L'amministrazione napoleonica nella Penisola italiana, compreso il Mezzogiorno, favorì un rapido ammodernamento delle strutture istituzionali in termini di certezza del diritto, abolizione dei privilegi di nascita e di ceto, riorganizzazione dello Stato e razionalizzazione del prelievo fiscale. L’abolizione della feudalità, la fine dei fidecommessi, l’eversione dell’asse ecclesiastico, l’abolizione delle decime e di ogni altro vincolo contribuiscono alla nascita di una nuova fase sociale.
Il “Decennio francese” , acronimo dello storico calabrese Umberto Caldora, ebbe inizio con l'entrata in Napoli di Giuseppe Bonaparte il 15 febbraio 1806, preceduta dalla seconda fuga dei Borboni in Sicilia, la prima risale al periodo della Repubblica Napoletana (1799).
Con l'ingresso nella capitale del Regno, da parte del fratello maggiore dell'imperatore Napoleone, ha inizio la seconda fase delle linee programmatiche e nello specifico di incalzare senza dare respiro all'esercito borbonico che prendeva la via della  ritirata verso il Sud del Meridione, nei  territori lucani e calabresi.
In Calabria, diecimila Francesi, comandati dal generale Reynier, dopo aver surclassato a Campestrino i borbonici si ripetono in un'altra vittoriosa battaglia in quel di Lagonegro, il 6 marzo, sulle milizie guidate dal colonnello Sciarpa.
A  Campotenese, il 9 maggio, in uno scenario meteorologico alquanto inconsueto sconfiggono durante una bufera di neve i 14.000 napoletani, rimasti fedeli al generale Damas ed ai principi reali Francesco e Leopoldo.  
Da questo momento inizia l'operazione relativa all'entrata in territorio calabrese e l'azione logistica del generale Reynier durò appena ventinove giorni.
Il 17 aprile dello stesso anno il Principe Giuseppe parte da Palmi in mattinata salutato dall’entusiasmo della popolazione, del clero e dalle autorità locali e mentre si trova a Bagnara, viene raggiunto da un corriere che gli consegna un decreto imperiale (promulgato a Parigi il 30 marzo) che lo proclama Re di Napoli, rimanendo in carica fino al 15 luglio 1808, quando divenne re di Spagna. Al suo posto fu chiamato Gioacchino Murat che rimase al governo fino al marzo 1815.
Con Giuseppe Bonaparte furono intraprese alcune importantissime riforme sostanziali nel campo politico, economico, amministrativo, finanziario, sociale e religioso; tutto ciò fu reso possibile dalla creazione di nuovi organi con poteri distinti e specifici.
Gioacchino Murat completò, specialmente nel campo politico-amministrativo, le iniziative del predecessore, preoccupandosi anzitutto della legislazione riguardante la disciplina e l’esecuzione delle norme generali. Tuttavia la gestione del potere nel regno di Napoli fu particolarmente difficile per le condizioni e i limiti posti dallo stesso Napoleone Bonaparte sull’operato del Murat. I rapporti fra i due furono abbastanza difficili, caratterizzati da alterne fasi di difficoltà, crisi e riconciliazioni.
Tralasciando l'intensa attività legislativa, svolgiamo lo sguardo agli aspetti economici durante tale periodo storico con le relative innovazioni in materia indirizzate alla riorganizzazione e relativa modernizzazione degli apparati amministravi  e con l'istituzionalizzazione di nuovi organismi.
La legge n. 134 dell’8 agosto 1806 andava ad abolire quelle imposte dirette sulle persone e sulle cose, sostituite dalla contribuzione fondiaria. Con l’introduzione della fondiaria furono sostituite ben ventitré contribuzioni dirette che in precedenza rendevano farraginosa la macchina dei prelievi. La nuova legge fu presentata con un’introduzione che evidenziava il criterio della giustizia distributiva e l’abolizione delle precedenti tasse. Le proprietà da tassare, in applicazione alla nuova legge, erano terre, case, laghi, canali di navigazione, miniere e cave di pietra, rendite varie e persino animali d’industria; rimanevano fuori soltanto strade, contrade, piazze pubbliche e fiumi.
