
In un report dal titolo “Napoleone  fermato dallo sguardo di Maria” vi sono due interventi di due studiose che  adesso andremo brevemente ad esaminare.
      Il primo è quello a cura di Paola Bergamini dal titolo  “Maria nella storia” che descrive ciò che avvenni ad Ancona, il 25 giugno 1796  nel Duomo della città intitolato a San Ciriaco e dove è esposta una tela,  conosciuta anche come “Madonna del Duomo” :
      […] Il sagrato del Duomo è gremito di persone che  lentamente entrano nella cattedrale. Tutti i volti sono turbati, nessuno  sorride. Tre giorni prima era arrivata la triste notizia: a Bologna era stato  firmato l’umiliante armistizio imposto dai francesi di Napoleone allo Stato  Pontificio e una delle clausole prevedeva l’occupazione di Ancona, che  significava una sola cosa: incendi, saccheggi, violenze perché in quell’anno di  paura le truppe francesi nella loro avanzata così si comportavano. Gli  anconetani terrorizzati avevano chiesto al vescovo, il cardinale Vincenzo  Ranuzzi, l’apertura dell’urna del loro beato vescovo Antonio Fatati per  impetrarne la protezione. Il Cardinale aveva acconsentito. Tra le navate della  cattedrale si sente solo il mormorio delle preghiere. Francesca Massari, una  vedova trentenne, si inginocchia nella cappelletta costruita da Luigi  Vanvitelli e prega davanti al dipinto che tutti chiamano la Madonna del Duomo.  Mentre si fa il segno della croce alza gli occhi e ha un sussulto: la Madonna  apre e chiude gli occhi [..] . 
      A seguito di ciò venne effettuata un apposita inchiesta  ufficiale il 6 luglio […]  con la  ricognizione di tre periti: i pittori Francesco Ciaffaroni di Fano, Giuseppe  Pallavicini di Milano e Pietro Antonio Meloni. Viene tolta la cornice e il  quadro viene analizzato per verificare che non ci sia un qualche artificio.  Nulla. Anzi, sotto i loro occhi il prodigio si ripete. Vengono chiamati due  scienziati: i due fisici anconetani Lodovico Tessari e Michelangelo Calvani.  L’esito è il medesimo: non può essere frutto di allucinazioni collettive perché  il prodigio si ripete troppe volte in tempi e luoghi diversi davanti a  centinaia di persone[...]
      Dopo questa analisi la studiosa Paola Bergamini fa  emergere un aspetto antropologico con la descrizione di solenni processioni ed  il quadro mariano trasportato in giro per la città dorica.
      Prosegue la studiosa evidenziando che […]  il processo canonico del fatto miracoloso,  iniziato il 6 luglio, terminò il 25 luglio 1796, ma gli eventi politici e  bellici che seguirono impedirono il completamento della procedura. Solo nel  1845 il secondo processo accertò definitivamente la verità dei prodigi accaduti  tra il 1796 e il 1797: la Madonna del Duomo, Regina di tutti i Santi, venne  acclamata Patrona di Ancona. Anche la Santa Sede riconobbe ufficialmente il  miracolo […] (4)
      Ricordiamo anche che […] Molti cittadini  ebrei si rifugiarono nella città di Ancona, dove vigeva l'amministrazione  napoleonica [...] (5) 
      L'altro insert è a cura di Paola Ronconi dal titolo “Viva Maria !” che va ad esplorare alcuni  accadimenti avvenuti nel Granducato di Toscana: […] Si era, inoltre diffusa  la voce che il comando francese volesse sequestrare e distruggere l’immagine  della Madonna del Conforto, - un quadretto di coccio verniciato, tanto caro  agli aretini - con la motivazione che «serviva al clero per fanatizzare il  popolo». Riguardo a questa immagine, ogni 15 febbraio, migliaia di aretini si  recavano nella cappella a lei dedicata per renderle omaggio e ricordare la sera  del 15 febbraio 1796, quando la modesta immagine di ceramica - detta Madonna di  Provenzano di Siena -, annerita per il fumo, improvvisamente divenne bianca  davanti agli occhi sconcertati di quattro popolani che stavano pregando in una  taverna di via Vecchia di San Clemente ad Arezzo. Si aprì subito il processo  per verificare l’autenticità del miracolo e Arezzo divenne ben presto meta di  pellegrinaggi […] (6)
      Nel report dello studioso capitolino Andrea Pollet sono  analizzate diversi episodi avvenuti a Roma a far data del 9 luglio 1796 quando  vi era il sentore della minaccia delle armate napoleoniche nei confronti dello  Stato Pontificio. E tale prodigio, cui ne fecero seguito altri venne  interpretato come un sinistro presagio.
