
La nuova  edizione è stato un  viaggio itinerante  nel tempo e nello spazio atto a fare memoria e ricordare il passato come  esempio per l’attuale ed il futuro.  
    L'appuntamento  non ha mancato, vista la valenza dei relatori e le argomentazioni trattate, di  incuriosire il pubblico presente, segno che il tema trattato riscuote un certo  interesse indirizzato ad un passato lontano che potrebbe essere da esempio per  un presente che lentamente continua a perdere “la memoria” per tali antichi  fasti che se pur lontani potrebbero essere elementi di appartenenza collettiva  al contrario di quanto viene proposto come “altri miti”. 
    Dopo  l'introduzione di Gianni Aiello, la parola è passata allo storico locale  Monsignor Giovanni Musolino che ha argomentato su “Il servo di Dio Gesualdo  Melacrinò ed il passaggio dello Stretto”: lo studioso reggino, dopo aver  trattato nella scorsa edizione la figura relativa a San Francesco da Paola e  l’attraversamento della  striscia di mare  che sta tra lo costa reggina e quella peloritana, questa volta ha parlato di  una figura che ripercorse le gesta del santo paolano qualche tempo dopo. 
    «L'argomento  specifico relativo al passaggio dello Stretto non si capisce - esordisce lo  storico reggino - se non si fa un passaggio biografico dell'autore, quindi è  necessaria una  premessa per capire chi  era il personaggio. 
    Pochi  oggi lo ricordano ma ai suoi tempi fu un uomo di grandi virtù, operatore di  prodigi che lasciò una traccia straordinaria nella storia religiosa e civile» .
    Giuseppe  Marco Antonio Luca, oggi Venerabile Padre Gesualdo, nacque a Reggio il 18  ottobre 1725 a  Nasiti (Reggio Calabria) dal nobile patrizio Francesco e da Saveria Melissari. 
    Le sue  prime notizie risalgono all'assemblea che alcuni nobili reggini effettuarono  nella chiesa della Melissa (nei pressi della chiesa di San Sebastiano o del  Crocefisso ) e sotto la guidadel sacerdote Salvatore Votano dei padri  Filippini.
    Fu in  diverse parrocchie della diocesi e per alcuni anni visse a Terranova Sappo  Minulio nella Diocesi di Oppido, dove continuò la predicazione e dove rimase  celebre la sua flagellazione avvenuta alla conclusione delle “Sacre Missioni”  predicate a Molochio. 
    Si recò a  Milano, insieme a padre Bernardo Scappatura, per incontrare padre Gaetano da  Bergamo che era uno dei massimi esponenti della “Regola Minoritaria” del  periodo, ma giunto nella città meneghina ebbe la triste notizia che il famoso  studioso era morto da poco tempo. 
    Si dirige  a Ravenna, dove studia l'arte oratoria, poi a Firenze dove approfondisce gli  studi relativi alle materie letterarie, storiche e linguistiche come il  latino, l'ebraico, il greco. 
    Nel 1760  viene eletto Vicario della Fraternità dell'Eremo e l'anno successivo diede alle  stampe un lavoro dal tema “Opuscolo su le provvisioni del vitto e su 'l ricorso  a pecunia in ordine alla regola dei Frati Minori”. 
    Tra le  altre sue pubblicazione c'è un'importante testimonianza che riporta i tragici  eventi che travolsero il territorio, era il tragico “tremuoto” del 5 febbraio  del 1783, così descrive il Venerabile padre Gesualdo gli effetti di quel  cataclisma che sconvolse in modo rovinoso la superficie di diverse località  della regione, così viene riportato nel manoscritto “Memorie concernenti a'  Cappuccini specialmente di questa Provincia di Reggio, divise in quattro parti. 
    Nella  prima si apporta il modo di procedere tra noi ne' giudizi. 
    Nella  seconda le Ordinazioni de' nostri Capitoli Generali. 
    Nella  terza le Ordinazioni de' nostri Capitoli 
    Provinciali. 
    Nella  quarta l'origine de' Cappuccini di questa Provincia. 
    Applicato”  «... per un minuto, a mio avviso subissò  quasi la metà della Calabria Ultra. Io mio trovavo sotto S.Pietro di Mileto, di  ritorno dalle missioni di Catanzaro, nè mi potei reggere in piedi all'orribile  tremito della terra, e vidi da quel luogo in un momento diroccati tutti i  paesi, e far una fumata da Calimera sino a Seminara e Palmi inclusi. Nicotera e  la Motta solo restarono in piedi, ma il resto come Rosarno, Rizziconi,  Radicena, Polistena, Caselenuovo, Terranova, Melicucca, etc., tutti rovesciati.  Proseguendo il cammino, e giunti sotto il bosco di Mileto, alcuni viandanti ci  fecero tornare indietro, dicendoci che il   fiume di Mannella era impraticabile, per i  divallamenti del terreno, per cui si  accrebbero e si disordinarono. Tornati  indietro ci ricoverammo dentro un pagliaio, sotto Calimera.  E circa le ore sette un altro terremoto  ugualmente terribile finì di rovinare il rimanente dei paesi. Il sei febbraio  dunque, proseguendo il viaggio, vedemmo con orrore le stragi e gli stermini in  Rosarno e Rizziconi, dove non restò pietra su pietra, vedemmo l'immagine del  Giudizio. Quasi tutto il paese, non solo demolito, ma precipitato col suolo o  terreno nel fiume Marro. ... seguirono i terrori continuarono sino ad oggi, 11  marzo. Le nuove scosse più ci funestarono e funestano, vedono la rovina degli  altri paesi, di Reggio, Scilla, Bagnara, etc., Grotteria, Soriano, etc. ..  Oppido e Molochiello ebbero la sorte di Terranova.  ...   tra quelli che scamparono dal flagello, atri tirati subito, altri dopo  giorni dalle ruine, molti finirono la vita per mancanza di  cerusici, medici e medicine,e morirono  incancreniti per le contusioni e piaghe ricevute... ». (1)  
