
                     A vederlo mangiare ti viene un colpo:
    strepita la strozza, scricchiola la mascella,                                                                          
     stride il molare, cigola il canino
  le narici fischiano, le orecchie sventolano.
Un primo personaggio da citare parlando del riso greco è  Democrito passato alla storia come il filosofo che rideva sempre tanto che  viene chiamato dai cittadini di Abdera preoccupati per la sua salute mentale-  il famoso medico Ippocrate per curarlo. Quando Ippocrate incontra Democrito  scopre che non è affatto pazzo: il filosofo ride solo della follia  dell’umanità. Al contrario a Roma Plinio cita- nel contesto di curiosità riguardante  il corpo, Socrate che aveva sempre la stessa espressione in viso e Antonia  figlia di Marco Antonio , che non aveva mai sputato- il caso di Crasso ( nonno  del più famoso Marco Licinio Crasso) che non aveva mai riso in vita sua.
    Ricordiamo che nel mondo antico Sparta fu l’unica città  del mondo in cui esistevano una statua e un santuario per il culto del dio Riso  accanto a quelli del terrore e della morte. La statua fu voluta dal legislatore  Licurgo. Una delle più antiche testimonianze del riso in letteratura è un verso  dell’Iliade:” E tutti risero nonostante la loro pena “. Il riferimento è  all’episodio di Odisseo che bastona sulla gobba Tersite che non finisce di  ingiuriare Agamennone . Ricordavamo sopra le centinaia di frammenti in lingua  greca di autori comici giunti a noi . Ne citiamo di seguito qualcuno. Un  frammento di Ferecrate ricorda l’ambivalenza sessuale di Alcibiade:” A me pare  che Alcibiade, pur non essendo un uomo, ora sia l’uomo di tutte le donne.”.Di  lui si diceva che “quando era un ragazzino portava via i mariti alle mogli,  mentre, divenuto adulto, porta via le mogli ai mariti”. E non viene nemmeno  risparmiato da Archippo il figlio di Alcibiade accusato di imitare il padre  :Cammina tutto ben vestito, col mantello che gli arriva fino ai piedi per  rassomigliare ancora di più al padre, si muove con i tipici gesti di un  effeminato e parla come se fosse bleso. In questo frammento di Eupoli non viene  risparmiato il padre degli dei : O caro Zeus, il tuo naso è come un vaso per  versare acqua nel bagno. Qui  il naso è  paragonato ad un vaso che sgocciola in continuazione, probabilmente da un  personaggio che si lamenta per le piogge eccessive riversate sulla terra dal  dio. Un altro frammento di Aristofane sostiene che un uomo anziano è una  vergogna per una donna giovane; e un altro di Cratino ricorda un detto giunto  fino a noi: Allora era vero il proverbio che dice che il vecchio è due volte  bambino. E non manca in un frammento di Platone una frecciata contro le donne :  Se la punisci sempre, una donna è più utile di tutti gli oggetti; ma se la  perdoni, è un essere insolente e sfrenato. Sulla vecchiaia citiamo un frammento  di Diocle: Nessuno di voi o uomini, desideri mai diventare vecchio, e se, da  giovane, è riuscito a provare qualche gioia, pensi più tosto a morire subito,  nel fiore dell’età, per non passare tutto il resto della vita senza denti. 
    E a proposito del bere e mangiare Cratino sostiene:Se  bevi acqua non potrai creare nulla di saggio. E il poeta Anfide: Che le  lattughe vadano alla malora! Se uno che ha meno di sessant’anni le mangiasse,  tutte le volte che va con una donna si girerebbe nel letto per l’intera notte  senza combinare nulla. E si racconta infine che Aristippo fondatore di una  scuola filosofica a Cirene, praticava, con i suoi discepoli, una vita dedita ai  piaceri un giorno incontrò un mercante arricchito che chiese al filosofo di  occuparsi dell’educazione del figlio. Per farlo Aristippo pretese cinquecento  dracme, somma che all’altro sembrò esagerata.” Per la stessa cifra potrei comprarmi  un bell’asino” gli disse. E Aristippo ribatté: ”Fallo e ti ritroverai due asini  in casa”.