Nelle istruzioni ministeriali del 1° gennaio 1807 si riaffermarono i principi ispiratori della legge: “sottomettere alla tassa tutti i proprietari di fondi senza distinzioni né privilegi e i capitali mobili, e le rendite particolari ottenuti senza fatica e come diritto di proprietà”. (1)
A riguardo la riorganizzazione territoriale del regno c'è da ricordare l'istituzione di 14 province con a capo altrettante intendenze con compiti di controllo e successive rendicontazioni periodiche anche sul commercio, sulle risorse del territorio, sulle finanze e gli aspetti economici di quelle aree. 
Con il decreto del 16 febbraio 1810 furono istituite le Società di Agricoltura, che furono preposte allo studio e alla diffusione delle innovazioni ritenute indispensabili per il miglioramento dell’economia agricola del regno. (2)
L'abrogazione di una serie cospicua di ordini religiosi sostenne un buon flusso nel capitolo delle entrate erariali e permise la ridistribuzione di un’enorme quantità di beni immobili.
Nel progetto programmatico dei “Napoleonidi” trova posto l'attenzionamento alle manifatture locali (3) e tal proposito vennero istituzionalizzate alcune strutture quali il Furono create alcune istituzioni, come il Reale Istituto d’incoraggiamento e la Giunta delle arti manifatture ed industrie del Regno (1808).
Con il decreto del 26 agosto 1809 nasceva un altro istituto quello del Catasto provvisorio che […] rappresentò la concretizzazione di una diffusa esigenza di correzione del catasto borbonico del 1741, in linea con una visione fiscale più moderna,rigorosa, scientifica [...] che insieme alla Statistica murattiana furono […] due imprese parallele, ma complementari nei risultati, poiché rispondenti alla stessa esigenza di conoscere il territorio per governarlo [..] e […] preliminare al catasto provvisorio fu l'abolizione nel Regno di tutte le imposte dirette e la determinazione delle norme per un tributo unico, l'imposta fondiaria (leggi dell'8 agosto e dell'8 novembre 1806) [...] (4)
Per avere consapevolezza della sfera socio-economica del Regno di Napoli, risulta necessario analizzare la statistica murattiana che rappresenta una fonte di importanti informazioni della realtà regnicola che fu fortemente voluta da Gioacchino Murat. Essa trae origine da quanto realizzato in Francia dove, tra il 1799 ed il 1800 venne istituzionalizzato il Bureau de statistique e, di seguito venne introdotta nel Regno di Napoli nel 1809 con l'acronimo di Officina di statistica e diretta da Luca de Samuele Cagnazzi, docente luminare di Economia e statistica presso l'Ateneo della Capitale partenopea e ricevette tale incarico dal ministro dell’Interno Giuseppe Zurlo.
Tale indagine ebbe inizio nel 1811, con apposita circolare datata 15 maggio, e stilata per ogni provincia da una relatore individuato tra i componenti delle Società di Agricoltura e nominato dal ministro su proposta degli intendenti.
Per la Calabria si ricordano i relatori Francesco De Roberto (Calabria Citra) e Giuseppe Grio (Calabria Ulteriore).
L'analisi in argomento era strutturata su quattro sezioni generali:

La statistica murattiana si poneva due scopi:

Essa rappresenta quindi una lente d'ingrandimento sulle varie realtà e qualità della vita economica e sociale non elevate del Regno di Napoli e per la sua valenza verrà adottato, insieme ad altre riforme del decennio dai rientrati Borbone.