      Dei numerosi eventi che ebbero a verificarsi, prosegue  Andrea Pollet «Le madonnelle che la Chiesa di Roma ufficialmente riconobbe aver  mosso gli occhi sono le seguenti»:
      […] la Madonna dell'Archetto, in origine situata  sotto un arco in uno stretto vicolo tra via di San Marcello e via  dell'Archetto, non lontano da piazza di Trevi. Fu la prima madonnella ad aver  mosso gli occhi […] ;
      […] la Madonna della Pietà, in vicolo delle Bollette,  più vicino ancora alla Fontana di Trevi. Anche questo dipinto è abbastanza ben  conservato. Nell'iscrizione latina della targa sottostante si legge: "il  9 luglio 1796 ella posò i suoi occhi sui loro cuori, mostrando loro la  grandezza delle sue opere […] ;
      […] la Madonna del Rosario in via  dell'Arco della Ciambella, dietro il Pantheon […] ;
      […] la Madonna Addolorata, in piazza del Gesù, alle  spalle di piazza Venezia […];
      […] la Madonna della Provvidenza, sull'angolo di via  delle Botteghe Oscure adiacente a largo di Torre Argentina […] (7)
      Una piccola edicola votiva ubicata nella zona di Borgo  Pio non riscosse tali riconoscimenti ed in un sonetto satirico da parte di  Giuseppe Gioachino Belli viene menzionata a seguito di alcuni episodi di colera  avvenuti a Roma (1835), dal titolo “Semo da capo” , rifacendosi ai vari episodi  verificatesi a Roma a far data del 9 luglio 1796: 
      […] Currete, donne mie; currete, donne,
        a ssentí la gran nova c’hanno detto:
        c’a la Pedacchia, ar Monte, e accant’a gghetto
        arïoprono l’occhi le Madonne [...]  (8)
      In ambiti locali piace ricordare alcuni episodi posti al  bivio tra tradizione religiosa ed antropologia analizzando quanto pubblicato  sul numero 15 del Monitore Napoletano di venerdì 18 aprile 1806 a riguardo il  viaggio di Giuseppe, fratello maggiore di Napoleone Bonaparte, nella provincia  reggina. Su tale organo si stampa, in data 25 aprile 1806 viene riportato che  […] fra le  popolazioni  accorse da luoghi al passaggio del Re, che hanno   vivamente eccitata la sua sensibilità, e fissata la sua attenzione, vi è stata  quella di Mammola. Uomini e donne di questa terra in numero di presso a tre  mila si son presentati sulla strada con corone di spine sul capo, piangendo,  battendosi il petto con pietre rotonde [...]  (9) 
      Tale nota mette in evidenza un dato storico-antropologico  importante, in quanto notizie relative all’esistenza di confraternite dei “battentes” o “fustigantes” nella provincia reggina se ne hanno  soltanto alcuni secoli prima. Infatti ciò si può evincere dalla lettura de “La  pietà popolare in Calabria” di M. Pretto che parla dell’esistenza presso la  Chiesa di S.Gregorio di Gerace,ed anche di altre confraternite di battenti  presso Roccella  Jonica: 
      […] nel 1472, nella bolla concessa dal  vescovo di Squillace alla confraternita di S.Caterina di Guardavalle (CZ) si  legge che le confraternite dei disciplinati erano " in multis Regni  partibus […] 
      [...] nella seconda metà dello stesso secolo  viene attestata l'esistenza dei disciplinati nella chiesa di S.Gregorio di  Gerace. ... Nel 1500 sono  esistenti (e quindi la loro origine e più  antica) le confraternite dei battenti a Roccella Jonica […] (10) 
      Tali  esperienze sono analizzate in un altra pubblicazione dove: […] nel XIV e XV  secolo si possono osservare molte congregazioni di disciplinati anche  nell'Italia Meridionale (battentes o fustigantes) che effettuavano tali riti  anche in pubblico, soprattutto durante il periodo di Passione [...] (11) 
      Dalle suggestioni collettive, profondo credo religioso,  propaganda, passiamo alle presenze incorporee o a quelle serie di circostanze  legare ad apparizioni di quelle entità conosciute come fantasmi.
