In un momento di transizione posto la bivio tra la chiusura, ormai da alcuni anni, della massima espressione culturale reggina, quella del “Francesco  Cilea” e la sua prossima apertura, secondo alcuni canali informativi, il Circolo Culturale L'Agorà, presieduto da Gianni Aiello, ha organizzato l' incontro avente come tema “La  storia del teatro a Reggio Calabria” .
La carta d’identità della struttura culturale reggina non può fermarsi alla datazione relativa all’edificazione dell’attuale struttura, ne tanto meno a quelle precedenti, come la costruzione del Real Teatro, avvenuto nella seconda restaurazione, e precedentemente durante l’amministrazione napoleonica.
Infatti secondo i dettami di una politica di rinnovamento messa in atto da Giuseppe Bonaparte e proseguita poi con Gioacchino Murat,  quando sostituì il primo  sul trono di Napoli .
Gianni Aiello nella sua breve introduzione ha voluto sottolineare che la “decimazione” delle compagnie teatrali nel reggino è dovuta anche alla mancanza di strutture  atte a studio-laboratorio per gli attori locali, molti dei quali, non  avendo, neanche la possibilità di avere degli spazi  di piccole dimensioni, sono costretti o ad emigrare o a chiudere la propria attività culturale.
Di seguito è stata effettuata  una breve analisi storica-culturale teatrale nel reggino, con la quale si è ricordato ai presenti che dei mali del “Francesco Cilea”  si  parla, ormai, da molto tempo, quasi un ventennio.
Le lancette dell’orologio, scandite dal relatore Francesco Votano, giornalista Rai, hanno compiuto un lunghissimo viaggio a ritroso nel tempo sino ad arrivare all'età della pietra .
In tale periodo la Calabria si presenta come un laboratorio nel mondo delle arti e dello spettacolo che per la sua centralità nel Mediterraneo era frequentatissima soprattutto da mercanti di ossidiana che incontravano la penisola nella loro rotta verso le Lipari, ricchissime di questa pietra industriale di origine vulcanica.
La presenza a Reggio e a Locri di grandi aree dedicate a santuari, probabilmente di dee orientali, come Semiramide babilonese e Iside  egizia, e la presenza delle colonie fenicie in  Toscana e Francia meridionale, confermano la centralità dello Stretto e  della città di Reggio, scalo per tutte le rotte marittime mediterranee, luogo di incontro di popoli diversi e emporio di grande importanza strategica.
L'invasione dorica, tra il 1100 e il 1000, portò molti artisti a emigrare dalla Grecia verso Ovest, quindi verso Reggio e Sibari, quest'ultima ebbe tra il 1100 ed il 510 a.C.ebbe cinque secoli di splendore e lo spettacolo sibaritico si sviluppò con il supporto  degli aedi e dei rapsodi, quest'ultimi a Locri verranno sostituiti dal lirico locale.
Il singolo artista verrà sostituito verrà sostituito dalle scuole di Musikè che nasceranno a Reggio e a Locri, con i musici Aristone da Reggio e Eunomo da Locri.
Uno dei poeti affascinati dalla Musikè locrese è Stesicoro che riformerà la lirica corale aggiungendo lo strumento della cetra atto a narrare  con “Iliupersis”  e “Nostoi” il ritorno a casa degli eroi troiani mentre con “Orestea”, in due volume, riprende l'opera di Xanto e il mito locale, mentre del ciclo tebano, molto diffuso a Medma, Reggio e Locri, abbiamo”Geroneide”, “Europeia”.
Il continuatore della tradizione della Musikè italiota è Ibico da Reggio, figlio di Fitios, noto legislatore reggino, la cui poetica risente dell'influenza di Esiodo, Xanto e Stesicoro.
Fu autore di diverse opere tra cui “L'isola di Diomede argivo”, “Ortigia”, “Canto per l'inclito nome di Orfeo”, “Ettore figlio di Apollo”, “L'enigmatica Cassandra”, “L'ultima notte di Troia”, “Achille e Medea”, “Primavera e Eros”, cantò la bellezza efebica durante la LXI Olimpiade (536-533) .
Se in Omero, il poeta era theios (divino), per Ibico la poesia ha un volto orgogliosamente umano.
Nel mondo italiota nasce lo spirito nasce lo spirito del comico e le prime forme dello spettacolo dionisiaco, ma anche hanno  vita le prime scuole di estetica dello spettacolo di  tutto l'Occidente ed un grande interprete fu il reggino Cleamene.
