
 Lo  Stretto di Messina, situato tra la costa calabrese e quella   siciliana, è una delle aree a maggiore  rischio  sismico dell’intero è una delle  aree a maggiore  rischio  sismico dell’intero bacino Mediterraneo. 
    Ciò si  può evincere da dati storici, come quelli del 1638,  di forte intensità, forse di origine  vulcanica per l'eruzione dello Stromboli, superò   i diecimila morti, del 1783 in Calabria ci  furono 50000 morti, infine la statistica  relativa al 28 dicembre 1908 che causò oltre 120.000 morti dovuta anche  all'azione di forti  onde di maremoto che  raggiunsero, secondo gli studi del Baratta una altezza di 12 metri e   causò la distruzione dell'83% delle case:  le  lancette si erano fermate alle ore  5,20, un sisma di elevata magnitudo (XI della scala  Mercalli) colpiva la Calabria meridionale e  l'Area dello Stretto nella fattispecie. (1)
    La  relazione di Giorgio Lorenzo si è basata sulla rilevazione di vulnerabilità  degli edifici a rischio sismico e dei fattori ne implicano la vulnerabilità  quali l'intensità  sismica, la durata,  l'epicentro localizzato in un centro abitato, la consistenza e la qualità  dell'elemento resistente e la natura del  terreno e la sua morfologia. 
    Un  altro fattore fondamentale è la vulnerabilità  degli edifici in zone sismiche in funzione della loro dimensione (altezza,  lunghezza e larghezza),della loro configurazione planimetrica ed altimetrica,  del tipo di materiale utilizzato (se cemento armato o muratura), se l'edificio  è chiuso in un tessuto urbano o se è isolato.
    Il  relatore ha trattato  "undici  parametri", che di seguito sono riportati, aventi come come obbiettivo di  valutare la consistenza del sistema resistente di edifici principalmente  in muratura sotto l'evento sismico. 
    La  valutazione finale terrà conto dunque dell'analisi effettuata dai suddetti  parametri creando così un'attenta valutazione alla vulnerabilità degli edifici  stessi. (2)
    Dopo  un’attenta ed accurata visione dei parametri che danno una  valutazione sulla  vulnerabilità degli edifici principalmente in  murature, il relatore ha dato una valutazione dei palazzi che hanno resistito  al sisma  del 28 Dicembre 1908.   
    Il  Giorgio Lorenzo durante la relazione ha anche analizzato gli edifici  collocati nella parte alta della città (via  Aschenez) con caratteristiche costruttive miste   come il legno intelaiato e muratura mista (pietre e ciottoli) e che  conservano una regolarità sia altimetrica che planimetrica.
    Considerando  dunque tutti i parametri si possono stabilire le condizioni di vulnerabilità o  meno di un edificio sottoposto ad un sisma. 
    Oggi in  Calabria che è una Regione ad elevato rischio sismico, gli edifici che sono  antisismici e dunque regolari rispetto alle normative vigenti per le aree a  rischio sismico conservano una struttura in cemento armato con la messa in  opera anche di cordoli in mezzeria delle tamponature perimetrali, tali  interventi consentano la conservazione delle parete non portante in caso di  sisma, con l’aumento della rigidezze delle aperture “cordolati” anche  loro in cemento armato. 
    La  normativa prevede anche il vincolo sulla costruzione in elevazione.
    A  riguardo l’intervento di Francesco Turano si è basato sugli aspetti fotografici  della città sottomarina dopo il terremoto del 1908 immortalata su pellicola:  immagini e  sensazioni che il mondo  sommerso dell'Area dello Stretto è   in  grado di offrire con i suoi  scenari fantastici  ed unici nello stesso  tempo.  
    Lungo le  coste reggine numerosi sono i resti di   antiche abitazioni ormai parte integrante del paesaggio sommerso, avvolti  come sono da forme animali e vegetali tanto da essere poco identificabili agli  occhi di un osservatore superficiale.  
    Uno  sguardo sott’acqua, senza necessariamente dover far ricorso ad attrezzature  particolari ma semplicemente con maschera, pinne e aeratore di superficie  (detto snorkel, da cui il termine snorkeling usato per  identificare quella piacevole attività estiva che consiste proprio  nell’osservazione della vita sommersa nei   primissimi metri di profondità o sotto il pelo dell’acqua), consente di  individuare in diversi siti molte pietre dall’aspetto insolito, direi quasi di  forma squadrata e poggiate sul fondo una accanto all’altra, come i pezzi di un  puzzle appena staccati e i cui margini coincidono quasi perfettamente.  
    Sovente  si tratta di quel che rimane dei ruderi di vecchie costruzioni, distrutte  dall’ultimo terremoto, e giacenti in luoghi un tempo emergenti e oggi sommersi  per via di quegli strani fenomeni sismici che hanno portato allo sprofondamento  di alcuni tratti di litorale, oltre che al fatto che nel tempo l’erosione delle  coste ha portato alla mancanza di una gran   fetta di profilo costiero e di spiagge. 
    Due  azioni che, sommate, hanno quindi causato la scomparsa di queste mura, antica  testimonianza del disastro del 1908.  