      Certo, ci fermiamo solo ai fatti di cronaca o alle  tradizioni orali che sono giunte fino a noi e nello specifico riguardano le  figure di Gioacchino Murat e di Napoleone Bonaparte.
      A riguardo il Re di Napoli c'è da evidenziare che non vi  sono notizie certe ed esatte a riguardo il luogo della sepoltura.
      A tal proposito ci sono diverse letture a tal riguardo.
      Alcuni ritengono che i resti siano posti in una fossa  comune della navata centrale della Chiesa di San Giorgio in Pizzo Calabro.
      Di recente sono stati effettuati anche dei saggi che non  hanno portato a nessun risultato, così come non vi è traccia della cassa che  conteneva il corpo dello sfortunato Re di Napoli, fucilato nella cittadina  napitina, dopo un processo sommario il 13 ottobre del 1815.
      Un'altra corrente di pensiero è orientata alla sepoltura  di Gioacchino Murat  in una fossa comune  nel locale cimitero. 
      Altri invece sostengono che il corpo sia stato gettato  in mare e la testa recisa sia stata fatta recapitare a Ferdinando di Borbone.
      Addirittura c'è un'altra teoria secondo la quale  Gioacchino Murat sia stato sepolto nella Chiesa di  San Francesco a Gerace, in provincia  di Reggio Calabria).
      Tradizione popolare ci tramanda di strane presenze,  rumori di catene, strani lamenti, riconducibili a Gioacchino Murat, avvertiti  nella Chiesa di San Giorgio che nel castello di Pizzo.
      Sempre secondo la trazione orale si afferma che per un  certo periodo di tempo successivo a quel 13 ottobre, alla stessa ora e allo  stesso giorno di quando la flotta del re venne sorpresa dalla tempesta, uno  strano fenomeno atmosferico si verificava puntualmente con lampi e tuoni: era  "la tempesta di Giacchinu".
      C'è anche da rilevare le differenze di due realtà eterogenee e distanti tra di  loro: chi aveva  conosciuto l’illuminismo  e chi invece aveva ereditato quelle tradizioni stratificate nel corso dei  secoli e che apparivano […] inconcepibili e e retaggio di fanatismo e  superstizione […] (12), così come riportato dalla corrispondenza epistolare  dei militari napoleonici. 
      DI RECENTE  è  stata pubblicata una notizia sul Messaggero Veneto, edizione di Udine del 29  settembre scorso, articolo a firma di Renato D'Argenio, viene riportata la  notizia della quarta apparizione di Napoleone Bonaparte in quel di Udine. (13)
      Mercoledì 28 settembre la sua ultima apparizione sotto  la Loggia del Lionello verso le 7.30: il fantasma di Napoleone Bonaparte è  apparso quattro volte in municipio a Udine dal 2014 a oggi.
      Ma oltre ad alcune delle cifre inerenti alle  "verità, miti e credenze" del periodo napoleonico che sono state  oggetto di analisi nella conversazione culturale di oggi , ve ne stanno altre  che ebbero a sfociare, in situazioni estreme, nel rituale dell'antropofagia. 