    Ѐ meglio, per l’uomo, farsi una risata della vita  piuttosto che piangerne. Con questa massima di Seneca passiamo ad occuparci del  riso nell’antica Roma. In Grecia come abbiamo visto per provocare il riso si  usavano motti spiritosi attribuiti a filosofi o a personaggi famosi o talvolta  usati da individui che volevano scroccare   la cena facendo ridere. A Roma era consuetudine scambiarsi storielle  molto simili a quelle che noi oggi chiamiamo barzellette, che poi venivano  tramandate, studiate e inserite in tutto quello che i romani facevano e furono  loro a creare il concetto di umorismo come “ sale” del colloquio . Una risata  fuor di luogo poteva anche costare la vita. Esaminando il rapporto degli  imperatori con il riso, molti accettavano sì di essere presi in giro, ma solo  da gente umile e non dai nobili. Racconta lo storico Cassio Dione che, seduto  tra i senatori in prima fila in uno spettacolo al Colosseo, quando l’imperatore  Commodo nell’arena, ridendo, si mosse verso di loro con una testa mozzata di  struzzo nella mano sinistra e una spada insanguinata nella destra, non disse  niente ma ghignando si capiva che poteva fare lo stesso con loro. Ridere  sarebbe stato pericoloso, per cui Dione strappò le foglie d’alloro della sua  corona e si mise a masticarle per nascondere la risata che stava per  manifestarsi. Infatti Commodo non tollerava gli scherzi. Si dice che ordinasse  ai suoi soldati di uccidere le persone del pubblico sospettati di prenderlo in  giro. Un’altra volta aveva posto un uccello sulla testa di un uomo che aveva  alcuni capelli bianchi. Il volatile aveva scambiato i capelli bianchi per vermi  e si era messo a beccarli provocandone la morte. Piuttosto deboli le battute  dell’imperatore Claudio. Quando la folla una volta invocava a gran voce il nome  di un gladiatore, Palumbus, letteralmente “colombaccio” promise di portaglielo  se si fosse riusciti ad acchiapparlo.
    Più pericolosi gli scherzi di Caligola. Svetonio racconta  che durante un banchetto si mise a ridere fragorosamente. I consoli sdraiati  accanto a lui gli chiesero di che cosa stesse ridendo. “Solo all’idea che a un  mio cenno potrei farvi sgozzare all’istante”. Una volta sola sopportò la presa  in giro di un calzolaio. Dione racconta che c’era un Gallo che vide  l’imperatore seduto in tribuna che dava responsi vestito da Giove. L’uomo si  mise a ridere. Caligola lo chiamò e gli chiese: Come ti sembro? E l’uomo  rispose : Come un vero idiota. 
    Eliogabalo era solito ridere talmente forte a teatro da  coprire la voce degli attori. E nei convivi faceva sedere i suoi amici meno  importanti su alcune sacche piene di aria e le faceva sgonfiare mentre quelli  cenavano, così che spesso si ritrovavano all’improvviso sotto il tavolo nel bel  mezzo del pasto. Gli scherzi piacevano anche all’imperatore Adriano. Entrando  un giorno nelle terme notò un anziano che si strofinava la schiena nuda contro  una parete. Alla domanda di Adriano su quel comportamento, rispose che non  aveva uno schiavo che lo strofinasse.   Adriano allora gli regalò uno schiavo e del denaro. La voce si sparse e  quando l’imperatore tornò alle terme vide tanti uomini che si strofinavano la  schiena contro le pareti. Adriano- buono ma non stupido- ordinò che ciascuno strofinasse  la schiena dell’altro. Ma anche a lui capitò di essere messo in riga da una  donna del popolo. Questa cerca insistentemente di fermarlo per fargli una  richiesta, ma è cacciata via con la scusa della mancanza di tempo. La donna  indispettita gli dice: Allora non fare l’imperatore. Il più tollerante fra gli  imperatori romani fu Augusto, tanto da essere ammirato più per le battute  subite che per quelle pronunciate. Celebre la storiella di un provinciale  venuto a Roma che era molto somigliante all’imperatore. Augusto ordinò che  fosse condotto da lui e dopo averlo osservato gli chiese : “ Dimmi giovanotto,  tua madre è mai stata a Roma?”. No, disse il giovane, per poi aggiungere :”  Però mio padre sì, spesso”. Questa barzelletta passa per essere, cambiati i  nomi dei protagonisti, quella preferita da Sigmund Freud. Poche le battute  tramandateci dette da donne. Della figlia di Augusto, Giulia, viene citata la  risposta a chi si meravigliava della somiglianza dei suoi figli al marito  Agrippa, nonostante si concedesse a tutti :”Non prendo mai a bordo un  passeggero se non quando la stiva è piena”. I funerali degli imperatori erano  seguiti da imitatori e buffoni che ricordavano le debolezze del defunto. A  quello di Vespasiano, noto per la sua avarizia, Favor, la star dei mimi, che  indossava la maschera dell’imperatore, domandò a gran voce ai procuratori  quanto costasse il funerale e la processione. Appreso che costavano dieci  milioni di sesterzi, gridò :”Datemene centomila e gettatemi nel Tevere”.