Quindi la statistica murattiana può considerarsi a pieno merito uno strumento valido con il quale si è potuto monitorare la realtà del Regno di Napoli e nel contempoconoscere le condizioni e le esigenze della popolazione.    Tra le fonti a riguardo tale tema risulta doveroso citare la monumentale opera editoriale di Giuseppe Brasacchio che dedica l'intero V volume a “Il decennio francese (1806-1815)” .
[…] L'agricoltura fu duramente colpita delle requisizioni, dalle devastazioni delle truppe a massa e successivamente dai briganti: frutti pendenti e bestiame da lavoro e da reddito erano i bersagli preferiti […] e nonostante tale anomali […] vi fu un incremento della coltura del cotone, lino e della patata; ma la tradizionale coltura del riso, praticato nel Vallo di Cosenza e nella piana di Sibari, subì una graduale ristrezione, per effetto di decreti (17-8-1811 e 3-9-1812) che abolivano la coltura per motivi igienici. […] Da queste situazioni, non incoraggianti […] il Governo cercò di promuovere il progresso dell'agricoltura, rivedendo i canoni del riformismo illuministico e istituendo il 10-8-1812 il Consiglio di Agricoltura presso il Ministero dell'Interno;parimenti, nel 1810, furono istituite in ogni capoluogo di provincia, le Società di agricoltura, dette poi Società Economiche con 12 soci residenti ed altri corrispondenti. […] .
Rimanendo in tali ambiti […] anche la pastorizia subì pesanti perdite per le requisizioni e le razzie operate dai briganti. L'Intendente di Cosenza, il 22.09.1806, riferiva al Ministro dell'Interno, che «gran quantità de' quali (bestiami) fu dagli inglesi imbarcato, e passata nella Sicilia»; le razzie continuarono fino al 1810 e veri e propri commandos rastellavano bestiame e l'imbarcavano verso la Sicilia […] così come quando […] nel 1812 , il depauperamento del bestiame da soma era arrivato al punto che l'Intendente di Calabria Citra non era in grado di requisire muli e cavalli per l'esercito, a causa delle razzie sperate dai briganti […].
Tutto questo stato di cose tra i quali le vie di comunicazioni terrestri (non dimentichiamoci che la strada che collegava la Capitale alle Calabria terminava a Lagonegro (questo anche per l'incuria ed i devastamenti 'tremuoti), l'insicurezza delle vie marittime (pirateria, navi inglesi che uscivano dai porti siciliani) non permettevano al commercio calabrese di poter decollare e che ne frenavano[…] la circolazione dei beni […] e questo stato di cose alimentarono l'area del contrabbando e del mercato nero.
Infatti […] il commercio illegale per protagonisti non solo i proprietari delle piccole imbarcazioni, ma anche grandi speculatori e personalità del mondo politico, alti ufficiali ed esponenti della burocrazia statale […] .
A riguardo le […] le  attività manifatturiere ed estrattive, anch'esse furono influenzate dalla turbolenza dei tempi e dalla necessità di reperire le materie prime e rarefatte a causa del blocco continentale. Il Commissario Reynier e la Regia Società d'Incoraggiamento, in una iniziale atmosfere di euforia, avevano creduto di trovare in Calabria molti minerali (carbone, piombo,argento, oro,ferro,ecc) anche per le numerose segnalazioni di cittadini; ma una indagine più approfondita rilevò ben presto che trattavasi di giacimenti modesti, il cui sfruttamento si palesava antieconomico per i notevoli impegni finanziari necessari […] .