Reggio accolse gli esuli della scuola pitagorica e nello stesso periodo nasce la seconda scuola d'Occidente, quella estetica allegorica di Teagene che condizionerà tutto il mondo culturale dello spettacolo sia greco che italiota.
Con l'istituzione delle “Dionisie”,  in onore di Dionisio da Pisistrato, si assiste alla realizzazione del primo theatron dove si tenevano i primi agoni drammatici a fine gennaio per Dionisio, mentre nel periodo estivo si celebrava la festa di Atena con la recitazione dei versi di Omero.
A fine dicembre vi erano le Lenee, che si celebravano anche nei distretti, dove si rappresentavano sopratutto commedie e due sole opere tragiche, ed erano feste locali.
Essendo di ambito calcidese c’è da pensare che si tenessero anche a Rhegion, città da sempre alleata con Atene.
Quindi il teatro, nel mondo ellenico, assumeva al contempo una cerimonia di Stato e un rito religioso sin dal IV secolo a.C..
Di tutt’altra attitudine era l’atteggiamento che si aveva nei suoi confronti nel mondo romano, dove veniva considerato immorale, visto il conservatorismo che vigeva e nel 186 a.C. Roma  penalizza il mondo italiota con una “senatus  consultus”, in cui manifesta tutti i propri timori verso la cultura ellenistica, vietando il culto di Dionisio, i riti bacchicci e quindi gli spettacoli  e la penisola calabra comincerà ad essere emarginata dai grandi circuiti culturali, ad eccezione di Rhegium, dove gli spettacoli si tenevano sia all’Odeon di fattura alessandrina con capitelli corinzi e tribuna coperta, sia alle Terme di rada dei Giunchi, dove si esibivano i ginnasti. 
Spettacoli di fiere e di gladiatori si tenevano anche al theatron di Locri e Marina di Gioiosa Jonica.
Il percorso storico del relatore Francesco Votano scorre lungo i binari del tempo, si passa dopo gli antichi fasti al periodo cristiano ed alle processioni  interminabili dei fedeli che si recano nei luoghi di culto, dando vita alle prime forme di rappresentazioni sacre.
Nel IX secolo troviamo i cuntrovatori che allietano il pubblico con strumenti di fabbricazione araba, a Reggio in questo periodo troviamo i “Fiori” che sono i soli canti popolari, mentre nelle campagne si diffondono i “Rispetti”, che venivano accompagnati dall’uso della zampogna, mentre nei palazzi calabresi dei Signori Pignatelli, Spinelli, Caracciolo  e Ruffo si esibiscono cantori e compagnie girovaghe, nascono le prime maschere.
Il senso del comico e dell’ironia, l’esperienza antispagnola di Campanella, il naturalismo di  Telesio e Mattia Preti, indicano  una società in fermento e ricca di stimoli culturali.
Da queste esperienze nasce anche una maschera calabrese, che beffeggia modi e costumi dei militari
spagnoli che amministrano la regione, che rappresenta il capitano fanfarone, la maschera di Giangurgolo appare agli inizi del Seicento a Reggio, dove gli spagnoli erano in fuga.  
Da metà Seicento inizia il teatro a pagamento e nel secolo successivo il principe di Ardore, istituisce una struttura teatrale a Polistena , facenti dei cinque teatri dello stesso periodo in Calabria, come quelli di Catanzaro,Cosenza, Palmi e Terranova.
Nell’Ottocento la massima espressione del protoromanticismo calabrese è costituita da Nicola Manfroce di Palmi autore dell’opera”Ecuba” ed esordisce con la cantata “La nascita di Alcide”, il 15 agosto 1809 alla presenza di Gioacchino Murat, Re di Napoli, mentre nel 1810 a soli 19 anni,  presenta a Roma, al Teatro Valle l'opera “Alzira”.
Ha composto anche “Priamo”, “Tisbe” ed una grande cantata in due parti “Armida”, oltre a musica sacra, strumentale e vocale: morì giovanissimi il 9 luglio 1813 e l’autore palmese rappresenterà la fonte a cui attingerà il Rossini .
La provincia reggina annovera altri autori come il reggino Emanuele De Roxas che esordisce nel 1847 come compositore di “La figlia del sergente”, cui segue “Gisella” nel 1852 al Teatro Nuovo di Napoli.