    Dalle  descrizione si evince la vena giornalista ell'autore, la sua opera caritatevole  verso i bisognosi, emerge la sua grande umiltà e dopo il terremoto del 5  febbraio 1783 molti conventi furono chiusi come quello dell'Eremo e padre  Gesualdo si ridusse a vivere in una baracca con il fratello don Candeloro. 
    Lo  storico Giovanni Musolino, dopo tale descrizioni e prima di parlare del  prodigio del passaggio dello Stretto, fa qualche accenno di alcuni prodigi,  come la moltiplicazione del pane, il passaggio di alcune fiumare in piena come  il Sant'Agata, il Corace   e l'Amendolea,  e tali particolari si riscontrano in alcune testimonianze pubblicate nel  “Summarium”.  
    Il  relatore passa alla descrizione del prodigio: «... doveva recarsi a  Messina perchè  doveva tenere un corso di predicazione  sull'Eucarestia nella Chiesa dei Filippini. 
    Quando  giunse a Catona i pescatori gli dissero che era impossibile effettuare il  traghettamento in quanto le   condizioni  del mare non erano buone ed il percorso era pericoloso: il venerabile  attraversò il tratto dello Stretto sul suo mantello adattato ad imbarcazione. 
    Quando  giunse a Messina, gli abitanti del luogo si meravigliarono del suo arrivo con  un mare così tempestoso e quando seppero delle modalità di navigazione  stilarono un atto notarile che documenta storicamente il fatto... ».  
    A tal  proposito nel "Summarium" leggiamo che :  «... pochi anni addietro un nostro paesano  a nome di Giuseppe Lipari, vecchio tuttora vivente, mi disse che il fu suo  genitore Fabrizio gli aveva raccontato, che un giorno avendo il Servo di Dio  tutta premura di recarsi in Messina per predicarvi la Divina parola, non  potendo mettersi in barca, perchè atteso il vento tempestoso nessun marinajo  aveva il coraggio di affidarsi alle onde, egli in nulla coraggiato spiegò sulle  acque il  suo mantello e detto a Fra  Mansueto (suo ordinario compagno) di seguirlo, tutti e due si commisero al  mare, ed in breve ora furono all'opposto lido. Il che recò molta meraviglia a  quei di Messina, perchè non videro legno dal quale fossero sbarcati, nzi i  Religiosi di quel Convento, che non conosco, vedendolo giungere furono  sorpresi, dacchè stante un mare così tempestoso non sapevano persuadersi come  egli avesse potuto ivi giungere... ».(2)  
    Il padre  Gesualdo Melacrinò morì a Fiumara il 28 gennaio 1803 e venne sepolto all'Eremo  ed il barone De Blasio di Ranieri gli fece ereggere il monumento nella chiesa  attigua.
    Lo  storico reggino conclude la sua relazione augurandosi che ne venga effettuata  la beatificazione viste le grandi virtù del religioso e che il medesimo possa  ascendere a gloria degli abitanti.
    La  professoressa Eugenia Musolino ha trattato “Il mito attraverso il simbolismo  pittorico”, il cui itinerario espositivo è stato supportato da immagini che  condurrà i presenti in un percorso atto alla spiegazione dei vari segni descrittivi  con i quali l’autrice ha voluto descrivere nei suoi lavori fatti e personaggi  che caratterizzano tale scenario culturale. 
    Sono  state sfogliate alcune delle pagine della mitologia classica impregnate dal  fascino che ha coinvolto la fantasia, i timori e le speranze di un glorioso  passato che ha avuto come sede naturale il Mediterraneo, crocevia di diversi  popoli e culture. 
    Il  fascino del mito riecheggia luoghi ed atmosfere tipiche di quella che fu la sua  culla naturale, Atene, dove l’artista reggina ha esposto nello scorso mese di  novembre presso l’Istituto Italiano di Cultura della capitale ellenica.  
    La  relatrice ha esordito dicendo che «Il mito rappresenta l'humus della cultura e  ci permette di guardare all'origine dell'universo, dell'uomo, dell'amore, della  parola, dell'inconscio, dando a questi eventi la veste divina. 
    La  sacralità  è fondamentale per  l'equilibrio tra ragione e inconscio. Parlare dei miti significa restituire  l'eros al logos». 
    Eugenia  Musolino è passata poi ad analizzare le stampe calcografiche che rappresentano  alcune storie del mito e che mettono in evidenza la sacralità. 
    Il sacro  inteso come concetto cosmico ed universale. Ogni evento della storia è un  richiamo al creatore. 
    L'iter -  spiega la relatrice - inizia e finisce con il ponte sacro: l'incarnazione  trascende il mito.
  Eugenia  Musolino con il supporto visivo commenta i suoi lavori che nel contempo  riflettono colori, fatti e personaggi del mondo del mito:








"Il dolore di Demetra": « La madre  Demetra, dopo che la figlia Persefone viene rapita dal dio degli inferi,  vagabonda per la terra alla ricerca della figlia. 
  La terra  muore: perché la dea non torna in cielo» .
"Persefone" : « La figlia di Demetra  rapita da Ade, dio degli inferi   (defunti) ha mangiato un chicco di melagrana ed ha interrotto il digiuno  per cui non era possibile il ritorno sulla terra.
  .Zeus  interviene e per sei mesi, la figlia sale sulla terra per rivedere la madre. La  terra fiorisce e ritorna fertile».

"Espero": « È il genio della stella  della sera che arreca il riposo della notte.  
    È la  saggezza del vecchio. É il nonno delle Esperidi, ninfe del tramonto» .

"La Dea Notte": «Adagiata e  seminascosta dal buio Angelo con una grande ala. 
    È figlia  del Caos.Genera una serie di astrazioni: il sonno, i sogni, la miseria,  l'inganno, la vecchiaia...» .

"Il giardino delle Esperidi" : « Esperia e Aretusa vivono nel giardino degli Dei per controllare con il drago Ladone l'albero dai pomi d'oro, frutti dell'immortalità» .


"L'albero dei pomi d'oro" : « La ricchezza delle radici è simbolo di una cultura possente.» .

"Elios" : « Non è Apollo. Appartiene  alla generazione dei Titani. È un ponte che lega l'oriente all'occidente. Il  carro è una conchiglia perché percorre il tratto notturno nell'oceano. 
  Il gallo  è il simbolo di Persefone  perché  "sveglia". Ma è anche simbolo  cristiano: Cristo sveglia anche l'umanità» .

