Contrariamente
al solito - ed un poco perché si prevedevano gli
eletti con scarsissimo margine per nuove candidature - non
vi fu ressa, ed anzi, l'apposita Commissione procedette con
speditezza e senza che siano sorte, all'interno di essa, grossi
nodi.
Addirittura, dopo il vaglio della Commissione
Provinciale e di quella Regionale (io facevo parte di
entrambe perché designato dal Comitato Provinciale della
DC nella prima e dalla Commissione stessa nella seconda)
restava un posto libero nella lista dei candidati alla
Camera che doveva - a norma di regola di Regolamento
- essere aggiunto alla Direzione nazionale, non
essendo stato espresso in sede locale.

|
|
La
Commissione Centrale, presieduta dall'allora Segretario
Politico on.le Aldo Moro, si riunì alla Camilluccia e
dopo varie ed interminabili consultazioni e mi
|
venne prospettato di candidarmi
alla Camera.
Accettai ed
accettai perché - pur sapendo l'esito della
competizione - ero allora e fui sempre dell'opinione
che - a differenza dei tanti che si dicevano e si dicono
"sacrificati" nell'appendersi al collo il
laticlavio ed al taschino la medaglietta parlamentare
- ritenevo che una adesione convinta e partecipata
alle proprie idee imponesse anche, e soprattutto, di non
usare la calcolatrice di ciò che può tornare dopo una
determinata esperienza, ma obbligasse, invece,
(moralmente) a testimoniare. Divenni
candidato alla camera dei Deputati ed accentrai quasi
tutto il mio interesse sulla Città di Reggio Calabria
che, per la verità, mi regalò, forse immeritatamente, la
gioia si essere il secondo eletto della Città stessa, ad
appena qualche centinaio di voti da Vincelli che, invece,
il primo eletto.

|
|
Decisi
di chiudere la campagna elettorale a Reggio il venerdì
immediatamente precedente la consultazione.
Mi tenne a
battesimo, se così si potesse dire, Piero BATTAGLIA, Sindaco.
Nell'occasione di quel comizio, con facilissima profezia, trattai, con grande
calore ed entusiasmo, proprio il problema del Capoluogo
di Regione, sottolineando
|
la necessità di essere vigili ed
attenti per impedire prevedibili colpi di mano che si
venne prospettato di candidarmi alla Camera.

|
|
Desideravo
e volevo che la accettazione di un incarico, così
tortuosamente difficile ed anche suscettivo di valutazioni
che si potevano, in via naturale, accompagnare alla simpatia
della |
gente, della mia gente, non
dovesse e/o potesse significare calcolata,
strategia al fine di
conseguirne utilità di natura elettoralistica, per
restare come, credo di essere rimasto, fedele non tanto e
non solo all'impegno che andavo ad assumere quanto anche,
e soprattutto, allo "spirito" della
testimonianza che volevo rendere ala mia Reggio che amo,
oggi come allora, senza alcuna né recondita e né palese,
ambizione di qualsivoglia natura
.
Svolgemmo una serie di riunioni del Comitato che
registrava, cammin facendo, sempre più numerose adesioni,
come quelle di William D'Alessandro, del comm. Giuseppe
Romeo ex Sindaco di Reggio, del prof. Nino Lupoi, ex
Presidente della Provincia (e che sarebbe stato, dopo,
Consigliere Regionale, di Natino Aloi e di tanti altri
che, ovviamente, non sono in grado di ricordare
.
Uno
degli argomenti che venivano coerentemente sviluppati
proprio per il fatto che il regime fascista con un autentico
colpo di mano, aveva spogliato Reggio di un buon numero di
Uffici Regionali, auspice e mallevatore, credo Michele Bianchi,
era una ragione in più per ripristinare, secondo
correttezza e logica, ciò che, nei millenni, non era mai stato
contestato da nessuno.
E fu proprio dalla
consapevolezza che la storia, la tradizione e la pacifica
indicazione di tutti gli elementi ad indurre i
catanzaresi, in ciò avallati, dai cugini cosentini, ad
estrapolare la teoria cosiddetta "baricentrica"
secondo la quale - ad onta della quasi totalità di tutte
le altre regioni italiane- per la Calabria dovesse vigere
un principio, diciamo "ombellicale" e legare
l'ubicazione della sede del capoluogo non già là dove
esso era stato posto nei millenni e nei secoli, ma secondo
una visione (inventata di sana pianta) di strettamente
geografica.
L'attività del Comitato di agitazione, il primo costituitosi su iniziativa di
un gruppo di ferrovieri reggini si era posto l'obiettivo di condurre una
battaglia sul piano della ricerca storica e documentale e di sensibilizzare la
coscienza cittadina alla esigenza di riaffermare con forza, ma pur sempre nei
limiti della dialettica democratica, il diritto della Città.