    Ma molte  altre sono le scogliere diciamo artificiali che sono nate nel sotto costa nei  primi metri di profondità, e in questo mi riferisco a tutte quelle venute alla  luce in seguito al riporto di ruderi in mare perché il mare, da sempre, è  sempre servito a nascondere le   brutture.  
    Molte  macerie, all’epoca, sono state scaricate sui fondali, in modo da scomparire per  sempre alla vista; risultato: su fondi sabbiosi c’è oggi la roccia e,  per fortuna, si è venuto a creare un habitat  densamente popolato da specie animali la cui vita è garantita dalle  straordinarie correnti dello stretto. 
    La natura  è grande e le svariate tonnellate di cemento scaricate in mare sono diventate  oggi scogli e 
    rifugi  per una miriade di pesci e invertebrati. 
    Gianni  Aiello  ha parlato  di una macabra pesca, avvenuta il 26 gennaio  del 1909 nelle acque antistanti Augusta.   (3) 
    Nella pubblicazione scientifica viene  riportato che sette pescatori catanesi, imbarcati su di un peschereccio,  catturarono con le fiocine un grosso squalo, della lunghezza di 4,50 m. e  del peso approssimativo di 800 kg. 
    Dall'importante  documento scientifico, Gianni  Aiello ha  riportato alla luce alcuni dei dati rilevati, a suo tempo, dal medico  Condorelli e dal prof. Gian Giacomo Perrando e cioè che nel tubo digerente  dello squalo catturato furono rinvenuti resti umani. 
    Gli  stessi, appartenenti almeno a tre distinte persone vista la corposità dei  frammenti ossei  rinvenuti, vennero  raccolti in due casse  e  trasportati alla camera mortuaria del  cimitero di Catania.
    Il  materiale umano ritrovato nel sistema digestivo del Carcharodon  era caratterizzato dai resti di un uomo  adulto "... non tanto dai caratteri delle ossa e dei denti, quanto  dai   residui di barba che ancora si  vedevano sulle  guancie della testa  stritolata; il cui cuoio capelluto e' ancora rivestito di capelli forti,  castagni scuri, ormai brizzolati e tagliati   corti alla lunghezza di circa 3 cm. …
    Dai  resti, appartenenti ad un bambino di circa sei anni, relativi ad un teschietto  e ad un  pezzo di gabbia toracica,  infine gli arti appartenenti ad una donna  adulta e di media statura , oltre ai resti appartenenti ad un cane insieme a  quelli di un grosso mammifero, forse un bovino. (4)
    Altri  dati importanti sono quelli relativi ai brandelli di vestiario e dei resti di  calzari  ritrovati che identificano la  non agiata classe sociale di appartenenza delle vittime che forse  furono sorprese nella tragica alba del 28  dicembre del 1908 o su qualche spiaggia, lungo la costa calabro - sicula, o a  bordo di un piccolo scafo durante il maremoto, come indicato  nell'articolo di Antonio Scarfoglio sul  "MATTINO" di Napoli, il giorno dopo il disastro   « ... Tutta la diga tra le due stazioni  fu portata via dal mare. I marosi invadendo la via della Marina tolsero ogni  scampo ai fugiaschi e  quarantaquattro  famiglie vi rimasero annegate  ... ».  (5) 
    Il Prof. Leonardo Tripodi ha parlato degli  aspetti vulcanici nella provincia reggina e del sopralluogo effettuato assieme  a Gianni  Aiello, nel territorio di  Palizzi, dove sono visibili le pareti che denotano , un intenso lavoro  tettonico e di degradazione sub aerea .
    Nell'area  più in basso, verso il centro  dell'aera  collinare, sono visibili fanghi freatici , misti a terreni   
    alluvionali  e plastici , con dei limi argillosi e  dei  pezzi   di  materiali   rinvenuti sotto i detriti di frane, che ad un primo   esame    sembrerebbero  solforosi .
    Detto  sito centrale collinare   è interessante  perché risulta molto simile ad una palude melmosa. 
    Esso,  meriterebbe accertamenti in profondità , per misurare le caratteristiche fisico  e chimiche delle acque freatiche, la loro temperatura in profondità, ed  anche  il tipo di gas che vi si trovano  disciolti nei fanghi .
    Nell’area  denominata Vulcano di Palizzi  si può  osservare a quota 75 msm  un letto  fangoso  argilloso  con un   piccolo  Conoide di deiezione  .  
    L’interesse  è scaturito  da fenomeni di liquefazioni  del terreno, che poggia  su uno strato di  sedimenti clastici  limosi ed argillosi  con falde   acquifere salmastre e salse a varie profondità.   
    Detto  acquifero, costituisce  una rete in  realtà di piccole vene capillari   che  per vari modi può venire in  contatto coi gas nel sottosuolo, assumendo così delle superfici di  rigonfiamento che tendono  ad espellere  fanghi  in superficie.                                
    Si tratta  in realtà di fenomeni di vulcanismo secondario , ma che non  sono da sottovalutare, in quanto rendono  tutta l’area molto instabile e soggetta continuamente a modifiche di equilibrio  del terreno . 
