
La  giornata di studi organizzata dal sodalizio reggino prende spunto dai dati  emersi nel corso della giornata di lunedì 3 maggio 2010, momento che ha  caratterizzato  la nuova denominazione  alla Via Apollo, intitolata ora a Gennaro Musella vittima della ‘ndrangheta. 
    Come  evidenziato nei comunicati stampa, successivi alla manifestazione sopra  menzionata, il Circolo Culturale “L’Agorà” è favorevole con quanto espresso con  gli intervenuti alla manifestazione dello scorso 3 maggio nella quale si  precisava da più parti “la lotta a tutte le mafie”, così come chi affermava che  “la memoria è qualcosa che va custodita e trasmessa ai giovani perché possa  divenire storia”. 
    Nello  specifico e cioè ai termini di “memoria”, “custodia”, “giovani  generazioni”, “storia”, il sodalizio reggino ha inteso organizzare  l’incontro per capire ed informare i cittadini presenti all’incontro a riguardo  tali decisioni.
    La  toponomastica non può e non deve rappresentare soltanto un pezzo di marmo dove  è inciso un nome o una località che ne indica una via, una piazza: essa  rappresenta la memoria storica del territorio in cui essa è ubicata.
    Da queste  premesse le cifre della manifestazione organizzata dal sodalizio reggino,  sempre attento e sensibile alle varie problematiche culturali che interessano  il territorio come ha evidenziato nel corso del suo intervento il segretario  del Circolo Culturale “L’Agorà” che ha ricordato ai presenti alcune operazioni  in tal senso come l’adozione dei resti archeologici della Chiesa normanna  dell'XI 
    secolo,  denominata di "San Giovanni" e la petizione popolare indirizzata allo  spostamento della statua dell’onorevole Biagio Camagna da piazza Castello al  suo sito naturale, nella fattispecie la piazza omonima.
    Ritornando  alla manifestazione c'è da evidenziare che essa ha posto gli accenti su alcune  scelte da parte di Palazzo San Giorgio nei confronti di alcune nuove  denominazioni toponomastiche cittadine come ad esempio quella di Via Apollo,  ufficializzata in quella data con la nuova denominazione di “Gennaro Musella  vittima della ‘ndrangheta”.
    Ciò è  conseguenza del tragico evento avvenuto proprio in Via Apollo al centro di  Reggio Calabria in quel mattino del 3 maggio 1982 quando a seguito di un  attentato dinamitardo rimase  dilaniato  dall'esplosione della sua autovettura l'ingegnere salernitano. 
    Ma altri  fatti di tale portata si sono verificati con la stessa violenza e brutalità  come ad esempio quelli accaduti a Roma in data 16 marzo 1978 in via Mario Fani che  coinvolse la scorta dell'onorevole Aldo Moro (Domenico Ricci, Oreste Leonardi,  Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi).
    Altro  caso quello relativo all'attentato di stampo mafioso nei confronti del giudice  Paolo Borsellino e della sua scorta (Manuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter  Cusina, Claudio Traina ed Agostino Catalano) avvenuto in via D'Amelio il 19  luglio 1992 a  Palermo.
    I tragici  eventi di Roma e Palermo hanno la stessa   tragicità di ciò che avvenne in via Apollo, eppure la toponomastica di  via Mario Fani (Roma) e quella di via D'Amelio (Palermo) hanno conservato la  stessa denominazione, cosa, invece,  non  avvenuta a Reggio Calabria.
    A tal  proposito c'è da registrare che nonostante il parere negativo dal parte della  Commissione toponomastica del Comune di Reggio Calabria c'è stato il cambio  della denominazione da Via Apollo a Via Gennaro Musella, come tra l'altro ha  evidenziato nel corso del suo intervento di Francesco Arillotta componente  della stessa Commissione.
    La prima  parte del dibattimento è stata diretta da Natale Bova, segretario del Circolo  Culturale “L'Agorà” che partendo dall'etimologia della parola toponomastica e  dei suoi significati ha aggiunto che per quanto riguarda Reggio Calabria essa  ci giunge deformata nel tempo, in quanto la città nel corso dei secoli ha  assunto varie denominazioni.
    A tal  proposito ha evidenziato che alcuni toponimi resistono a tutt'oggi.
    La  toponomastica reggina è fortemente legata ai due grandi momenti della storia  urbanistica della città: l'assetto datole dagli ingegneri dopo il terremoto del  1783 e quello adottato dopo il terremoto del 1908.