      Quella pratica di sopravvivenza, non risulta nuova, in  quanto, per una serie di circostanze logistiche, diventando amara necessità, ha  una sua letteratura alquanto consistente che và di pari passo con episodi  legati alla miseria,carenza di cibo.
      Tali tristi circostanze sono presenti in diverse epoche  che vanno  dalla prima crociata (1098),  così come riportate dal cronista Rodolfo di Caen nel "Gesta Tancredi  Hierosolymitana" , alla grande carestia avvenuta durante il biennio  1315-1317.
      Durante il periodo travagliato della Rivoluzione  partenopea del 1799 si verificarono una serie di episodi come riportato da  alcuni saggi storici come quelli di  De  Nicola e Marinelli rifacendosi ai fatti di cronaca che si registrarono per le  vie di Napoli nella giornata di mercoledì 3 luglio: [...]I tradimenti scoverti  ieri hanno eccitato nuovamente il furore del popolo, son ricominciati gli  arresti e i saccheggi. E’ degno di esser notato che fu veduta ieri una cosa  orrorosa a dirsi, ma che fa conoscere che cosa sia l’uomo. Essendosi brugiati i  corpi di due Giacobini, il popolo furioso e sdegnato, ne staccava i pezzi di  carne abbrustolita e li mangiava, offrendoseli l’un l’altro fino i ragazzi.  Eccoci in mezzo ad una città di cannibali antropofagi che mangiano i loro  nemici [...]. (14)
      […] Le Truppe a Massa unita col  Popolo principiarono a tumultuare su supposto che alcuni ufficiali, per  sacrificarli, dentro gli cartucci vi mettevano carbone polverizzato invece di  polvere, e nocelle invece di palle. Furono perciò presi per questo supposto tre  ufficiali fedeli, furono strascinati, ed uno di essi fu squartato verso  l’ultimo di Toledo, a mano sinistra, prima di giungere alla Chiesa di S.  Ferdinando, e mezzo fu bruciato, e l’altro restante mezzo abbrustolito fu  portato vendibile per le piazze di Napoli, ridotto a pezzetti, a chi se ne  comprava un poco, e se lo mangiavano. Le sue parti pudenti attaccate ad una  lunga mazza erano portate in trionfo per Napoli. Cosa da non credersi, ma vera  però, e veduta da me stesso. Non erano rare queste scene di orrore e  raccapriccio [...]. (15) 
      Ma anche nel novecento altri eventi di tale genere come  la carestia verificatisi in Russia nel biennio 1921-1923, l'assedio di  Leningrado (1941), durante la conquista da parte dell'esercito finnico della  Carelia orientale (golfo di Finlandia), il 1° novembre del 1941, nel villaggio  di Maaselkä si verificarono altri atti di cannibalismo, questa volta interessarono  i soldati finlandesi che si cibarono dei resti dei soldati russi.
      Ma altri episodi sono legati ai diversi naufragi, ma  anche a quanto avvenne nel 1972, quando, a seguito di un disastro aereo  avvenuto nell'area delle Ande, i sopravvissuti di una squadra di rugby  uruguayana, restando isolata, per oltre due mesi e privi di viveri, si  nutrirono dei resti dei cadaveri.
      Dopo questa breve premessa, ritorniamo al periodo  napoleonico per entrare nello specifico agli aspetti di antropofagia che vanno  a concludere la conversazione odierna.
      Anche in quel caso, campagna di Russia 1812, carenza di  cibo, atti di cannibalismo.
      Prendiamo ad esempio due saggi di recente pubblicazione.
