Aeroporto Internazionale Ferihegy di Budapest ore 12,45 del 4 novembre, una data non rilevante, forse, per la delegazione reggina giunta in terra magiara per una serie conferenze e scambi culturali ma, per gli ungheresi sul calendario tale data è segnata in rosso come il colore del sangue versato per  le vie della capitale magiara, proprio cinquanta anni fa nell’impari lotta tra i carri armati sovietici dell’Armata Rossa, i famosi “T54” e le pietre e le bombe molotov degli insorti che, abbandonati dagli stati occidentali, morivano per un alto ideale, quello della libertà.
L'importanza storica e politica della rivoluzione ungherese del 1956, a distanza di mezzo secolo, trova ancora oggi una solida piattaforma per un ampio ed approfondito dibattuto, vista la sua importanza storica, politica, culturale e sociale che ha avuto non soltanto sul territorio magiaro, nei suoi abitanti ma anche nel resto del mondo vista la sua forte eco emotiva che ha lasciato sia a quella generazione che a quelle che si sono succedute con lo scorrere degli anni.
La rivoluzione ungherese del 1956 conserva a tutt'oggi un forte dibattito storico anche nei confronti delle motivazioni che l'hanno generata e che lasciano sul tavolo dei relatori diverse scuole di pensiero sulla sua origine.
Dati certi sono che fu una rivoluzione popolare, senza distinzione di classe sociale, persone che scesero in piazza come studenti, operai, militari, giornalisti, uomini di cultura, esponenti politici di diverse aree: tutti accomunati da un unico obbiettivo, cioè quello della giustizia e della libertà.
Per questi nobili ideali molte persone persero la vita, altri conobbero la dura repressione come il carcere, chi venne deportato, altri scelsero l'esilio emigrando dall’Ungheria.
Ciò che si percepisce passeggiando per le vie della capitale magiara è una certa tensione nei confronti dell'attuale apparato governativo viste anche le dichiarazioni del primo ministro ungherese il socialista Ferenc Gyurcsany fatte in una riunione privata e poi trasmesse da alcune emittenti radiofoniche locali ed anche su internet.
Il contenuto delle stesse era basato su delle menzogne sulle riforme economiche fatte per vincere le elezioni dello scorso mese di aprile e tutto ciò ha scatenato la rabbia sia di semplici cittadini che da parte delle frange di estrema destra, scatenando scontri, feriti, arresti, devastazioni per le vie di Budapest.
Uscendo dallo scalo internazionale ci si trova nell’estrema periferia della capitale ungherese e nella zona compresa con l’altro aeroporto si  trova il cimitero  municipale di Ràkoskeresztùr, (il più grande dell'Europa), ricadente nel IX Distretto,al cui interno è ubicata l'area denominata "Particella 301", luogo dove riposano i resti delle vittime della rivoluzione del 1956.
Vi si accede da un lungo viale posto all'ingresso principale, poi, tra alberi e vecchi monumenti funebri si svolta a sinistra del cartello che indica tale area, dove tra l'altro sono installate alcune opere dello scultore avanguardista ungherese  György Jovánovics a seguito di un concorso bandito nella primavera del 1989 dal Comitato ungherese per il Patrimonio Storico (TIB = Történelmi Igazságtétel Bizottság).
Tale opera artistica è costituita da tre elementi scultorei, collegati da un percorso simbolico posto al bivio tra la morte e la vita eterna, quali una tomba aperta dove si trova ubicata una colonna di granito nero di 1.956 millimetri di altezza , un tempio ed  una pietra rustica. 
Nei pressi dell'area in argomento si trova un'altra location artistica dalle strutture interamente in legno e realizzata prima di quella di  György Jovánovics.
C'è da ricordare anche l'operato di un gruppo di artisti ungheresi, tale '‘Inconnu Independent Art Group’' che in data 4 novembre 1988 eresse  all'interno della Particella 301 una serie di strutture lignee per ricordare i resti mortali di quelle vittime, cadute durante la rivoluzione del 1956, delle quali non fu possibile accertare la loro identificazione.