    Della  città classica, ellenistica e romana, restano dei riferimenti alcuni visibili  altri tramandati dagli storici ma nessuno di essi ci dà dei toponimi.
    Alcuni  studiosi ritengono la riorganizzazione dell'impianto cittadino medievale sia  avvenuto al tempo dei Normanni.
    Sempre  nel medioevo la città non aveva una toponomastica come la intendiamo oggi e  bisogna arrivare al XV secolo per avere coscienza dei toponimi reggini.
    In tale  contesto storico si identificavano le “terre” dell'Università (il  territorio comunale) , ossia “ il tenimento” con i vari “casali”  e “contrade”, questo fuori città.
    Nell'ambito  urbano invece si usavano i seguenti: “regione”, “convicinio”, “piazza o platea”, le “porte” , le “mura”, le chiese, edifici di  carattere pubblico, le aggregazioni artigianali (quali i “bottari”, “forgiari”,  “calzolari”); si citano pure le “contrade”.
    Il  termine “quartiere” si usava per indicare quasi esclusivamente la zona  militare dentro la cinta muraria.
    Il  relatore ha effettuato un excursus storico su tali denominazioni come “Porta  Amalfitana”, “Porta Terzana”, “Porta della Dogana o della  Marina”, “Porta Mesa”, “Porta Crisafi”. “Porta del  trabucco”, il “Toccogrande”, il “Toccopiccolo”, il “Piano  S. Astasi”, la “fiera d'agosto”, la “Giudecca” (quartiere  ebraico), la “regione Mesa”, la “battagliola”, la “mezza porta”,  la “meschita” 
    (moschea),  “ospedale maggiore” o di “S.Margherita” o di “S.Gregorio”,  tanto per citare qualche esempio.
    A questi  luoghi segue una carrellata di denominazioni più circostanziate quali “torre  di Maugeri”, “forte S.Francesco”, il “castello”, il “Castelnuovo”.
    La zona  settentrionale di Reggio Calabria nel periodo in questione era in continua  trasformazione con nuove architetture che si sovrapponevano ad un tessuto  minuto composto da case e da una costellazione di piccole chiese.
    La città  medievale finì di essere tale a seguito dei terremoti del 1783 che la fece  classificare in parte distrutta ed in parte danneggiata.
    Il maresciallo  Francesco Pignatelli venne nominato con Regio Decreto per la ricostruzione  della città che subì molti fermi a causa di molti processi e ricorsi alle  autorità.
    Fu anche  eletta una Deputazione cittadina composta da quattro membri per collaborare con  i tecnici.
    Il  progetto Pignatelli era impostato su maglie regolari lungo l'asse rettilineo  che da Porta S. Filippo conduceva al Tempio di S.Paolo fuori la “Mesa”.
    Il  cosiddetto “stradone” tagliava la città come la  vecchia “via maestra” che però era  stretto e tortuoso.
    Esso fu  poi denominato “Murat” sotto l'amministrazione francese, “corso  Borbonio” conla successiva amministrazione, della “Vittoria” con  Garibaldi per assumere l'attuale denominazione di “corso Garibaldi”.
    Con la  nomina dell'ingegnere Giovanbattista Mori si avviò un'altra fase indirizzata  all'abbattimento delle vecchie strutture architettoniche come le porte e le  mura.
    La città  venne divisa in rioni che a loro volta comprendevano più isole (isolati), ai  quali i  francesi diedero denominazione.
    Come  dicevamo infatti i lavori andavano a rilento e si sbloccarono con la spinta  propulsiva dei napoleonidi.
    Fu  licenziata la “Deputazione cittadina” istituendo la “Giunta di  riedificazione”.
    Si  intimò, settembre 1811, la demolizione dei ruderi e degli ostacoli entro il  termine dei sei giorni.
    Venne  stabilito di lastricare lo “stradone” utilizzando la “pietra di  Macellari” e le strade trasversali, la messa in loco dei riverberi  (lampioni), disponendo le perizie per la “casa comunale” combinandola con il “teatro”  , i pubblici acquedotti, il compimento della fontana ubicata nella zona della  marina, il Liceo, i ponti sul Calopinace e   sull'Annunziata ed ancora la denominazione delle strade e la numerazione  delle porte.