|
|
Sulla
base di una tale impostazione che non aveva e non poteva avere, nemmeno un
germe, contenuti o prospettive di reazione spropositata - come avvenne,
dopo, con la degenerazione che, ripeto, fu
|
assolutamente occasionale ed
imprevista ed
imprevedibile - intendimento del Comitato di agitazione era quello di
costringere politici, parlamentari e rappresentanti del Governo di prendere atto
di una "indicazione" che proveniva dalla storia, dalla tradizione, dal
riconoscimento ufficiale della situazione così come consacrata in situazioni,
in documenti, in
tradizioni.
Il presupposto dal quale si partiva era che, così come per tutte le altre
Regioni, non v'era stato bisogno alcuno di una indicazione legislativa essendo
la "capitale" emersa in via del tutto naturale, anche per la Calabria,
si dovesse tener conto di una indicazione naturale suffragata dalla storia
bimillenaria della
Città.
Fu a questo punto che Catanzaro, con la connivenza tacita o esplicita di molti
politici reggini, sfoderò le armi della cosi detta "centralità"
geografica e del numero degli uffici regionali sedenti in quella Città. Si
dimenticano due cose e, cioè :
-
che nessuna Regione aveva indicato il Capoluogo (che poi,
in effetti, non fu nemmeno indicato sulla base di previe intese con le altre
province) sulla base geografica della Città;
-
che i diversi uffici regionali sedenti in Catanzaro
rappresentavano il frutto di una spoliazione di Reggio avvenuta durante il
fascismo e non potevano, quindi, costituire presupposto per la
rivendicazione di diritti che, in effetti, erano state solo illegittime, e
forse anche un pò squallide, espropriazioni.
Si potrebbe dire che, sulla questione di Reggio, vi fu una
convergenza rarissima tra tutte le forze politiche dell'epoca (MSI compreso sia
pure con motivazioni diverse legate alla dichiarata avversione all'istituto
regionale) nessuna esclusa che si era precostituita contro Reggio una
dichiarata, tenace, granitica avversione coagulata da interessi precisi e tale
scelta fu anteatta e decisa in sede politica molto prima degli accadimenti,
nessuno si aspettava (e temeva, quindi), la reazione popolare nei termini e con
lo spessore che, poi, in effetti, vi è stato, avendo calcolato, erroneamente,
che al massimo, si sarebbe trattato di un problema "ordinario" di
pubblica sicurezza: e lo dimostra il fatto, se altre considerazioni non fossero
pertinenti, che il Questore si trovava, al momento dell'esplodere della
Rivolta,
in periodo di ferie ordinario.

|
|
La
Rivolta di Reggio è stato un momento corale, partecipato,
vissuto nella direzione del riscatto da tutte le forme di
servitù e di sottomissione, mafia compresa; e sarebbe
ingiusto, oltre che non conforme al vero, tradirne, per
interessi connessi a |
qualsivoglia ottica anche
paragiudiziaria, la spontaneità, lo spirito e l'anima.
Il
tentativo ultimo - estratto dal cilindro del prestigiatore- di accreditare la
Rivolta sia stata una delle tante espressioni della "ndrangheta" è
talmente meschino e deprivato di qualsivoglia, pur minima, consistenza, che non
meriterebbe nemmeno di essere accennata se non avesse -come, almeno io credo,
abbia- la velleità di sradicare, ora per allora, nelle coscienze e nell'anima
di quelli che quei giorni non vissero, né da protagonisti e né da spettatori,
l'immagine o il ricordo di un momento in cui un popolo intero ebbe l'ardimento,
il coraggio e la consapevolezza di potere scrivere, con le proprie mani e con il
proprio sangue, le prospettive di una Città offesa, ingiuriata, delusa,
strangolata ma non
piegata.
La Rivolta
di Reggio -proprio ed esattamente all'opposto di quel che si vorrebbe, ora,
sostenere- è stato un momento corale, partecipato, vissuto nella direzione del
riscatto di tutte le forme di servitù e di sottomissione, mafia compresa; e
sarebbe ingiusto, oltre che non conforme al vero, tradirne, per interessi
connessi a qualsivoglia ottica anche paragiudiziaria, la spontaneità, lo
spirito e l'anima.
La "rivolta" - e questo deve essere un concetto assai chiaro e
storicamente definito - non ha avuto, né in senso spiccatamente politico, né
ideatori e né programmatori, ma si è trattato, piuttosto di un moto spontaneo
ed istantaneo, del popolo di Reggio -certo sulla base di eventi oggettivamente
accaduti e, soprattutto di impatto immediato- che, da sé solo, decise di
ribellarsi alla prepotenza delle Istituzioni che si manifestava in occasione
della scelta del Capoluogo di Regione: e non è
tutto.
La causa prossima, poi è stata l'infelice condotta delle forze di polizia nella
serata del 14 luglio
1970.

|
|
Ma occorre -proprio per capire come la situazione sia stata caratterizzata dalla
spontaneità e dalla imprevedibilità che non si può coniugare (come è stato,
invece, fatto) con presunti disegni eversivi, se non addirittura, mafiosi-
partire dagli inizi che molti, invece hanno |
dimenticato, e forse, nemmeno
casualmente: essendoci stato, sempre, un interesse politico, ancora oggi, a
coniugare la "rivolta" come fenomeno eversivo e/o mafioso che avrebbe
dovuto "sconsacrare" il carattere popolare di essa ed avrebbe dovuti,
soprattutto, giustificare le "batoste" elettorali subite da tutti i
Partiti tradizionalmente governativi o dell'area di sinistra.
Il
mio tentativo (e non è nemmeno certo che ci riesca sino i fondo
come vorrei) è che, a distanza di trenta anni, la "rivolta"
acquisti, finalmente, il suo giusto spessore storico e resti,
come è stata nelle intenzioni e nelle testimonianze di
tantissimi, noti ed assolutamente sconosciuti, un gesto intero
ed autentico di amore per questa Città "Mater
et caput, urbs nobilis, insignis, fidelissima, provincae prima" .
|