      "Marcia fatale 1812 Napoleone in  Russia" a cura dello storico statunitense, di origini polacche Adam  Zamosky, narra nel suo saggio di diversi atti di cannibalismo, come quelle  inerenti a:i prigionieri russi [...] si cibavano dei cavalli morti che  trovavano ai bordi della strada e si ridussero, a detta di alcuni, a mangiare i  propri compagni morti [...] (16)
      A riguardo i soldati della Grande  Armée, dopo l'utilizzo  dei resti di  cavalli morti, gatti, cani (17) ebbero a registrarsi tristi episodi di  antropofagia, come annotati dal [...] generale Langeron, che seguì la  ritirata tra la Beresina e Vilnius, non assistette a episodi di cannibalismo,  ma vide morti dalle cui cosce erano state tagliate strisce di carne per quel  motivo [...] (18), ma anche [...] mentre a migliaia congelavano e alcuni  si abbandonavano ad atti di cannibalismo intorno a Plescanicy la note del 30  novembre [...] (19)
      Nell'altro saggio di Sylvain Tesson  "Beresina, in sidecar con Napoleone" vi è una descrizione più cruda:  [...] quando non ci furono più cavalli, gli uomini si mangiarono tra loro.  Negli archivi abbondano le testimonianze di cannibalismo e anche di autofagia,  ma i relatori evitano di affrontare l'argomento tabù. Bourgogne un giorno si  rifiutò di accompagnare un sottoufficiale portoghese a vedere i prigionieri  russi che si divoravano l'un l'altro. E quegli scheletri dai volti imbrattati  di sangue che derubavano i compagni caduti sul campo dell'orrore, che frugavano  tra i loro stessi cenci per rosicchiarsi i moncherini che tremavano all'idea di  finire sotto i denti dei compagni, erano, come scrive il capitano François,«gli  stessi che sei mesi prima facevano tremare l'Europa» [...] (20) La parola è passata ad Antonino  Megali che ha relazionato su “Reliquie e feticismo dopo la morte di Napoleone”,  che ha esordito affermando che nonostante la sterminata bibliografia su  Napoleone e la sua famiglia e parentela (conta centinaia di migliaia di  volumi), non mancano nuove scoperte, revisioni e interrogativi che destano  interesse. 
    Ogni anno – continua Megali  –  milioni di turisti e semplici curiosi,  a Parigi, vanno a visitare il complesso de Gli Invalidi ex Ospedale-ospizio  dove ufficialmente riposa Napoleone. Si racconta che anche Hitler appena  entrato nella città francese volle fare una visita alla tomba togliendosi il  cappello portandolo al petto, gesto mai fatto in altre occasioni. Eppure tanti  misteri avvolgono quella tomba giunta in Francia nell’autunno 1840. 
    La morte avvenuta il 5 maggio  1821 a Sant’Elena sperduta isola in territorio britannico, secondo alcuni fu il  risultato di un avvelenamento. Esami tossicologici eseguiti in epoche diverse  su ciocche di capelli hanno evidenziato una notevole presenza di arsenico.  Ufficialmente l’Imperatore è morto per tumore allo stomaco- dopo un’iniziale  diagnosi di infiammazione al fegato- che fra l’altro giustificava la posizione  della mano tra i bottoni dell’abito proprio all’altezza dello stomaco. 
    Coloro che sostengono l’ipotesi  dell’avvelenamento ritengono colpevole il fedelissimo conte Charles Tristan de  Montholon. Per questioni di gelosia dato che sua moglie consolava l’Imperatore  durante l’esilio e anche perché dalla sua morte sperava di ricevere in premio  una cospicua somma di denaro per averlo seguito fino alla fine. 
    Il veleno sarebbe stato  prelevato da quello usato contro i topi e versato nel vino riservato  all’Imperatore e che essendo molto caro solo lui beveva.Ripartiamo da quel 5  maggio 1821. Il giorno dopo il dottor Francesco Antommarchi, medico che l’aveva  assistito, eseguì l’autopsia presenti sette medici britannici e altri testimoni  (i ferri usati sono conservati oggi al Museo di Storia della Medicina di  Parigi). Il corpo fu disteso su un tavolo di biliardo. Non fu aperta la scatola  cranica per l’osservazione del cervello, per l’opposizione del Governatore  britannico Hudson  Lowe. 