    È  doverosa da parte nostra precisare – prosegue  Natale Bova -  che non tutto fu ultimato  per le note vicende storiche che si susseguirono.
    Agli  inizi del XIX secolo, quindi, la nuova città cominciò a conoscere denominazioni  più intenzionali che si ispiravano ancora ai vecchi criteri “convicinali”.
    Troviamo  inoltre i primi riferimenti al passato magno-greco ed intitolazioni in ricordo  alle massime istituzioni amministrative reggine quali  (Arconti, Zecca, Pritanei).
    Nei primi  anni '70 del secolo in questione si pose il problema di risanare i quartieri  malsani della città quali quelli posti ad est ed a sud come le zone denominate  “Fornace” e “S. Filippo”, “Pantano”.
    Tale  intervento cercò di riorganizzare l'ingresso della città a sud allungando il  corso Garibaldi (la sua sistemazione e l'illuminazione attirò popolazione ed  attività commerciale) dove insistevano l'attuale piazza Garibaldi e la stazione  ferroviaria, l'orto botanico (villa comunale).
    Si dilatò  pure la città a settentrione oltre S. Lucia (l'attuale piazza De Nava) fissando  il nuovo limite comprendente la borgata di S. Caterina.
    Anche ad  est sulle colline effettuarono altri interessamenti urbanistici.
    Dopo  millenni, il porto terminato nel 1888 fu trasferito presso l'attuale sito.
    Alla fine  del secolo si incrementarono i toponomi legati alla magnagrecia (Ibico,  Poseidonea) e successivamente quelli relativi a (Pitagora, Apollo).
    Il nuovo  secolo, il '900, vede l'ufficializzazione della via Poseidonia (l'attuale Possidonia, trascrizione errata di Poseidonia) ma  anche la denominazione di nuovi luoghi dovuti al disastro del terremoto del  1908. 
    Gli  accampamenti di baracche erano vasti e frutto della grande solidarietà italiana  e straniera.
    Le opere  di soccorso portarono a Reggio l'esercito con vari Reggimenti ed il “ventesimo  Brescia” fu 
    destinato  stanzialmente in città, ubicato in località “Borrace” ed ecco il  toponimo “caserma Borrace”.
    I  baraccamenti avvennero nella zona nord tra i torrenti di S. Lucia e  dell'Annunziata verso la zona denominata “Caserta”, e a S. Caterina;  al centro, tra la via Tribunali (oggi Demetrio Tripepi) ed Aschenez,  ed in tutte le adiacenze di via Reggio Campi.
    A sud le  baracche si espansero nelle zone denominate “Crocefisso”, “S. Anna”,  “Spirito Santo”,” S. Giorgio extra”, “Sbarre”.
    I  villaggi di legno presero il nome dai Comitati donatori dei manufatti come ad  esempio i villaggi “svizzero”, “norvegese”, il rione “Friuli”,  “S. Marco”, “Napoli”, “Tedesco”, “Romano”,  “Americano”, oppure dalle ditte dei terreni espropriati o dalle località dove  erano ubicate come ad esempio rione “Scordo”, “Muro rotto”.
    Per i  baraccamenti militari anziché denominarli, furono assegnati le lettere dalla “A”  alla “I”, alcuni di tali toponimi sono a tutt'oggi esistenti.
    C'è da  dire che la toponomastica dei baraccamenti durante questo periodo fu molto  confusa come ad 
    esempio i  casi di via Udine, ubicata in contesti separati (al di qua ed al di la  del torrente S. Lucia) e del rione Friuli, che a seguito della sistemazione  viaria cittadina, si ebbe lo spostamento della via Udine e Trieste in altro luogo;  e la soppressione di altre strade come le vie denominate “Chioggia”, “Rovigo”,  “Aquileia”, “Rovereto”.
    Per  quanto riguarda la denominazione delle vie cittadine troviamo interessanti  quelle del baraccamento americano (“via New York” – attuale “via Libertà”,  “viale Columbia” - attuale “via Monsignor De Lorenzo”, “via  California” oggi via “Tito Minniti”, “via Tremulini I” oggi “via  Ibico” ,“ via Tremuilini II” oggi “via Baracca”, la “via  Rooswelt” oggi “via Salazar”.
    A ricordo  di detto rione rimangono le sole vie “Pensilvania” e “Georgia”.
    Durante  l'amministrazione fascista la città venne ricostruita.