Tali opere funebri sono conosciute come Kopjafa e sono costituite tra un tronco di legno intagliato, come una sorta di totem e fanno parte dell'antica tradizione funeraria  ungherese che indicavano il sito della sepoltura.
Tra l'altro la sopra menzionata organizzazione il 16 giugno 1988 in occasione del trentesimo anniversario della morte di  Imre Nagy aveva effettuato un tentativo di posizionare un Kopjafa sul luogo, allora senza nome, dove vi erano i resti della salma, ma ciò non fu possibile per l'intervento della polizia.
Un secondo tentativo raggiunse lo scopo prefissato dai componenti  del movimento  '‘Inconnu Independent Art Group’' in data 4 novembre dello stesso anno, anniversario relativo alla fine della rivoluzione ungherese del '56.
C'è da evidenziare che tra i componenti facenti parte del movimento  '‘Inconnu Independent Art Group’' spiccano  nomi  di un certo rilievo della cultura ungherese come  Bokros Péter, Molnár Tamás, Csécsei Mihály, Mészáros Banca, Letenyei József, Mihály Sipos, Miklós Kovács Kopács, Morva Ibolya.
A riguardo i resti delle salme c'è da ricordare che nella primavera del 1989 iniziarono i lavori di ricerca delle stesse ed il relativo riconoscimento alla presenza dei familiari delle vittime.
A seguito di ciò il 16 giugno del 1989 si svolsero i funerali di stato alla presenza di oltre 200.000 ungheresi, come riferiscono le cronache dell'epoca, stipati nell'area e nelle zone adiacenti alla Piazza degli Eroi ( Hősök tere ) per rendere omaggio alle salme del Primo Ministro Imre Nagy, del ministro della Difesa Pál Maléter, del ministro di Stato Géza Losonczy, del giornalista  Gimes Miklós e di József Szilágyi, segretario del premier ed altre vittime della rivoluzione ungherese del 1956. 
La delegazione  del Circolo Culturale “L'Agorà” su espressa intenzione di Gianni Aiello ha fatto visita al  cimitero  di Ràkoskeresztùr con il chiaro intento di dare un piccolo contributo ed omaggio floreale alle tombe delle vittime del 1956 insieme ai i resti delle persone che vennero giustiziate tra il 1957 ed il 1958.
Tanti nomi conosciuti e non che morirono per l'ideale della libertà e della giustizia sociale e che adesso sono riportati in ordine alfabetico su delle lavagne bianche di marmo poste nella suddetta area che ricorda una forma di ferro di cavallo.
La delegazione reggina oltre che deporre dei fiori in alcuni punti all'interno della Particella 301,  ne sono stati posizionati altri anche sul posto dove riposano i resti  del Primo Ministro Nagy Imre ed in quello di Antal Pálinkás.
Per quest'ultimo il Presidente del sodalizio culturale reggino ha voluto fortemente conoscere l'ubicazione del luogo dove riposano i resti dello stesso, proprio perché ammirato da una lettura dal  titolo “Ungheria 1956, Il cardinale e il suo custode”  dove si narra la vicenda relativa alla liberazione del  cardinale Jozsef Mindszenty da parte di alcuni militari ungheresi diretti dal sopramenzionato  Antal Pálinkás il 30 ottobre del 1956.
Nel proseguio della letteratura di tale saggio Gianni Aiello con ammirazione ha potuto conoscere lo spirito d'animo del Pálinkás , scoprendo anche le sue origini italiane: Pallavicini.
Antonio Pallavicini figlio di un marchese di origini italiane (Pallavicini György discendente a sua volta dal ramo degli Sforza Pallavicini) che decise di spogliarsi della sua identità per dare un taglio netto con il trascorso blasonato ed avvicinarsi cosi al socialismo.