Ben diversa fu la situazione di […] due manifatture che conobbero una fioritura, per le particolari vicende belliche, furono quelle del salnitro e del ferro. Il salnitro era necessario per la fabbricazione della polvere da sparo, di cui si faceva uso da parte dei Calabresi non meno che dei Francesi […] , ed i punti di riferimento furono Cosenza (anche se l'idea progettuale non ebbe seguito) e l'area di San Domenico di Soriano dove […]molti giovani furono impiegati proficuamente nella nuova fabbrica con un modesto salario di apprendisti, di appena 20 grana giornaliere […]
Prosegue l'indagine di Giuseppe Brasacchio dalla quale emerge che […] agli inizi del 1812 vi erano otto fabbriche in Calabria Citra ed una in Calabria Ultra: ad Umbriatico […] e […] la produzione, che nel luglio 1812 era di 400 cantaia per la Calabria CItra e di 200 per la Calabria Ultra, salì nel gennaio 1814 a cantaia 670 nella sola Calabria Citra […]
L'analisi prosegue evidenziando che […] anche lo sfruttamento delle miniere di ferro subì, durante il decennio, un notevole impulso per le impellenti necessità belliche. Le ferriere di Stilo e della Mongiana, per decreto del 1808, passarono in amministrazione dal Ministero delle Finanze a quello di Guerra […]
Si evidenzia che in merito alle condizioni dell'attività e della sicurezza lavorativa […] gli amministratori francesi fecero di tutto per realizzare un più civile habitat per i lavoratori: esenzione fiscale, miglioramenti salariali,assistenza medica e farmaceutica, cassa di previdenza per i vecchi e gli orfani, esenzione dal servizio di leva […]
I risultati di tali accorgimenti si ebbero, con dati alla mano […] due alla fine del 1810, dopo tre anni di sforzi, i risultati erano tutt'altro che deludenti, si produceva un buon ferro e nel triennio la Mongiana aveva dato un gettito di 10.371,21 ducati superiori agli investimenti effettuati; il costo del ferro era di ducati 8,75 e si vendeva nei magazzini della Mongiana a ducati 21,50 per cantaio, con un utile di ducati 12,74. Si tento di riattivare le vecchie ferriere di Stilo (Piano della Chiesa), anche in previsione di una minore incidenza degli oneri di trasporto, ma alla progettazione non seguì la realizzazione per carenza di capitali necessari. Dai dati progettuali del 1814 e comparativi - tra le ferriere della Mongiana e quelle di Stilo - emerge il potenziale produttivo della Mongiana ed il sostanziale successo degli amministratori […].
Da questi risultati inerenti al progetto produttivo e dai dati propositivi delle ferriere in argomento […] il Caracosca si proponeva di riattare le ferriere di Stilo e di realizzare la manifattura di canne da munizioni nella stessa Mongiana, onde evitare gli oneri dei trasporti della materia prima dalla Mongiana a Gioacchinopoli (Torre Annunziata): l'analisi del Caracosca evidenziava i grandi vantaggi per lo Stato, ma il precipitare delle vicende internazionali e la carenza di capitali impedirono l'avvio di un'attività che sembrava destinata al decollo anche dal di sopra di un contesto locale.[…].
Altre testimonianze inerenti alla realtà industriale calabrese del periodo riguardano la cartiera di Soriano, la vetreria di Monteleone (l'attuale Vibo Valentia), l'industria ittica di Pizzo e di Bivona, senza dimenticare quella serica che […] costituiva ancora una dei cespito principali per l'economia regionale: essa coinvolgeva, con un'attività diffusa, le campagne per la gelsicoltura e l'allevamento dei bachi, e i centri con l'industria a domicilio e gli opifici di un certo rilievo, ubicati a Villa,Catanzaro,Reggio,Paola,Monteleone,Cosenza […], da non dimenticare anche la coltura e la manifattura del cotone, la lana,il lino ed anche la creazione di infrastrutture per la miglior commercializzazione dei prodotti, come l'attenzionamento all'esiguo numero dei punti portuali ed alla risistemazione della rete viaria. (5)
Dopo la breve esperienza del "decennio francese", anche se ricco di iniziative legislative, riforme, miglioramento delle condizione della vita sociale, svolgiamo uno sguardo alla seconda restaurazione borbonica dove […] Le caratteristiche e  le condizioni dell’industria partenopea durante il decennio 1849-1860 presentavano gravi problemi e deficienze: concentrata intorno a Napoli e Salerno l’industria meridionale si era formata attraverso due canali: l’iniziativa statale, (indirizzata verso il settore metallurgico, che si sorreggeva specialmente sulle forniture al governo), e l’apporto di capitali stranieri, che, specialmente nella zona intorno a Salerno, aveva creato alcune grosse fabbriche di tessuti [...]