    Passiamo ora a un autore che abbiamo conosciuto pe le  sue orazioni :Marco Tullio Cicerone. Da molti giudicato noioso e ampolloso, fu  in realtà autore di battute di giochi di parole di facezie. Quando nella difesa  di Milone viene chiesto all’oratore di specificare quando era morto Clodio,  rispose con una sola parola :”Sero”. Giuocava sul doppio significato della  parola da tradurre  tardi/troppo tardi.  Clodio era infatti morto nel tardo pomeriggio, ma sarebbe stato meglio  eliminarlo prima. Secondo Quintiliano questa è una delle più belle battute  dell’oratore. Contro un uomo che aveva figlie brutte, citò il verso di una  tragedia :Fu contro il volere di Febo Apollo che egli generò figli ; al figlio  del dittatore Silla che aveva reso noto la lista dei suoi beni messi all’asta,  disse di preferire le liste del figlio a quelle del padre che aveva pubblicato  i nomi di coloro che dovevano essere giustiziati. E rivolgendosi ad un  censore  alcolizzato:” Temo che l’uomo mi  condannerà perché bevo acqua. Quando il console Vatinio stava male e si  lamentava che Cicerone non fosse andato a trovarlo gli rispose :Sarei voluto  venire durante il tuo consolato, ma mi sorprese la notte, con ciò riferendosi  alla breve durata della sua carica.Una volta un aristocratico, Metello Nepote,  che lo disprezzava per le sue origini plebee, durante un litigio gli chiese  ripetutamente: Ma chi crede di essere? Chi era tuo padre ? Al che Cicerone  replicò:” Quanto a te, tua madre ti ha reso la risposta alquanto  difficile”.  Anticipando le teorie  moderne , Cicerone si pone il problema di come l’oratore possa sfruttare il  riso, che cosa e perché lo provochi. Il principale, se non l’unico stimolo al  riso, dice, è costituito da quei detti che sottolineano e prendono di mira  qualcosa di inappropriato in modo del tutto appropriato. Ed è sempre lui a  sostenere che niente è meno divertente dello spiegare una barzelletta, concetto  che è giunto fino a noi. Inoltre sostiene che il riso “Sgorga così  inaspettatamente che per quanto si tenti non si riesce a trattenerlo e spiega  che una risata interessi le seguenti parti del corpo: Fianchi, polmoni, bocca,  voce, viso e vasi sanguigni. Un altro che ci da lezioni sul riso e su come  ridere è il poeta Ovidio. Ma il modo con cui lo fa è a limite tra il serio e lo  scherzo. Consiglia per esempio a non ridere se si hanno denti neri, troppo  grandi o storti. E nel caso di giovani donne la bocca si apra di poco e le  fossette su ogni lato siano contenute. Ancora più complicato il principio per  cui  “Devono far sì che il  fondo delle labbra copra la cima dei denti e non devono squassare i fianchi  ridendo continuamente, ma emettere un lieve suono femminile.