Quindi Antonio Pallavicini di origini italiane, ufficiale dell'esercito ungherese e, proprio in Ungheria il nostro Antonio decide di cambiare il proprio nome italiano in quello ungherese di  Pallavicini Pálinkás  Antal.
Successivamente ai fatti relativi alla liberazione del  Primate d'Ungheria Jozsef Mindszenty Pallavicini  Pálinkás  Antal venne catturato dalla polizia sovieticaPálinkás  Antal era nato nella capitale magiare il 30 luglio del 1922, morirà a trentacinque anni dopo un sommario processo.
Il cielo plumbeo, il paesaggio invernale caratterizzato da file di alberi spogli che accompagnavano la delegazione reggina lungo i viali, ricoperti da tappeti di foglie  ormai secche, facevano da contorno allo scenario in questione dove riposano le vittime della rivoluzione del 1956.
Ancora per le strade della Capitale magiara, chiamate ùt, sono presenti i segni della lotta di mezzo secolo addietro, proprio per fare memoria storica, e, nel contempo, ricordare alle nuove generazioni il sacrificio e la sofferenza di coloro che hanno contribuito, anche se in modo lento ma inesorabile a far crollare le fondamenta strutturali della dittatura sovietica.  
Oltre alle opere sopra menzionate, ci piace informare il lettore di altre produzioni artistiche che sono state ubicate a Budapest nel 1996 nel numero di tre, mentre un'altra opera è stata realizzate nel 2001, entrambi, pur nella diversificazione artistica,  assumono il ruolo di  sentinelle della memoria storica, come quello voluto dal Presidente della Repubblica di Ungheria Árpád Göncz, che ne fece posizionare una in Kossuth tere, vicino al Parlamento.
Nello specifico si tratta di un’opera, realizzata dall’artista Maria Lugossy, caratterizzata da un blocco di marmo scolpito, le cui forme ricordano una fiamma eterna.
Attraversando la strada in una piccola piazzetta si trova ubicata posizionata la statua di Imre Nagy posizionata su di un ponte, l’opera è stata realizzata da Tamás Varga e rappresenta il collegamento, quindi il ponte che lega il passato al presente, quindi la memoria storica.
Altra sentinella della memoria è rappresentata dal monumento che ricorda il giovane Jancsi ed il suo inseparabile fucile che stà a guardia di un luogo storico della rivoluzione ungherese del 1956: il cinema Corvin.
L’architettura commemorativa realizzata da Lajos Győrfi, prende spunto da una famosa fotografia del periodo, è venne commissionata all’artista ungherese da un’Associazione combattentistica del periodo in questione.
Passeggiando per le vie della Capitale magiara, accompagnati da un gelido freddo, si ha il modo di verificare le attitudini emotive, giuste e sacrosante che risultano visibili lungo le rive del Danubio, nei punti dove si verificarono i segni della violenza di cinquanta anni fa, proprio quei luoghi sono addobbati da pensieri floreali indirizzati proprio a coloro che sacrificarono laloro vita in quella "primavera d'autunno" del 1956.
Ma vi si scorgono anche i segni delle recenti proteste dovute alle dichiarazioni del Premier Ferenc Gyurcsany, segni ben riscontrabili sui mass-media, nelle espressioni dei tratti somatici della gente comune che risente della situazione politica e sociale del Paese.
L'Ungheria, entrata nell'Unione Europea nel 2004, sta affrontando un duro momento di difficoltà economiche dopo che il governo ha presentato un duro piano per rispettare entro tre anni i parametri per l'ingresso nell'Euro e secondo quanto riportato dagli organi d’informazione sia su cartaceo che su multimediale, proprio nel 2006, il deficit  toccherà il 10,1 % del Pil e secondo le linee programmatiche del Primo Ministro il 3,2% entro il 2009, e tra gli altri  un rialzo dell’aliquota minima di Iva (su prodotti alimentari e servizi di base) dal 15% al 20% e un rincaro di gas (+ 30%) e di elettricità (+8%).
