La politica di Roma, dopo essersi stabilizzata nel centro della penisola italiana, cominciava ad interessarsi per le sue mire espansionistiche ad intervenire nel Sud, spettando il  momento propizio che si verificò quando alcune città meridionali (tra cui quelle di Turio e di  Reggio) ne invocarono l’aiuto, preoccupate per le velleità di Taranto e di altre popolazioni limitrofe: si era verso l’anno 285.
Continuò ad avere magistrati propri, anche dopo la guerra sociale. Da una iscrizione del II secolo a.C. la città appare governata da un pritano e da tre subpritani con un’assemblea generale ed un consiglio, nonché da un’assemblea  intermedia.
Tale organizzazione si sarà trasformata in quella dei «quadriumviri quinquennales romani» quando ebbe la costituzione municipale,  o la denominazione di «Rhegium Julii» al tempo di Augusto .
Reggio anche nell’ambito dell’impero continuò a prosperare .
I Romani non potevano non difenderla e proteggerla, dato che costituiva un punto nevralgico di passaggio tra l’Oriente ed il Tirreno, e il ponte per la Sicilia .
Qualche tempo dopo il console G. Fabrizio Luscino, batteva Bruzi, Lucani e Sanniti, liberava Turio, lasciandovi a guardia un presidio. Lo stesso avveniva a Crotone e a Locri.
A Reggio poi era posta una guarnigione di 4000  uomini della legione campana, sotto le direttive di Decio Vibellio. Taranto e le altre città italiote ormai capivano che dovevano difendersi non solo dai Lucani e dai Bruzi, ma soprattutto dai Romani.
Si giunse alla guerra tra Taranto e Roma e che coinvolse le altre città italiote e che ebbe come grande protagonista Pirro, re dell’Epiro (280-275), chiamato in soccorso da Taranto.
La battaglia di Eraclea (280) vinta da Pirro, esaltò grandemente gli animi degli italioti e di altri popoli del Meridione, da fare loro sognare imminente il crollo di Roma. Sanniti, Lucani, Bruzi accorsero all’accampamento del vincitore. Locri e forse anche Crotone passarono pure dalla sua parte.
Anche a Reggio si progettava di fare lo stesso, ma Decio Vibellio comandante della guarnigione campana, messavi dai Romani, venuto a conoscenza del loro intento, assaliva la popolazione durante una festa, facendone grande strage, e quindi consegnava i beni e le donne ai soldati. (1)
Intanto i Romani, approfittando dell’assenza di Pirro dall’Italia, sconfissero i Lucani, Bruzi, Tarantini e Sanniti, rioccupando Crotone e Locri ed assicurandosi il dominio su tutta la costa jonica da Eraclea a Reggio. Nel 275 Pirro venne sconfitto a Maleventum (luogo che venne poi ribattezzato nell’odierna Benevento) e che fece precipitare in modo decisivo le sorti di Taranto.
Anche per i 4000 Campani di istanza a Reggio giunse il tempo di regolare i conti: nel 270 il console Cornelio Blasio, con l’aiuto della flotta siracusana, pose l’assedio a Reggio. 
I Campani, dopo una resistenza accanita, furono costretti ad arrendersi.
La punizione per il loro misfatti perpetrati contro la popolazione, doveva essere esemplare; i superstiti furono spediti a Roma, e il Senato li condannò a morire come scellerati.
Legati e battuti con verghe, furono decapitati.
Le città italiote, sotto l’amministrazione romana, pur restando libere nelle loro istituzioni, non riacquistarono più l’antico splendore.
Si giunse alla seconda guerra punica e per le città della Magna Grecia fu l’ultimo tentativo di uscire dalla "tutela" di Roma e di riconquistare l’autonomia perduta : e questo permise ad Annibale di condurre la guerra sul territorio italiano facendo insorgere contro i romani le popolazioni dei Sanniti, Lucani e Bruzi, ma questo tentativo non giunse a buon fine, in quanto non tutte le popolazioni raccolsero il suo invito.
Annibale assediò Reggio che resistette, mentre Locri (dopo aver fatto allontanare il presidio romano che si rifugiò a Reggio) gli aprì le  porte .
Nel 211 Annibale attaccò improvvisamente Reggio facendo molti prigionieri : essa diventò un punto nevralgico durante la  guerra e da essa i Romani iniziarono la riconquista della Lucania e del Bruzio, giungendo alla conquista della sguarnita Taranto ed alla vittoriosa battaglia di Metauro (207) che sancì la morte di Asdrubale.