"Il volo di Icaro" : « Minosse rinchiuse Dedalo e suo figlio Icaro nel labirinto. Per la libertà Dedalo costruì delle ali e raccomandò al figlio di non volare troppo alto nè troppo basso. Ma Icaro dimenticò la raccomandazione e cadde in mare. Il desiderio di scoprire ci spinge ad osare, ma la morte ci accompagna come nelle imprese spaziali» .

"La malinconia di Orfeo" : « Orfeo è musico e poeta. Il dolore e l'amore di Orfeo per la morte di sua moglie Euridice è così grande che gli Dei degli inferi hanno pietà. Ma egli non riuscirà a portate alla luce sua moglie. Alla morte di Orfeo la sua lira salirà in cielo e diventerà una costellazione.»

"Aracne" : « La giovane tessitrice dichiarò di essere più brava di Atena e la sfidò. Aracne fece un lavoro perfetto ed Atena lo stracciò.Aracne disperata s'impiccò.Ma Atena non le permise di morire e la trasformò in un ragno. L'orgoglio viene punito.»

"Apollo e Dafne" : « Figlio di Zeus era bellissimo. Cercò di violentare la ninfa Dafne. Fuggì sulla montagna e nel momento in cui Apollo l'aveva raggiunta ella chiese aiuto a suo padre il Dio Fiume Pineo che la trasformò in alloro, l'albero consacrato ad Apollo.»

"La nascita di Adone": « È una leggenda siriana. Il re di Siria sta per uccidere la figlia in cinta: gli Dei la trasformano in albero. La corteccia si aprì e ne uscì un bimbo che Afrodite chiamò Adone. Nell'incisione l'albero si allunga verso il cielo e alcuni rami sono senza foglie e di color nero; simboli di morte, poiché Adone viene ucciso nel bosco»

"La nascita di Pegaso" : «Pegaso è un cavallo alato nato dalla Terra fecondata dal sangue della Gorgone. Volò verso l'Olimpo e si mise al servizio degli Dei. Anche il cavallo diventa parte del progetto divino» .

"L'inganno di Ulisse": « Ulisse inganna. È il portatore di morte. L'inganno è il buio dell'intelletto.»

"Le sirene": « Anche le sirene ingannano per uccidere; perchè con il loro canto inebriante spingevano i marinai verso gli scogli ove la nave naufragava. I marinai morivano ed erano cibo per le sirene. Le sirene sono menzionate per la prima volta nell'Odissea. Esse hanno sembianze di donne-uccelli» .

"La passeggiata di Afrodite": « Afrodite dall'incedere elegante trascina la sua femminilità tra i manichini. Uomini indifferenti» .

"Ermafrodito": « Figlio di Hermes e Afrodite. La divisione maschile/femminile viene sanata nell'amore. È il ritorno all'unità cosmica» .

"Il vaso di Pandora": « È la prima donna creata da Efesto ed Atena per ordine di Zeus e per punire la razza umana alla quale Prometeo aveva dato il fuoco sacro. Zeus la invia per sposa ad Epimeteo fratello di Prometeo. Ella trova nella stanza un vaso che apre. I mali si riversarono sull'umanità, soltanto la speranza non potè scappare, essi sono rappresentati da un mostro con una coda con teste umane. Il mostro ha il dominio sulla carne..» .

"Le moire": « Esse sono la personificazione del destino di ciascuno in questo mondo».

"La vittoria di Eracle": « Eracle è l'eroe più popolare, egli compì le dodici fatiche: punizione per scontare la sua colpa.Vince il male rappresentato dall'uomo cinghiale. È un cammino rivolto al pentimento ed al cambiamento - rinascita» .