Ma  nonostante il coraggioso programma di  Ferenc Gyurcsany ciò che ha dato origine alle dure proteste sono state alcune sue considerazioni, diffuse radiofonicamente, secondo le quali il Premier magiaro avrebbe raggirato il proprio elettorato con notizie e dati non veritieri riguardante lo stato di salute economico e sociale dell’Ungheria, anche se, c’è chi sostiene che tali affermazioni dirette dal Primo Ministro erano un manifesto  atto a porre fine alle menzogne.
Tutto questo stato di cose hanno  fatto si che i risultati ottenuti dalla politica economica ungherese, adesso versano in una situazione delicata, infatti, allo stato attuale il deficit del settore pubblico rappresenta il tallone d'Achille dell'economia ungherese risulta il più elevato di tutta l’Unione Europea, addirittura  triplica il livello massimo richiesto dai criteri di Maastricht per poter introdurre l’euro che era previsto per il 2010.
Per quanto riguarda il flusso macroeconomico, c'è da registrare gli indici da parte dell’Ufficio Centrale di Statistica che rilevano per il periodo agosto-ottobre 2006 un tasso di disoccupazione del 7,4%, pari a 317.300 unità improduttive, e, sempre nello stesso periodo il 22,3% dei disoccupati si è
registrato nelle fasce d’età comprese tra i 15 ed i 24 anni, dove il tasso d’inflazione ha raggiunto il 20,2%.
Naturalmente vi sono delle zone diversificate per quanto riguarda la situazione macroeconomica, come del resto ci dice durante l'intervista il vice Direttore dell'Archivio di Szombathely, Feiszt György: «La situazione del capoluogo della regione - dice  - è molto sviluppata, il tasso di disoccupazione risulta molto basso e si aggira intorno al 5% e dopo Budapest è la regione più sviluppata, mentre a Nord e ad Sud-est ci sono tanti problemi la disoccupazione raggiunge il 25% come nei territori vicino ai confini con la Romania.»
Il vice Direttore dell'Archivio di Stato è una persona molto disponibile, come del resto tutte le altre conosciute durante il nostro itinerario culturale effettuato nel territorio magiaro.
Adesso inseriamo qualche stralcio dell'interessante intervista con il disponibile vice Direttore dell'Archivio di Stato di Szombathely dove si è parlato oltre che degli aspetti storici anche di quelli documentaristici, gli atti conservati presso l'istituto culturale della regione della Savaria.

Cosa c'è nel vostro animo dopo cinquant'anni? Adesso nei quotidiani è una grande festa perché la gran parte della società ungherese non conosce la verità e farlo conoscere ai giovani che non sanno nulla, neanche sotto la dittatura di János Kádáre quindi è cresciuta una generazione che, suo malgrado,  non conosce la realtà dei fatti.
A riguardo le fonti documentarie del Vostro Archivio relative alla rivoluzione ungherese del 1956, cosa potete dirci? Ci sono materiali che riguardano tale periodo, anche se nel territorio della nostra provincia la rivoluzione ebbe la durata di circa undici giorni e terminò il 4 novembre, proprio con l'invasione da parte delle truppe  sovietiche. rivoluzione di Budapest e terminò il 4 novembre, proprio con l'invasione da parte delle truppe  sovietiche. Essa ebbe inizio il giorno successivo alla rivoluzione di Budapest e terminò il 4 novembre, proprio con l'invasione dei sovietici. Per quanto riguardo l'anno 1956 e per gli anni successivi riguardano i processi veri e propri. Si tratta di materiale che riguarda l'istituzione delle associazioni rivoluzionarie che parteciparono attivamente in tale periodo. Tale tipologia delle fonti del nostro archivio permette agli studiosi di effettuare delle interessanti ricerche ed è un punto di riferimento culturale, visto che si ha la possibilità con questi documenti di comprendere la tipologia di tali avvenimenti storici e quindi nel contempo di fare memoria storica anche per le future generazioni.