Nel 205 anche Locri cadeva nelle mani delle truppe romane partite da Reggio.
La cittadina jonica venne soccorsa da Annibale che accorse dalla destra del Corace (Castra Hannibalis), per difendere il presidio punico rinchiuso nella rocca, ma dovette desistere all’arrivo delle nuove forze romane al comando di Scipione.
Dopo il secondo conflitto punico le città della Magna Grecia vennero assorbite dall’amministrazione romana che li considerò come guerre di conquista ed assunsero la dicitura di «ager publicus populi romani» : potevano essere vendute o date in fitto o assegnate a coloni .
Furono costruite diverse colonie a Crotone, Temesa, Ipponio e molte di esse assumevano le caratteristiche militari  rappresentando dei veri e propri avamposti, altre furono istituite per scopi pubblici e sociali .
Reggio si era sempre mantenuta fedele a Roma: infatti liberata dal presidio campano nel 270 venne dichiarata città federata; durante la I e la II guerra punica era diventata una piazzaforte di prim’ordine, e i Romani la difesero strenuamente sia contro i Bruzi che contro i Cartaginesi.
Essa conservò una completa autonomia, con leggi e tradizioni proprie e continuò a coniare moneta propria.
Come «socii navales» i Reggini dovevano partecipare alla formazione della flotta di Roma. Inseguito il tributo di Reggio fu ridotto a una sola trireme, quasi un simbolo.
É indicata spesso come metropoli del Bruzio e da alcune epigrafi del Basso Impero risulta che fu sede dei «Correctores» della Lucania e del Bruzio.
Così Reggio continuò la sua vita tranquilla, ma aggregata al destino di Roma seguendone le sorti.
Nel 410 Alarico la occupa.
Nel secolo seguente (545), durante la guerra greco-gotica, è assediata da Totila.
Difesa da un presidio bizantino, sostenne a lungo gli assalti degli Ostrogoti, poi, restata senza viveri, dovette arrendersi.
In quell’epoca, della Magna Grecia non si conservava che il ricordo.
Le città italiote erano state tutte latinizzate, parecchie di esse erano persino scomparse, mentre Reggio viveva e continuava a vivere, lo doveva alla sua posizione strategica nell’area dello Stretto.
Anche al tempo della guerra sociale (90-88), Reggio si mantenne fedele a Roma, per cui sostenne un assedio da parte degli italici, finché non fu liberata dall’esercito romano. 
In conseguenza a tale guerra, fu estesa la cittadinanza ai popoli italici, e le città che ne usufruirono ebbero il nome di «municipia civium romanorum»:Reggio fu una di esse.
I suoi abitanti, pur divenuti cittadini romani, conservarono per qualche tempo la propria lingua ed i propri costumi.
Scriveva infatti Strabone che ai suoi tempi (66 a.C – 24 d.C.) Reggio non si era imbarbarita, conservava cioè lingua e costumi greci.
Cosa che è confermata anche da diverse iscrizioni greche dell’epoca.
Anche Reggio però andava sempre più romanizzandosi, sebbene più lentamente che le altre città, come dimostrano le epigrafi latine che diventano più numerose con l’avanzare del  tempo.
Ottaviano Augusto, pur avendo evitato che il territorio reggino nel 42, fosse distribuito tra i veterani, sei anni dopo, nel 36, vi fece stanziare soldati della sua flotta con l’intento che la città restasse fedele alla sua parte e perché fosse incrementata la popolazione, senza però divenire colonia, ma restando con tutti i diritti municipio romano . 
Molto probabilmente fu allora che la città assunse la denominazione «Rhegium Julii», quasi a significare la protezione e il favore di Augusto. La statua innalzata in suo onore, il cui cippo col nome di «Augusti» (rinvenuto intorno agli anni’20), potrebbe esserne un segno, come pure l’avervi mandato la figlia Giulia per allontanarla da Roma a causa della sua vita disordinata .

9 febbraio 2000
ara romana ritrovata durante i lavori della edificazione del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria.
il percorso cartaginese
are del periodo romano
esempio di pavimentazione d'epoca romana.
terme romane
terme romane

(1) L'onda d'urto cartaginese nella penisola italiana:  da "I MONDI DELL'UOMO", Il Libro del Mondo -Verona, vol. IV,  pag. 55 - 1972.