
Presso l'Aula magna  dell'Accademia di Belle Arti si sono tenuti una serie di incontri con la  collaborazione della cattedra di mass-media. 
Nel corso del ciclo di tali  incontri didattici vi è stata la possibilità di assistere ad una serie di  interessanti letture di tale sequenze filmiche che hanno dato la possibilità ai  discenti di approfondire così il messaggio che ogni regista riesce a trasmettere  attraverso la propria creazione visiva.
Il target di questa prima  edizione ha avuto il merito di spaziare attraverso target di diverso genere.
Una lettura quindi variegata che  si è snodata su diversi temi e che nel corso dei vari incontri hanno dato la  possibilità ai presenti di tenere anche dei dibattiti.
Un interscambio, quindi, di  informazioni a riguardo le varie tipologie strutturali della cinematografia,  creando quindi una sorta di “agorà  letteraria” a riguardo le varie chiavi di lettura della celluloide, così  come lo è per il regista inglese Peter Greenway.
Le letture ed i momenti di  riflessione a riguardo il regista inglese sono state quelle relative a:
“Il cuoco, Il ladro, sua moglie e l’amante”;
“Giochi nell’acqua”;
“I misteri del giardino di Compton House”;
“La tempesta”.
La sfera creativa di Peter  Greenway è un enorme contenitore dove si trovano diversi campi artistici  (architettura, pittura, fotografia, letteratura) strutture queste che si  ricollegano ai vari studi fatti dal regista di Newport, tanto che lo stesso  regista ama definirsi come “un pittore su  celluloide”, insomma un buon collezionista di tante belle cose creative  come quelle sopra evidenziate.
Altri momenti di  incontro-confronto sono stati quelli relativi al percorso di David Cronemberg,  quali:
“Il pasto nudo”;
“Videodrome”;
“Scanners”;
“Inseparabili”. 
A riguardo la piattaforma  narrativa di Cronemberg partiamo da una sua nota considerazione dove dice che:  “ ...all'inizio c'è il corpo [...] Siamo tutti come degli attori che si  agitano sulla scena della vita e la prima cosa che abbiamo sono i nostri corpi fisici,  la nostra esistenza. Nei miei film il corpo è sempre al centro...“  così come si evidenzia in “Scanners” dove si assiste ad una  sperimentazione scientifica atta a trasformare i tratti fisici di un essere  vivente per verificarne la possibilità di miglioria dell’intelletto. 
    Altre “anomalie” e “sperimentazioni”  li troviamo in “Videodrome” ma  anche  certi atteggiamenti attitudinali  che sfociano nel delta della violenza che caratterizza la prima parte del suo  curriculum cinematografico.
    Proprio in “Videodrome” è  impiantata una “cortina fumogena” che  non permette di distinguere la sfera del bene da quella del male che se  vogliamo continua negli altri “percorsi  attitudinali”, come ne “Il pasto nudo”.
L’altro blocco di discussione è  stato rivolto al manifesto visivo di Robert Wiene, autore del “Das kabinett des Dr. Caligari”,  considerato come una sorta di biglietto da visita dell’espressionismo  cinematografico.
    Rimanendo sempre sul versante  “drammatico” della letteratura cinematografica, dove “lo sgomento interiore và di pari passo con quello fisico” si è  passati alle “agorà” di “Dracula” diretto da Tod Browning e da Karl Freund e caratterizzato  dalla suggestiva interpretazione dell’attore ungherese Lugosi Bela.  
    Ha  concluso il ciclo in argomento “Nosferatu”  di Friedrich Wilhelm Murnau, anche tale opera ben si attesta nella geografia  cinematografica della letteratura espressionista.
    L’ultima parte, ma non per ordine d’importanza, del  videoforum è stata dedicata al percorso di Stanley Kubrick , e nello specifico:
    “Arancia meccanica”;
    “2001 Odissea nello spazio”;
    “Full Metal Jacket”;
    “Spartacus”
La poetica del cinema kubrickiano in alcune fasi  storiche si basa sulla fondamenta espressiva dello sguardo che in “Shining“  troviamo diverse tracce in tal senso che lo stesso Kubrick nella stessa  narrazione visiva tende poi a modificare la messa a fuoco visiva del capo drugo  Alex. 
      Una  continuazione di quanto sopra espresso la si ritrova in “Full Metal Jacket”, dove un “manzo” soldato statunitense  alias “palla di lardo” subisce tale “mutazione caratteriale” a causa dell’habitat in  cui viene inserito dallo stesso Stanley Kubrick e cioè un campo di  addestramento dei marines.
      In “2001:  Odissea nello spazio” non è lo sguardo umano ad essere “protagonista” come nelle precedenti stesure visive, ma quello di un  computer che da una sua “lettura visiva personalizzata” di ciò che lo circonda  e di tali “sensazioni” rende  partecipe lo spettatore.
      “Spartacus” conclude la lettura  kubrickiana che ci permette all’occhio dello spettatore di vedere attraverso  l’occhio della macchina da presa che permette ad esempio di “gustare” l’epicità  tattica delle legioni romani da una parte e dall’altra quella dei gladiatori  ribelli guidati dall’eroe trace interpretato da Kirk Douglas. 