Paolo Savoia nativo di Gerace, rappresenta al teatro partenopeo nel 1856 “Un maestro di musica e un poeta”, un’opera giocosa in tre atti.
Giorgio Miceli, reggino, esordisce diciassettenne al Teatro di Messina nel 1853 con “Zoè” e l’anno successivo ottenne un successo strepitoso con ben sedici chiamate al San Carlo di Napoli con “Il convito di Baldassare”.
Nel 1886 al Comunale di Reggio viene rappresentata “La figlia di Jefte”, due opere di Diego Vitrioli vengono presentate a Reggio al  “Garibaldi” nel 1895 una fiaba lirica in un atto “Per l’erede” e al Comunale un’operetta comica  in tre atti “Una notte a Costantinopoli”   .
Nel 1907 il Comunale ospita l’opera di Francesco Cilea “Adriana Lecouvreur” e nel 1927 al Teatro Adriano a Roma vengono rappresentate operette di Pasquale Benintende, di Catona, “La Festa delle
Vergini” e “Chi è l’autore”.
Per quanto riguarda le strutture bisogna dire che sulla traccia dei progetti del Re di Napoli, Gioacchino Murat, gli intendenti borbonici promossero la costruzione del primo teatro tatale il “Real Borbonico” a Reggio che venne inaugurato il 30 maggio  1818, mentre in  epoca successiva la città si arricchì di altri punti di aggregazione culturale come il teatro “Garibaldi” , inaugurato l’8 giugno 1895, ed il “Verdi” .
Dopo gli effetti devastanti del terremoto del 1908 la realtà reggina aveva come punti di riferimento teatrali il Politeama Siracusa, che sostituì il Comunale, ed ospitò nel 1927 Antonio De Curtis, in arte Totò.
Altre realtà erano lo “Splendor”, il  “Margherita” , il “Parisienne” , quest’ultimi adibiti anche a sale cinematografiche .
Il teatro Comunale tornerà a far parlare di se nel dopoguerra quando il 13 aprile del 1946  con l’esordio di Panz e la prima stagione ufficiale reggina fu inaugurata il 31 dicembre 1946 e per tutti gli anni Cinquanta, la qualità degli spettacoli fu altissima.
Tanto che nella stagione 1948-1949, la Rai fece una diretta radiofonica dello spettacolo al “Francesco Cilea”; l’8 novembre 1949 cantò Beniamino Gigli  e nella stagione 1949-1951 si esibirono la Callas, Gobbi, Massetti e Raimondi, mentre la prima stagione reggina di Rivista al “Francesco Cilea” si svolse nel 1946-1947 con Vanda Osiris, Rabbagliati, mentre nella stagione 1950-1951 vi  furono le presenze di Josephine Baker e Nino Taranto.  
Il Teatro Comunale “Francesco Cilea”, a metà degli anni cinquanta viene affidato a un impresario privato, Montesano,  e per alcune stagioni, la città dello Stretto, ospitò compagnie di buon livello artistico.  
A Reggio, il 15 dicembre 1956 esordì nel gruppo “L’intervallo”, il cantante folk reggino Otello Profazio, nel 1963 comparve il gruppo “Riarmo Morale”, nel 1966 Rodolfo Chirico e Ciccio Errigo fondarono il “Teatro stabile reggino”, mentre nel 1972 nasce il “Teatro Calabria”, nel 1973  il “Blu Sky” di Mimmo Raffa, mentre negli anni ottanta è la volta del “Teatro del Mediterraneo” , fondato dal relatore della serata .
È stato interessante scoprire fatti e personaggi della letteratura  teatrale reggina e delle sue trasformazioni avvenute nel tempo per giungere fino a noi con quelle stesse emozioni che si riavranno nel frequentare la  prossima apertura della prestigiosa struttura culturale cittadina, così come avveniva nel mondo Attico.
Un mondo, quindi,  che nonostante i gusti cangianti degli utenti, dovuti anche all’avvento di nuovi canali d’informazione, quali il cinema,  la televisione, internet, conserva, nonostante i millenni trascorsi, il suo fascino. 

ShinyStat
26 giugno 2003

F.VOTANO, “Il Real Teatro Borbonico (REGGIO:  La Cultura dell'emergenza)”;
F.VOTANO, “Storia dello spettacolo in Calabria”;
F.VOTANO, “I teatri moderni calabresi” .