E’ stato un modo quindi di confrontarsi, come avveniva nel mondo egeo, e proprio in quella”agorà” simbolo dello scambio di diverse culture che il sodalizio reggino presieduto da Gianni Aiello ha adottato come marchio dell’Associazione Culturale reggina nel 1993.  
La presenza in terra magiara da parte della delegazione del Circolo Culturale L’Agorà e del Centro Studi italo-ungherese “Àrpàd” è dovuta ad una serie di "incontri culturali" che ha visto impegnata la delegazione reggina in una serie di appuntamenti e visite istituzionali con sodalizi ed istituti ungheresi ed una serie di convegni relativi al periodo della rivoluzione ungherese del 1956.
Il tour ungherese è stata un’ottima occasione di incontro-confronto sulle tematiche storiche in questione, sul ruolo della memoria storica, una memoria che non vuole perdersi, che cerca tutti i mezzi per fermarsi, per divenire oggetto concreto, comunicabile ad altri, trasmissibile al futuro.
Ed a tal proposito il docente Antonio Sciacovelli ha anche detto che a tutt'oggi nei giovani esiste una  grande labilità informativa su tale periodo, non dovuto a loro colpe, ma perché solo di recente si comincia a poter parlare sul 1956 e non prima quando sui libri non c'era scritto nulla e quindi non se ne poteva parlare.
Un suo parere sul 1956 E' una questione molta complicata. il mio parere  è che comunque ancora si può scrivere molto, visto che sia gli ungheresi che gli non ungheresi hanno la necessità abbastanza  impellente di avere un'opera o più opere che parlino non solo delle connessioni politiche, culturali e storiche, ma proprio dei fatti, di quello che è successo.

Il viaggio culturale in terra magiara ha annotato una positiva risposta sia dagli addetti ai lavori, quali storici, associazioni culturali locali, ricercatori, archivisti, docenti universitari, giornalisti con i quali sono state tenute anche delle conferenze stampa ma anche di eroi del ‘56 che hanno aderito agli appuntamenti, partecipando e testimoniando i loro ricordi ai presenti, come quella del Signor Torjaj Valter, reduce della rivoluzione ungherese, che di buon grado ha rilasciato un'intervista a Gianni Aiello che di  seguito si pubblica qualche stralcio insieme ad altre effettuate dallo stesso durante la permanenza in terra magiara.

I suoi ricordi? Mi trovavo a Budapest facevo servizio assistenza  sanitaria ed in quel periodo anch'io ho fatto la mia parte anche se non ho combattuto con le armi, volevo farlo, ma ho dato il mio contributo per aiutare i molti feriti che vi erano in quel periodo, io ero un chirurgo e svolgevo il mio lavoro a Budapest e per questo conobbi il carcere.  
Lei ha conosciuto Pal Malater? Ho avuto modo di conoscere Pal Malater al quale avevo detto che volevo anch'io combattere, ma lui mi ha risposto che c'erano già molti combattenti e che invece vi erano pochi medici per curare i numerosi feriti durante i combattimenti.

Ma chi era Pál Maléter?
Egli nacque il 4 settembre del 1917 ad Eperjes località posta al nord dell’Ungheria e che oggi a seguito degli avvicendamenti storici fa parte della  confinante Slovacchia.
Intraprese gli studi universitari presso la facoltà di medicina nella capitale boema di Praga per  poi trasferirsi nel 1938 nella capitale magiara nel 1938 insieme alla sua famiglia.
A Budapest cambiò indirizzo di studi frequentando l’accademia militare con merito e distinguendosi
così sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale.
Dopo la fine delle ostilità rientrò nei ranghi militari svolgendo funzioni di comando proprio a Budapest e durante le prime giornate della rivoluzione del 1956 venne incaricato di soffocarla.
Ma qualcosa successe in Pál Maléter visto che si schierò con i connazionali idealisti, quindi con il popolo ungherese.