    Veniamo ora a una raccolta di duecentosessanta cinque  storielle conosciute sotto il titolo di Amante del riso, scritta in lingua  greca ma risalente al IV o V secolo d.C., contenete facezie, doppi sensi,  battute, barzellette trovate comiche. (La sai quella del vecchio avaro che  aveva fatto testamento a favore di se stesso?). (Come fa uno con l’alito  cattivo a suicidarsi? Si mette una sacca in testa e muore asfissiato). Non  tutto il contenuto resiste all’usura del tempo, ma non mancano storielle che  ancora oggi possono strappare un sorriso. Ad esempio quella dell’intellettuale  che durante la festa che ebbe luogo a Roma per il millennio ( 21 aprile 248 d.C.)  vide un atleta sconfitto che piangeva e volle risollevarne il morale. Non  essere turbato, disse, ai giochi del prossimo millennio vincerai tu. O quella  del barbiere chiacchierone. Un barbiere domandò a un cliente: Come vuoi che ti  tagli i capelli?. In silenzio, fu la risposta. Vi è anche qualche riferimento a  famosi personaggi, citati in forma anonima. Come quello che dopo aver distrutto  Corinto portava via alcuni antichi dipinti e nel caricarli sulle barche disse  ai capitani:” Se li perdete, li rivoglio nuovi”. Non manca quella del medico.  “Dottore dice il paziente, quando mi sveglio per mezz’ora mi gira la testa, poi  sto bene”. E il dottore risponde:” Si alzi mezzora dopo. Spesso sono presi di  mira gli abitanti di città dell’Impero situate nel Mediterraneo orientale come  Abdera, Sidone, Cuma. Un uomo di Cuma stava nuotando quando cominciò a piovere,  allora per non bagnarsi si tuffò in profondità. Oppure un uomo: di Abdera,  vedendo un eunuco chiacchierare con una donna, chiese a un tizio se quella fosse  sua moglie. Quando l’altro osservò che un eunuco non può avere moglie, disse:  Allora deve essere la figlia. Ai sidoniti è dedicata la battuta : Prestami un  coltello fino a Smirne . Risposta: Non ho un coltello che arrivi fino a Smirne.  Vi sono anche storielle sui sogni. Qualcuno incontrò un intellettuale e disse :  Mio dotto signore, vi ho visto in sogno. Buon dio, quello replicò ero così  indaffarato che non vi ho neppure notato. A proposito di morte. Un uomo  incontra per caso un amico e dice :Mi hanno detto che eri morto. L’altro  replica : Ma come vedi sono vivo. E il primo risponde : Ma la persona che me  l’ha detto è molto più attendibile di te. Sei tu che sei morto o il tuo  gemello? Chiede un intellettuale incontrando per strada il superstite. Infine  una barzelletta classica che può essere ritenuta valida anche oggi.
    Un intellettuale, un pelato e un barbiere erano in  viaggio e si erano accampati in un posto solitario. Decisero che sarebbero  stati svegli a turni di quattro ore per fare la guardia ai bagagli. Quando fu  il turno del barbiere, volendo passare il tempo, rase la testa  dell’intellettuale e quando finì il turno, lo svegliò. Non appena sveglio,  l’intellettuale si sfregò la testa e scoprì di non avere più capelli. Il  barbiere è un vero idiota, disse. Ha sbagliato tutto e al posto mio ha  svegliato il pelato.
    Molti modi di dire, riguardanti il riso giunti fino a  noi, dal mondo classico. Ve ne sono notissimi come “Morire dal ridere, o cosa  vieta ridendo di dire la verità”, e qualcuno meno conosciuto come la cosiddetta  “Risata omerica”. L’origine è nell’Odissea. Zeus aveva fatto unire Efesto ad  Afrodite, ma questa divenne l’amante di Ares. Un giorno Elio, il sole che vede  tutto li sorprese insieme e andò a raccontarlo al marito. Efesto preparò allora  una rete invisibile che dispose intorno al letto . Quando i due amanti si  coricarono la rete si chiuse e li immobilizzò. Poi chiamò tutti gli dei per  godersi lo spettacolo. Questi dopo aver visto Ares e Afrodite intrappolati e la  successiva scenetta di Apollo che domanda a Ermes se non gli piacerebbe andare  a letto con Afrodite e quello risponde : Anche legato da catene ben più pesanti  e più numerose; scoppiarono in una risata fragorosa e irrefrenabile. Così  nacque la cosiddetta risata omerica. 
  Il fatto che dopo duemila anni si rida di alcune battute  e di altre storielle di cui ridevano i romani, dimostra che anche da loro  abbiamo imparato come ridere e di che cosa ridere è la prova secondo la  studiosa inglese Mary Beard che furono proprio i romani gli inventori della  barzelletta senza dimenticare che l’umorismo contemporaneo è il risultato di  diverse contaminazioni avvenute nel corso dei secoli (citiamo per tutte quella  dell’umorismo ebraico). Dalla Grecia invece c’è pervenuto quel principio  aristotelico, ma fatto proprio anche da Tommaso d’Aquino, chiamato il “ Volgere  al bene “. Bisogna sempre assumere un atteggiamento giocoso di fronte ad  avvenimenti che ci coinvolgono. Secondo questo principio le cattive notizie  vanno rese divertenti anziché tragiche.   Consiglio che Oscar Wilde seguì in punto di morte quando guardando le  pareti della stanza in cui si trovava disse :”Questa carta sa parati è atroce.  Uno di noi due se ne deve andare”. 