    Sarebbe,  quindi, molto interessante studiare il   fenomeno in profondità, per capire   il tipo di gas, la sua concentrazione nell’acqua di falda, la sua  temperatura ed i parametri chimico fisici , utili  ai fini della ricerca .  
    Lo  studioso reggino si è poi soffermato su di un articolo pubblicato sulla rivista  scientifica "Nature" (6)   ,  dove, dalle ricerche effettuate  dal  Professor Pierre  Schiano dell’Università  francese  "Blaise Pascal" di Clemont Ferrant, risulta a tal proposito che “... l’Etna è in una crisi  d’identità che potrebbe renderlo più incline ai   fenomeni violenti eruttivi. Schiano   definisce  il  corso di 100.000 anni dell’Etna un  battito cardiaco geologico, l’Etna può  modificare il  deflusso magmatico, fino  ad espellere violentemente  i materiali lavici.“
    L'equipe  di Schiano ed altri  ha analizzato le  rocce magmatiche dell'Etna ricercando nei materiali provenienti dalle  profondità inclusioni minuscole della fusione, che contengono il magma  primordiale. 
    Questi oligoelementi cambiano mentre il magma si avvicina alla superficie terrestre. 
    Così  cambiando gli elementi chimici, (bario e neobio ad esempio ) il vulcano adesso  si sta trasformando in un vulcano ad arco simile ai vulcani delle isole  Filippine . 
    Questi  vulcani, si formano quando una zolla acquosa della crosta terrestre, viene  spinta sotto un'altra attraverso i movimenti tettonici , creando fusioni del  magma ed  esplosioni di vapore in  superficie . 
    Il  contatto dell'acqua col calore magmatico , produce pericolose eruzioni ed  esplosioni nei vulcani ad arco delle isole Filippine.       
    «Secondo  ancora il ricercatore Adam Risonanza del centro danese di litosfera a  Copenhaghen-prosegue Leonardo Tripodi - , ci deve essere un cambiamento  fondamentale nel sistema magmatico dell’impianto idraulico sotto l’Etna  e se questa transizione continua, il vulcano  potrebbe nel corso dei prossimi mille anni diventare un vulcano pericoloso con  eruzione ed  esplosioni violente ». 
    É  interessante questo articolo citato , perché in certo senso avvalora la  tesi  dello scienziato reggino Placido  Geraci , il quale scrisse  sul terremoto  calabro siculo del 28 dicembre 1908 .   (7)
    Per  spiegare la genesi dei terremoti calabresi e siciliani ricercò il fenomeno in  una teoria combinata , tectonica ed idropirica , o idrotermica .  
    E’ noto  che il grado geotermico è l’aumento di temperatura  al di sotto di quella invariabile  di un grado centigrado per ogni 33 metri di profondità  .  
    Scendendo  sempre di più verso il centro della terra, si arriva a temperature elevatissime  capaci di convertire in vapore grandi masse di acqua .  
    I magmi  lavici , secondo lo scienziato agirebbero sulle acque infiltrate senza bisogno  di giungere a profondità elevate per arrivare ad un  grado geotermico elevatissimo. 
    La  configurazione del suolo e la forte vaporizzazione poi sarebbero la causa  del  terremoto, così come si vede  accadere nelle mine, nello scoppio delle polveriere ecc . 
    Ha  concluso i lavori il prof. Renato Crucitti che ha trattato le tematiche  relative agli aspetti geologici del territorio calabrese e di quello reggino  .   
    I  principali rilievi della Calabria quali la Catena del Pollino, gli altipiani  della Sila, le Serre e Aspromonte hanno subito nel corso dei millenni delle  modifiche strutturali che hanno causato lo sprofondamento delle fosse marine:  l'Appennino calabrese è sepolto da una corazza cristallina estranea  (probabilmente di natura alpina), che sollevandosi ha creato diversi punti di  rottura dando origine alle faglie.  
  Periodicamente  la pressione che solleva la parte superiore del terreno diminuisce bruscamente  dando origine così ai terremoti ed un'altra causa di fenomeni sismici in  Calabria è la strozzatura esistente sull'asse S. Eufemia-Catanzaro. 












(1)    sismogramma da "La catastrofe sismisca  Calabro-Messinese 28 dicembre 1908", tavola XXVIII, Arnoldo Forni Editore,  1985;
    (2)    Focardi: spaccature nel terreno da  "Messina e Reggio prima e dopo il terremoto del 28 dicembre 1908",  pag. 263, Società Fotografica Italiana, Firenze;
    (3)    X volume del bollettino della società  zoologica, 1909 ;
    (4)    "La catastrofe sismica  Calabro-Messinese 28 dicembre 1908", tavola XXVIII, Arnoldo Forni Editore,  1985;
    (5)    "La catastrofe sismica  Calabro-Messinese 28 dicembre 1908", tavola XXVIII, Arnoldo Forni Editore,  1985;
    (6)   Tom Clarke, 30 agosto 2001, in rivista  "Nature";
    (7)   "Il terremoto calabro siculo del 28  dicembre 1908. I ristampa a cura dell’amministrazione provinciale 1928 .