    Antommarchi preleva cuore e  stomaco e li pone in un vaso d’argento riempito di alcool , disubbidendo così a  Napoleone che aveva chiesto l’invio del suo cuore a Maria Luisa. Il medico  asportò poi due pezzi di costole, dandone una in dono al sacerdote che aveva  somministrato l’estrema unzione, l’abate Vignali e l’altra al signor Coursot  cuciniere. Antommarchi recise anche l’organo genitale di Napoleone alla radice. 
    Il pezzo fu consegnato al  sacerdote Vignali cosa che rende ancora più strano il gesto. Il pezzo fu poi  venduto dai discendenti a una ditta americana e poi a un libraio di New York.  Nel bicentenario della nascita sotto la denominazione di “ Reliquia  Napoleonica” fu messo all’asta a Londra. Non raggiunse il prezzo minimo di  trentamila sterline e tempo dopo in un’altra asta se l’aggiudicò un benestante  del New Jersey. Infine fu acquistato da un urologo collezionista di reliquie,  il dottor John Kinsley Lattimer, professore della Columbia University di New  York e depositato in una cassetta nella stessa clinica universitaria.
    Proseguiamo nel racconto  dell’enigma del dopo morte di Napoleone ricostruito per alto dal giornalista  Antonio Castronuovo con bravura e ironia nel volume Ossa, cervelli, mummie e  capelli edito da Quodlibet. La prima sepoltura fu a Sant’Elena in una tomba  molto modesta posta in un luogo circondato da una semplice palizzata che aveva  comunque una garitta per la guardia d’onore senza però che fosse scritto alcun  nome. 
    Ai sostenitori della morte  dell’Imperatore per avvelenamento, si oppongono i sostenitori della sostituzione  del cadavere nella tomba posta nella valle dei Gerani a Sant’Elena, ritenendo  che quello autentico sarebbe stato inviato a Londra. 
    Che poi era il timore espresso  da Bonaparte qualche mese prima di morire:” Ho desiderato più volte la morte.  Non la temo. Per me morire entro quindici giorni sarebbe una fortuna. La sola  cosa da temere è che gli inglesi vogliano corservare il mio cadavere e  seppellirlo a Westminster”. Il corpo fatto passare per quello di Napoleone  sarebbe quello del corso Leonetto Franceschi Cipriani, uomo di fiducia sepolto  a Sant’Elena, morto per una non meglio specificata “infiammazione  dell’intestino, e della cui tomba non si ebbero più notizie. 
    Nel 1840 Luigi Filippo decide di  ripotare in Francia-anche per ragioni politiche- le spoglie dell’Imperatore.  Parte il vascello La Belle –Poule e il 15 dicembre la salma tirata da 16  cavalli passa sotto l’Arco di Trionfo e lungo i Campi Elisi. In quel momento si  dissolve la nebbia e compare il sole. Al passaggio della bara risuonò ancora  una volta il grido” Vive l’Empereur”. 
    Solo vent’anni dopo fu accolta  in un sarcofago di porfido, ma ancora una volta senza nome. Ma su che cosa  fanno capo quelli che sostengono la sostituzione del cadavere? Sulle  testimonianze di chi presente all’inumazione fu poi presente all’esumazione.  Notevoli le sorprese. Già subito dopo la morte il cadavere era in  decomposizione ora appariva ben conservato, addirittura “con parvenza di vita”  come qualcuno sosterrà. Ancora la punta degli stivali è aperta e fuoriescono  unghie lunghissime. 
    La posizione tra le due  osservazioni erano diverse:” Ora le gambe del cadavere erano piegate, mentre  prima erano distese. Sul volto barbe e capelli erano ricresciuti, nonostante  fosse stato completamente rasato e i vasi contenente cuore e viscere  risultavano cambiati di posto.                  
    Infine nel 1821 le casse erano  quattro, poi erano diventate tre. Le decorazioni sepolte con Napoleone non  erano le stesse trovate più tardi. 
    Durante il ritorno della salma  in Francia un ufficiale della nave prese una ciocca di capelli lunga ben otto  centimetri ( il cadavere ricordiamo era stato rasato a zero) e un chirurgo  prese un pezzo di pelle dal viso dell’Imperatore oggi conservato nel museo  dell’Armée a Les Invalides.