Tale distanza [...] era ancora più evidente in Calabria e nella provincia reggina, dove le uniche espressioni di tipo industriale risultavano essere quelle estrattive, quelle relative all’essenza del bergamotto, sprazzi di agricoltura rurale e gli esempi tessili di Reggio e Villa S.Giovanni, relativi alle filande in seguito devastate dagli effetti della malattia del baco da seta, la cosiddetta “atrofia parassitaria” o “mal delle petecchie”, conosciuta anche come “pebrina” . Quindi la malattia del baco, ed il conseguente annullamento dei contratti tra imprenditori e contadini, determinarono la chiusura  graduale delle filande e la disoccupazione soprattutto nel settore femminile. [...]
In Calabria [...] le poche industrie borboniche vennero sacrificate alle esigenze della nuova politica di mercato nazionale. Così fu il caso delle ferriere di Mongiana e di Ferdinandea, che vennero amministrate in economia dallo Stato, per insufficienza di materie prime, di viabilità e di maestranze e avevano vita difficile e dei setifici catanzaresi, il cui mercato si estendeva ben oltre i confini della regione. Per ciò che riguarda  lo stabilimento della Mongiana bisogna dire che lo stesso aveva visto la luce come industria statale ed il suo sviluppo, dopo le innovazioni introdotte dal regime napoleonico cominciò a subire un lento decadimento a partire dal “restaurato” regime borbonico, vista l’incuria del governo di Napoli. Si trattava di un centro gravitazionale di una vasta area economica comprendente le Serre, la costa ionica attorno a Monasterace e quella tirrenica attorno a Pizzo.[...]
A riguardo [...] l'entourage lavorativo di Ferdinandea ruotava intorno a mille addetti, di cui una parte veniva utilizzata nella miniera e nelle foreste, fonderie e armeria, e la restante nella produzione e nel trasporto del carbone e del minerale. Il comprensorio lavorativo, nel quale operavano anche tecnici e operai specializzati, garantiva beneficio e potenzialità di sviluppo economico al  territorio di nove paesi. Ma tale aspetto economico non “garbava” alla sede centrale dove il Barraco ed il Morelli al momento della stesura del programma economico dell’«Industria italiana», sostennero la tesi  che  « il popolo calabrese è agricolo, nè può essere altro che agricolo: farsi manifatturiero non può, perché tutto riceve da Napoli; e anche a dargli mille fabbriche non saprebbe che farne, vivendo in parte dove non potrebbe vendere i suoi prodotti».
Nonostante tali intendimenti programmatici [...] la politica-economica attuata dal nuovo apparato centrale provocò alla regione gravi danni, di tipo occupazionale: si diminuì  infatti  l’attività produttiva, riducendo notevolmente le risorse agricole, soprattutto nelle zone del Marchesato, con l’unica eccezione della cultura agrumicola ed olivicola nelle zone pianeggianti del reggino, che verranno successivamente ridotte, in diverse riprese, fino a giungere alla situazione attuale [...] (6) 
In conclusione, ritorniamo all'opera di Giuseppe Brasacchio ricordando alcuni passaggi riportato dall'autore nella "Storia economica della Calabria", dove [...] anche se i protagonisti di questa felice stagione si fanno sostegno della potenza straniera, la Francia, per dare un nuovo volto alla società, ciò non sminuisce i meriti degli uomini del decennio, ma anzi sottolinea l'ansia di debellare la lunga notte feudale e di edificare, sulle rovine del passato, una nuova società; e questa tensione morale non pervade soltanto l'élite della borghesia calabrese che serve lo Stato nei rami della pubblica amministrazione o nell'esercito, ma anche i non calabresi - basti accennare allo Zurlo, al Winspeare, al Colletta, al Galdi, al Briot, al Manhés - che affrontano la problematica della regione attraverso un'ottica nuova ed un'azione vigorosa. E mai come nel decennio si verifica un'armonica aggregazione tra i fautori del rinnovamento, della periferia delle province, al vertice dello Stato [...].
