


Presso la sede istituzionale di Palazzo San Giorgio  di Reggio Calabria, il Circolo Culturale “L'Agorà” ha presentato il volume dal  titolo “La storia del Camposanto di Condera” di Natale Bova. 
  La pubblicazione in argomento è il frutto di paziente  e variegate ricerche archivistiche che hanno impegnato l'autore per un lungo periodo,  nel corso del quale ha potuto sviluppare i diversi documenti ritrovati inerenti  sia gli aspetti storici che quelli architettonici della struttura cimiteriale  di Reggio Calabria.  
  Nel corso del suo intervento, il presidente del  sodalizio organizzatore Gianni Aiello ha evidenziato gli aspetti inerenti a:
  RIVOLUZIONE  FRANCESE fino a tale periodo la maggior parte dei morti veniva sepolta in fosse comuni,  o nelle cripte delle Chiese, dei Conventi:
  EDITTO  DI SAINT CLOUD (DÉCRET IMPÉRIAL SUR LES SÉPULTURES), emanato il 12 giugno 1804  da Napoleone Bonaparte. Con tale strumento legislativo si stabiliva che le  tombe venissero poste in aree distanti dalle zone abitate e che l'ubicazione  delle stesse posizionata in luoghi soleggiati ed arieggiati, tutto ciò al fine  di  evidente questione di igienico  sanitaria e tale decreto venne esteso in Italia il 5 settembre del 1806;
  NATURALMENTE a seguito di tale decisioni vi furono  delle “resistenze” in tal senso, come si può evincere dal carteggio relativo  alla “STATISTICA MURATTIANA” ; ASPETTI  ANTROPOLOGICI sempre da tali fondi si evince “dove solo si crede in  contatto colla divinità, con cui debbe in tal modo conciliarsi"
  altra DOCUMENTAZIONE  ARCHIVISTICA riguarda:
  in  numerose località, l'imperfetta chiusura delle tombe vizia talmente l'aria che  si respira in questi edifici religiosi, da provocare malori nei fedeli ed in  qualche caso i gas che si sprigionano causano addirittura la morte per asfissia  di qualche becchino intento alle operazioni di sepoltura;
   epidemie di colera;
  infiltrazioni  sospette delle falde acquifere che possono essere provocati dai cimiteri esempio   Laureana di Borrello (provincia di Reggio Calabria).
  I  cimiteri quindi – prosegue Gianni Aiello - devono essere considerati a pieno  diritto, essendo luoghi della memoria, come degli archivi, biblioteche a cielo  aperto, tra l'altro queste personali considerazioni sono confermate  dall'antropologo francese Jean-Didier Urbain è a partire dal XIX secolo che il  cimitero, in particolare quello europeo, diviene biblioteca, e le tombe  divengono libri; 
  RISULTA CHIARO che i documenti non sono cartacei ma  di tutt'altra fattezza ma gli stessi sono consultabili, in quanto in essi  risiedono diverse informazioni, come ad esempio la tipologia architettonica, la  varietà dei materiali usati, gli epitaffi lasciati sulle tombe, insieme ad  altri aspetti simbolici.
  QUINDI  dei documenti marmorei computabili, pensiamo alla  microepigrafia.
  Biblioteca, archivio, museo a cielo  aperto, ogni cimitero raccoglie tutti i ricordi, le memorie che vengono a  costituirne l'humus culturale,  vivificandolo attraverso il proprio linguaggio.
  IN BUONA SOSTANZA -conclude Gianni  Aiello - questi  sono alcuni degli elementi identificativi del lavoro di Natale Bova, frutto di pazienti ed elaborate  ricerche archivistiche.
La parola è passata a Natale Bova,  ricercatore  e segretario del Circolo  Culturale “L’Agorà” che durante il suo interessante relazione ha messo a  conoscenza dei presenti i risultati delle sue ricerche contenute nel saggio  storico in argomento. 

   
 
 27 novembre 2014
  
  
la conferenza