    Il fratello di Napoleone, Girolamo,  sosteneva che con tutti i capelli del morto in circolazione si poteva  realizzare un parrucchino. 
    Un’altra ciocca è a Parigi,  presso l’Ambasciata della Gran Bretagna in un globo di vetro a breve distanza  da altri capelli conservati che appartenevano al suo nemico Wellington. E  un’altra parte di capelli l’ebbe Elizabeth Balcombe Abell, la Betsy amica  durante l’esilio. Quando la ragazza appena tredicenne incontrò Napoleone si  aspettava di vedere un orco, dato che le balie inglesi usavano il nome sinonimo  di mangia bambini:  
    
    Bimbo, bimbo, egli è un gigante
    Alto e nero come il campanile di Rouen
    E a pranzo e cena, stai pur sicuro, 
  Tutti i giorni si ciba della gente cattiva.
La ragazza comunque frequentò  poi Napoleone e si dice che la semplice amicizia si trasformò in qualcosa di  diverso. A proposito di capelli ricordiamo che nell’ottocento non era un’eccezione  distribuire ciocche dei morti agli amici che partecipavano al funerale. Per  concludere e per dimostrare che di Napoleone non si è buttato mai niente, è  segnalata la comparsa di un dente canino, estratto da un dentista nel 1817 e  poi comparso nel 2005 in Inghilterra e poi venduto a 12000 euro. 
    Per risolvere il dubbio-  avvelenato o sostituito-forse basterebbe eseguire l’esame del DNA sui pezzi  presi dal cadavere durante il viaggio verso la Francia. Ma le autorità francesi  si sono sempre opposte, quindi resta aperto il dubbio sulla reale presenza in  quella tomba.



 
  
 
  



(1)  Gazette  Nationale ou Le Moniteur Universel”, 22 maggio 1799 
    (2)  http://www.circoloculturalelagora.it/5maggio_14.htm 
    (3) V.MESSORI-R.CAMILLERI, “Gli occhi di  Maria” ,BUR, 2003
    (4) P. BERGAMINI  “Maria nella  storia”  in  http://www.tracce.it/?id=266&id2=239&id_n=6809
  (5)   http://www.circoloculturalelagora.it/5maggio_14.htm 
    (6) P. RONCONI,  “Viva Maria !” in  http://www.tracce.it/?id=266&id2=239&id_n=6809 
    (7) A. POLLET,  “Le madonnelle prodigiose” in: http://roma.andreapollett.com/S2/romac13i.htm 
    (8) M. TEODONIO  " Belli, tutti i sonetti romaneschi ", pagina 30, Newton, 1998 
  (9) Il Monitore  Napoletano, ASRC;
  (10) M. Pretto,  "La Pietà popolare in Calabria" , Editoriale Progetto 2000, Cosenza,  1988,  pag. 290
  (11) F. Ferlaino,  "Vattienti", Qualecultura Jaca Book, Decollatura,1991,  pag.  202;  
    (12) http://www.circoloculturalelagora.it/murat_15.htm 
    (13)http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2016/09/28/news/napoleone-bonaparte-e-tornato-a-udine-fantasma-in-municipio-1.14167554?refresh_ce 
    (14)  C. DE NICOLA, “Diario  napoletano (1798-1825)”, Napoli, 1906, vol. I, pag.277;
    (15) D. MARINELLI, “La caduta di Napoli”, La città del sole,  Napoli, 1998,pp. 8-9:
    (16) A.ZAMOYSKI, "Marcia Fatale, 1812  Napoleone in Russia", UTET, 2014, pag. 350; 
(18) A.ZAMOYSKI, citato, pag. 427; 
    (19) A.ZAMOYSKI,  citato, pag. 428;
  (20) S.  TESSON, "Beresina, in sidecar con Napoleone", Sellerio,2016, pag. 95;