportuno di poter camminare
su di una barricata o passerella "ideale" per poter vedere ciò che sta da
entrambi i lati della stessa ed alla fine cominciare a stilare delle ipotesi,
magari da poter sviluppare.
Gianni Aiello
nel concludere il suo intervento afferma che: «... da tali documenti,
sia essi cartacei che visivi, si possono trarre diverse considerazioni che messe
insieme e confrontate tra di loro darebbero nuovi imput indicativi atti a trattare l’argomento senza la necessità di innalzare nuove
barricate. Quindi in modo sereno "forse" in questo modo, molte persone che
non sono più tra noi sarebbero contente, magari, guardandoci da lassùpreferirebbero questo invece di una semplice intitolazione di
via, piazza o aula istituzionale.»