    A  riguardo c'è da ricordare – prosegue il segretario del sodalizio organizzatore  – sia gli edifici pubblici, quali enti, istituti bancari, l'edilizia popolare,  le scuole,  la stazione centrale, il lido  comunale, lo stadio comunale “Michele Bianchi” oggi “Oreste Granillo”,  “piazza del Popolo”, all'epoca denominata “XXXI marzo”, Museo  della Magna Grecia e l'aeroporto.
    La  toponomastica di allora ci ricorda altre denominazioni oggi non più esistenti  come quelle di “via Stringhe Bonaldo” (prolungamento di via Palamolla  lato mare), “Via Lazio” (via Bruno Buozzi ultimo tratto lato  sud), “via Maggiore” (tra l'attuale villa Comunale e piazza S.Agostino),  “via Milazzo” (nei pressi dei mercati generali),  “via Milano “ (via Placido Geraci), “via  Mussolini” (via XXV luglio), “via Castelnuovo” (tra via Tommasini e  via XXI agosto), “via Palermo” (via Saccà), “via Napoli” (nei  pressi dell'attuale via Saccà), “via Torino” (tra via Firenze e via  Venezia) , “rione conventino”)parte dell'attuale zona del Trabocchetto  in prossimità del convento di S. Domenico sulla via Reggio Campi).
    In tale  periodo si aggiunsero altre vie la cui denominazione ricordava il periodo della  magna grecia (Glauco, Clearco, Zaleuco, Locri, Cauonia, Magna Grecia, Esperia,  Enotria ed Ibico – nuova denominazione).
    Contemporaneamente  si intitolarono la romanità le vie (Apollo, Diana, Giulia, Dei Correttori,  Archia Poeta, Zenodoro).
    Negli  ultimi decenni del novecento abbiamo le intitolazioni nella zona sud di Reggio  come quelle relative a (viale Calabria, viale Europa, viale Aldo Moro, via  Sibari, via Ipponio).
    Altre vie  recanti soltanto la numerazione (traversa I, II, IV) attendono ancora una  denominazione ed a tal proposito la Commissione Toponomastica – continua Natale  Bova – ha pronti circa mille toponimi da inserire nella toponomastica  ufficiale.
    Dopo  l'esauriente excursus storico di Natale Bova, la parola è passata a Francesco  Arillotta  (Commissione Comunale  Toponomastica,  Deputazione di Storia  Patria Calabria) il quale ha portato i saluti del dott. Giuseppe Tuccio  (Presidente Commissione Comunale Toponomastica), del Prof. Giuseppe Caridi  (Presidente Deputazione di Storia Patria Calabria) entrambi assenti: il primo  per problemi di salute, il secondo per sopraggiunti motivi istituzionali.
    Il  relatore nel corso del suo intervento ha evidenziato l’importanza  dell’iniziativa del Circolo Culturale “L’Agorà”, in quanto la stessa risulta  un’operazione culturale coraggiosa, nata da una situazione piuttosto complicata  difficile,  che si è creata in Città  proprio a proposito di toponomastica  e  per la quale c'è sempre una sensibilità da parte dei reggini.
    Evidenziando  anche che a riguardo la toponomastica c'è una procedura da seguire: la consulta  propone, la giunta delibera, il consiglio approva o meno, poi il parere della  Prefettura, poi la Sovrintendenza tutta questo iter non è stato osservato
    La stessa  legge dice che ci sono dei casi eccezionali, dietro decreto particolare da  parte della  Prefettura, stranezze che  sono state effettuate sia sotto l'amministrazione Falcomatà e la stessa  situazione si è verificata sotto l'amministrazione Scopelliti: vedi la  situazione  ed il cambiamento delle  denominazioni sia sua Via marina alta che quella bassa.
    Da queste  doverose premesse lo storico Arillotta è passato poi a tracciare l’operato  della Commissione Comunale Toponomastica   di Reggio Calabria negli ultimi periodi di attività e nello specifico  del lavoro svolto da quella precedente.
    La  Consulta era diretta dal giudice Marino e della quale facevano parte il prof.  Falcomatà, il dott. Romeo, la dott.ssa Mariotti, il prof. Ferrara e tanti altri  nomi illustri della cultura reggina e questo lavoro aveva avuto due principi  base.