Conclude il Brasacchio accostando le due regie figure napoletane [...]  se Ferdinando IV a Palermo, nel suo arido «Giornale» , annota con meticolosa cura le partite di caccia e i capi di selvaggina uccisi e dedica alla cosa pubblica, «i cosiddetti affarucci» che lo impegnano per breve tempo della giornata, appena un cenno, Gioacchino Murat a Napoli segue con apprensione e diligenza tutti gli affari che riguardano il regno,, legge le relazioni degli Intendenti, dei Ministri, si consulta con gli esponenti della Commissione Feudale, dirime i ricorsi, annota di suo pugno le carte che ogni giorno si ammucchiano sul suo scrittorio, cerca disperatamente di difendere il suo regno dagli intrighi imperialistici del potente cognati. In questa atmosfera di concordia e collaborazione, nella quale il senso dello Stato e del bene pubblico prendono consistenza, Gioacchino diventa  un Re nazionale, amato e stimato dai Calabresi, che con il vigore della presenza fisica, l'eleganza del portamento e la carica di umanità affascina il popolo che vede in lui  l'eroe delle saghe popolari; e Gioacchino ricambia l'amore verso i Calabresi con una sollecitudine che non è formale paternalismo, strumentalizzato alla ragione di Stato, ma è un sincero sentimento verso un popolo che - generoso, impulsivo, coraggioso fino alla temerarietà e un tantino ingenuo - tanto gli somiglia; ed è sintomatico il fatto che il sovrano che ha regnato appena sette anni abbia lasciato un ricordo indelebile nella coscienza popolare, onde ancora oggi il suono di una musica lugubre richiama alla memoria dei Calabresi l'immagine del loro sfortunato eroe fucilato a Pizzo. [...] (7)

ShinyStat
12 ottobre 2018
la manifestazione

1 R. DE LORENZO, “Proprietà fondiaria e fisco nel Mezzogiorno: La riforma della tassazione nel Decennio francese (1806-1815)”, Centro studi per il Cilento ed il Vallo di Diano, 1984, p.32;
2 A. DI BIASIO, “L’Agricoltura nel Regno di Napoli nella prima metà del XIX secolo: produzione e tecniche agronomiche, in “Annuario Storico Italiano per l’età Moderna e Contemporanea”, vol. XXXII, Istituto storico per l’età moderna e contemporanea, 1982, p.298;
3 P.BEVILACQUA, “Breve storia dell’Italia Meridionale dall’Ottocento ad oggi”, Donzelli Editore, 1993, pp. 20-27;
4 G.BRASACCHIO, “Storia economica della Calabria, il decennio francese (1806-1815)”, v.V, Vincenzo Ursini Editore, pp.117 e successive;
5. G.AIELLO, “Il massimo della pena: le condanne a morte nel territorio di Reggio Calabria dal 1808 al 1888”, Reggio Calabria, 1997, pp.2,3;
6. G.BRASACCHIO, citato, pp.140,141.

A.VALENTE, “Gioacchino Murat e l’Italia meridionale”, Einaudi, 1965;
U.CALDORA, “Calabria Napoleonica (1806-1815)”, Brenner, 1965;
P.VILLANI, “Feudalità, riforme, capitalismo agrario: Panorama di storia sociale italiana tra Sette e Ottocento”, Lateza, 1968;
G.BRASACCHIO, “Storia economica della Calabria”, Vincenso Ursini Editore, 1977;
S.MARTUSCELLI, “La popolazione del Mezzogiorno nella Statistica di re Murat”, Guida Editori,1979.