Con il passare dei giorni egli assunse le cariche prima di colonnello e successivamente quella di generale ed il 29 ottobre del 1956 gli venne conferita quella di Ministro della Difesa.
Il successivo 3 novembre si recò nei pressi della capitale magiare per effettuare delle contrattazioni diplomatiche con gli alti ranghi dell’Armata Rossa di istanza nella città di Tököl.
L’azione diplomatica sembra sortire gli effetti sperati: ma era solo apparenza!
Pál Maléter venne arrestato da agenti del KGB dirette da Ivan Serov e qualche giorno dopo e a seguito di un processo sommario ed a porte chiuse,  venne giustiziato insieme al premier Imre Nagy ed al giornalista Miklós Gimes il 16 giugno del 1958 con il movente indirizzato al tentativo di abbattimento della Repubblica Popolare d'Ungheria.
Ritornando agli appuntamenti che la delegazione del Circolo Culturale "L'Agorà" ha onorato durante il breve ma intenso soggiorno in terra magiara, confrontandosi con altre realtà del luogo e sottoponendo alle stesse le informazioni raccolte da Gianni Aiello relative alla rivoluzione del 1956 ed inseriti in un  cd-rom.
All'interno dello stesso sono contenute diverse informazioni storiche come le note informative da parte delle Prefetture, le segnalazioni delle segreterie dei Partiti, le sedute di assemblee, ma anche una raccolta relative a manifesti, locandine.
Dall’insieme di questa prima raccolta documentaria, Gianni Aiello ha detto che essa costituisce un valido strumento, essendo la storia materia dinamica, di lettura  atta a ricomporre idealmente un mosaico costituito da diverse scuole di pensiero, punti di vista, interpretazioni a riguardo il ’56.  
L’avvicendarsi di tale documentazione è stata anche un modo di vedere le posizioni che presero partiti politici, sindacati e movimenti cattolici in quel terribile e delicatissimo frangente della storia d’Europa del ventesimo secolo, periodo storico definì come “secolo breve” dallo storico Eric. J. Hobsbawm che individua nell’arco di tempo compreso fra lo scoppio della prima guerra mondiale (1914) ed il crollo dell’URSS (1991) un periodo significativo, in cui ricomprendere il Novecento.
La sequenza delle fotografie “della memoria” analizzate da Gianni Aiello è stato un interfacciarsi di situazioni emotive relativi al ’56 ungherese e di come tale stato d’animo veniva assimilato in Italia e nella sua parte peninsulare più meridionale: Reggio Calabria.
La tragedia ungherese era ampiamente seguita in riva allo Stretto, testimonianza sono gli accessi dibattiti politici del periodo, così come il prodigarsi di aiuti umanitari, le serrate assemblee comunali di Palazzo S.Giorgio, dove un allora giovane consigliere sosteneva la causa ungherese dicendo che quegli studenti, quegli operai non potevano essere dei “reazionari”: era Piero Battaglia il sindaco della rivolta di Reggio. 
Si susseguono le immagini dei documenti; da quelli cartacei come manifesti, locandine, fotografie, giornali, a quelli multimediali come i cinegiornali del periodo o i servizi radio e di seguito alle varie ordinanza della Prefettura dirette al controllo delle sedi locali del PCI e del PSI, ma anche al controllo durante i comizi, lo svolgimento delle funzioni religiose, numerose in città ma anche nell’intero territorio provinciale, agli accorati appelli durante le omelie di Mons. Giovanni Ferro, al modo della scuola, come ad esempio un articolo all’interno di  una testata liceale cittadino.  