    Il primo  era quello di fare le denominazioni per aree, cioè tutti quei toponomi che  fanno parte di un determinato periodo storico ubicati in un'area della Città  ben precisa 
    Quindi il  periodo magno-greco in una determinata zona, quello relativo alla fondazione
    Questo  lavoro aveva avuto due  principi di  base:il primo era quello di fare le denominazioni per aree , cioè indirizzare  il territorio in base ad un periodo storico determinato della città, mentre  l'altro principio era quello che la toponomastica del centro storico non doveva  subire delle variazioni. 
    Ma strada  facendo – prosegue Arillotta – sono avvenute altre cose .
    Ritornano  al lavoro svolto c'è una realtà  - spiega  Francesco Arillotta - che deriva da una massa di toponimi che la Consulta ha  verificato nel corso degli ultimi anni completando il lavoro nel 2007 e  riguardanti il territorio comunale da Catona a Pellaro e  tra l'altro era stato fatto un lavoro con le  Circoscrizioni che hanno dato il loro contributo indicando i nomi legati a  quello specifico territorio.
    Di  seguito sono state tracciate le aree e suddivise per periodi storici, come ad  esempio quelli romani, bizantino (zona Reggio Campi) , fino a giungere a  periodi più moderni come ad esempio  la  zona di Santa Caterina con toponimi relativi ai caduti, quindi le medaglie  d'oro del primo conflitto mondiale.
    Nel corso  della giornata di studi sono state evidenziate anche alcune “caratteristiche”  della toponomastica cittadina, come ad esempio la strada che và da piazza  Vittorio Emanuele II e Piazzetta Genovese ha tre nomi  un nome per ogni due isolati: via Miraglia,  via Dei Bianchi , via Fratelli Plutino. 
    Da queste  situazioni  sia era deciso – continua  Arillotta di dare una denominazione unica per via Dei Bianchi proprio per la  sua importanza storica e soprattutto all'importanza ed al significato che la  Congrega dei Bianchi ha rappresentato.
    Altri  esempi riguardano la via XXI agosto la parte alta di mantenere tale  denominazione, mentre la restante bassa con la denominazione via Fratelli  Plutino
    Mentre  altre modifiche conclude Francesco Arillotta sono state apportate senza il  parere della Consulta per le nuove denominazioni e nello specifico quelle  relative a Musella (via Apollo) e l'altra all'avvocato Valenzise (via Crisafi)  ricadente nel centro storico.
  A  conclusione è seguito un appassionato dibattito con il pubblico presente alla  giornata di studi organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” che ha  evidenziato il suo rammarico per il cambio di alcune denominazioni stradali,  tra cui quella di via Apollo, il mancato coinvolgimento in tali scelte, la  costituzione di un Comitato indirizzato a sollecitare il Comune di Reggio  Calabria a buon operare e ad intervenire presso chi di competenza (organi  prefettizi e Ministero degli Interni) per risolvere l'iter burocratico in  riferimento al lavoro compiuto dalla Consulta per una rapida attuazione.





    LEGGE 24 DICEMBRE 1954 N. 1228 (LEGGE ANAGRAFICA):
    Art. 10,  1° comma - Il comune provvede alla indicazione dell'onomastica stradale e della  numerazione civica.
  
LEGGE 23 GIUGNO 1927 N. 1188
    1.  Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche  senza la autorizzazione del Prefetto, udito il parere della Deputazione di  storia patria, o, dove questa manchi, della Società storica del luogo o della  Regione.
    2.  Nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano  decedute da almeno dieci anni.
    3. ( omissis)
    4. Le  disposizioni degli artt. 2 e 3, primo comma, non si applicano a caduti di  guerra o per la causa nazionale. E' inoltre facoltà del Ministero per l'Interno  di consentire la deroga alle suindicate disposizioni in casi eccezionali,  quando si tratti di persone che abbiano benemeritato dalla nazione. 
  5 e 6.  (omissis) 
    R.D.L. 10 MAGGIO 1923 N. 1158 CONVERTITO IN LEGGE 17 APRILE  1925 N. 473 - NORME PER IL MUTAMENTO DEL NOME DELLE VECCHIE STRADE E PIAZZE  COMUNALI
    Le  amministrazioni municipali, qualora intendano mutare il nome di qualcuna delle  vecchie strade o piazze comunali, dovranno chiedere ed ottenere preventivamente  l'approvazione del Ministero della P.I. per il tramite delle competenti  soprintendenze ai monumenti.