L’insieme di questa documentazione ha il merito di fermare i ricordi, le relazioni tra gli individui, i fondamenti della vita politica, economica, sociale ed amministrativa, facendo nascere e crescere nel tempo una specie di “sedimento fisico di memoria”: documenti uniti a documenti, pur se in diversi linguaggi, costituiscono un codice   sempre più adeguato ad esprimere i rapporti da cui provenivano e le volontà che volevano realizzare, questo rappresenta quanto hanno consegnato le precedenti generazioni a quelle future, insiemi ad altri documenti di lettura come possono essere i monumenti, le opere d’arte, o ad altri oggetti materiali che ci circondano a tutt’oggi, quindi questo è ciò che ancora oggi noi produciamo e consegniamo al futuro.  
Tali aspetti documentaristici sono stati oggetto di comparazione e discussione tra gli addetti ai lavori che hanno manifestato al sodalizio reggino compiacimento per il lavoro svolto, quindi il  viaggio in terra magiara è stato un misto di sensazioni scaturite durante tale permanenza.
Si è potuto ammirare anche la goticità delle costruzioni di Budapest, la scenografia della puzsta, la maremma ungherese, i castelli, come quelli di Visegrad, le bellezze naturali del lago Balaton ed in mezzo a queste pertinenze naturali ed architettoniche la gente che porta dentro il sapore delle tradizioni, della loro musica.
Tante similitudini, testimonianze sono state affrontate e discusse nel corso dell’interessante manifestazione che si è svolta in diverse location in terra ungherese che ha visto il susseguirsi di una serie di dibattiti, interviste, durati tutta una settimana, incentrati sul tema della rivoluzione ungherese del 1956, caratterizzati da incontri con alcuni reduci, studiosi, docenti universitari, giornalisti, associazioni culturali e storici ungheresi come ad esempio l'Istituto ungherese del 1956 .
Tutto questo stato di cose ha voluto rappresentare quel momento di confronto, lo stesso che si celebrava nel mondo egeo, proprio in quella agorà simbolo di diverse culture e momento di incontro e confronto delle idee.
Così come è avvenuto con un altro istituto culturale ubicato nella centralissima Andràssy Gyula út  disegnata lungo il suo tracciato alberato dove da entrambi i lati vi sono caratteristiche costruzioni che riportano indietro nel tempo e precisamente a quel lontano 1872 quando ne venne approvata la progettazione.
Lungo tale importante asse viario tra l'Oktogon e la  Kodàly Körönd tér ha sede il Terror Háza, trasformato in data  22 febbraio 2002 come luogo della memoria ed istituzionalizzato come testimonianza comunicativa permanente atta a ricordare ciò che avvenne durante l’amministrazione sovietica e quella nazista.
Due momenti storici che segnarono pesantemente il popolo ungherese ed a tal proposito piace ricordare quanto ha dichiarato il filosofo Sándor Radnóti a riguardo sia la struttura che quello che essa rappresenta e vuol comunicare ai visitatori [...] È un luogo traumatico anche perché ci sono alcuni testimoni ancora in vita, questo è un luogo della memoria comunicativa. La storia [...]  non è così divertente. Il più delle volte è tormentata da tremendi dolori [...].
La struttura architettonica in questione fu sede del Partito delle Croci Frecciate (Nyilaskeresztes Párt – Hungarista Mozgalom) e della polizia segreta ungherese l’ÁVH (Államvédelmi Hatóság, Autorità per la Protezione dello Stato).
La prima sigla (Nyilaskeresztes Párt – Hungarista Mozgalom) dal chiaro orientamento filo-nazista ed antisemita ebbe in Ferenc Szálasi la figura carismatica.
Tale partito governò il paese magiaro dal 15 ottobre 1944 al gennaio del 1945 ed in tale arco di tempo fu fautore della deportazione di miglia di ebrei dall’Ungheria ai lager nazisti.
Con la conquista di Budapest da parte dell’Armata Rossa avvenuta nel dicembre del 1944 si insedia nella struttura di Andràssy Gyula út un nuovo  inquilino e nello specifico la polizia segreta ungherese con l’acronimo di Államvédelmi Hatóság o ÁVH (Autorità per la Protezione dello Stato) che operò dal 1945 al 1956.
Anche in questo caso si susseguirono le violenze avvenute nel precedente periodo storico sempre con la stessa tipologia indirizzata a maniere alquanto violente e repressive nei confronti dei dissidenti a far data dal 1948.
Dopo la breve ma doverosa analisi storica c’è  da evidenziare che il Terror Háza ha il merito di raccontare come un libro aperto ciò che accadde al suo interno, nelle varie stanze, nei seminterrati, nelle celle di prigionia.
Tutto questo è reso ancor più commovente dalle scenografie costituite da vari oggetti, mobili, materiale multimediale che racconta quei tristi momenti e di ciò che subirono le vittime dei due regimi.
Piace anche raccontare al lettore della disponibilità che si è fortemente percepita da parte dei componenti del sito museale che ci hanno fatto da guida all’interno della stessa struttura e si vuole anche ringraziare attraverso lo strumento di questa pagina telematica l’amico Aron per la sua disponibilità e sensibilità dimostrata nei nostri confronti.
Si conclude nel luogo della memoria che commemora le vittime di entrambi i organismi politici che si sono susseguiti in Ungheria la prima visita della delegazione del Circolo Culturale “L’Agorà” che ha arricchito notevolmente il proprio bagaglio sia culturale che umano.
Uno spazio che racconta e si racconta, quello del Terror Háza, posto nella centralissima Andràssy Gyula út, e che offre sia al visitatore che alle nuove generazioni ciò che avvenne nell’arco di tempo di due momenti storici che hanno segnato violentemente la "diversità" non solo di pensiero.
Il ruolo decisivo lo gioca, quindi la memoria storica, il suo ricordo ha una funzione determinante sia nelle vecchie che nelle nuove generazioni di ogni civiltà evoluta e consapevole.
Essa ha il merito di gettare le basi atte a consolidare l’identità di una società non solo attraverso l’analisi delle grandi congiunture ma sopratutto anche degli eventi minori o delle cosiddette “microstorie” che sono validi strumenti necessari affinché si possa averne una visione a largo raggio.
Quindi gli anniversari di rilievo,così come i nomi eccellenti, vanno di pari passo con ciò che è inserito nel contenitore degli avvenimenti locali: entrambi fanno parte di un gruppo omogeneo che costituisce le fondamenta della struttura storica.
L’utilizzo di tali elementi permette all’uomo di poter analizzare, attraverso la lettura  ed il confronto di atti documentali, la memoria storica di una comunità, e nel contempo tale azione tende a promuoverne quei processi di crescita democratica e civile.
Ma, non per ultimo, tale azione risulta utile anche a fare la conoscenza anche di fatti e personaggi negativi e quindi creare una coscienza atta a far si che tali azioni non si verifichino in futuro con  errori che portarono lutti e sofferenze.
Infatti come ebbe a dire Cicerone nel “De oratore II” […] La storia è testimone del tempo, luce della  verità, vita della memoria, maestra di vita, interprete del passato […] ( […] Historia testis temporum, lux veritatis vita memoriae magistra vitae, nunzia vetustatis […] ).
Quindi essa rappresenta una buona palestra di vita, un laboratorio atto a recuperare le radici dell’iter storico-culturale di una struttura sociale e della sua relativa analisi storica e sociale.
Tali considerazioni, caratterizzate dall’insieme delle fonti archivistiche, sono utili alla costruzione delle fondamenta della memoria storica delle giovani generazioni che hanno così modo di conoscere il loro passato ed avere così la possibilità di riflettere su ciò che è avvenuto ed assimilarne tali esperienze e conoscenze del passato.
Quindi, prendendo spunto da tali eventi, fatti, personaggi, trarne delle conclusioni atte alla progettazione di nuove idee evitando di ricadere in errori già verificatisi e naturalmente di mantenere ciò che le generazioni passate hanno conquistato, come la libertà, la democrazia, l’indipendenza.

ShinyStat
4-13 novembre 2006
La copertina di una rivista ungherese
volantino rivoluzionario ungherese