Ha  concluso i lavori il dott. Santo Gioffrè con “Il fondo Covala tra miti e guerre  per il suo possesso: lotta tra la famiglia De Leo ed il Comune di Seminara.” 
    Il  relatore prima del suo intervento ha voluto ringraziare il sodalizio reggino  per la meritoria attività svolta sul territorio ed ha evidenziato che si vive  in un epoca in cui spesso  arrivano dei  messaggi di cose fantastiche, belle, ma che poi non lasciano nessuna traccia. 
    Ha  parlato di una memoria persa tra le nebbie fitte dell'indifferenza di un'epoca  in cui la Calabria a e la sua storia, la sua cultura, rischiano di svanire tra  l'effimero  e la spettacolarità di eventi  mediatici che  nulla hanno da incidere o  possono sulla presa di coscienza del   senso di appartenenza che invece dovrebbe essere incentivato e divenire  fenomeno collettivo e potente deterrente contro l'oblio imposto dallo scorrere  del tempo.
    Lo studioso  reggino ha accennato alla parte tirrenica della provincia di Reggio Calabria  che risulta condannata allo spopolamento ed alla conseguente selezione negativa  della sua popolazione, aggredita da mali endemici come l'asfissiante presenza  mafiosa e l'imponente ripresa del fenomeno migratorio che porta via oltre le  persone, le idee e le identità e le speranze.
    «Parliamo  di una terra di miti, di quel complesso di pensiero, musiche e fenomeni che  fecero grande l'uomo greco e diedero corpo alla cultura occidentale..
    Li si  compì, in questa parte della provincia di Reggio Calabria, il mito di Oreste e  si consolidò il mito del toro   androprosopo (dal greco  - , uomo  e  , faccia), cioè  il toro con faccia da uomo.
    Li vi è  il fiume Metauro e li vi fu la città di Taureana dove il mito divento una  verità religiosa e di pensiero.
    Ma questa  sera non voglio parlarvi del mito di Oreste che se pur bello ed affascinante  deve lasciar spazio alla storia quella e vera ed altrettanto bella ma anche  triste e per parlare di tutto ciò devo fare una premessa storica che è la città  di Seminara che nel 1500 era la più ricca e popolosa della provincia regina con  i suoi 8.000 abitanti rispetto ai circa 4.000 di Reggio e con i suoi 16  istituti finanziari, un ospedale, cinta da mura possenti, con 3 accademie di  cultura, 33 chiese, ed era sede della Corte di Giustizia, che venne trasferita  nel 1580 da Reggio, un quanto venne devastata dalle invasioni turchesche, e vi  rimase in Seminara per dieci anni e poi trasferita in quel di Catanzaro,  mentre Reggio era demanio imperiale. Seminara  diede i natali a Barlaam. Loentio Pilato» 
    Il  relatore ha parlato di un documento storico di straordinaria importanza da lui  ritrovato durante alcune sue ricerche che si discosta dal mito in senso  classico ma che conserva il suo fascino di appartenenza, quasi leggendaria: da  una disputa legale del 1938 si risale, sfogliando le pagine della storia, non  solo locale a quasi quattro secoli prima. 
    Nel 1579  il duca di Seminara Scipione I Spinelli che aveva riunito  in se, con il matrimonio contratto con la  cugina Francesca Spinelli, principessa di Cariati, i rami della famiglia  Spinelli.
    Il nobile  reggino era un dissipatore, un violento e per queste sue attitudini fu  costretto a vendere, per i troppi debiti,   le obbligazioni dell'Università di Seminara, Sant'Anna e Palmi per  100.000 ducati a Fabrizio Ruffo, signore di Sinopoli e di Scilla.
    Questo  determinò una rivolta nella città della piana che sfociò nella cacciata degli  Spinelli da Seminara e nel contempo la popolazione del luogo costrinse  Fabrizio Ruffo a riscattare per egual somma  la città facendola divenire demanio pubblico.
    Questo  stato di cose determinò la crisi dell'erario dell'Università di Seminara per i  soldi che dovette raccogliere per riscattarsi che si aggravò negli anni  successivi in modo esorbitante anche perché tale crisi si inseriva nella più  complessa crisi finanziaria che fin dal 1557 aveva colpito la corona di Spagna,  ciò ne provocò la bancarotta e per questo nel dicembre del 1556 a Bruxelles avvennero  le dimissioni  da imperatore di Carlo V .
    Il  ricercatore continua la sua interessante discussione dicendo che « da questi  elementi parte la nostra storia, iniziata da   una diatriba del 16 maggio del 1938 e che  richiama   la storia di Seminara nel fondo Covala a far data dal 10 maggio 1594,  quando con un atto l'Università di Seminara per potere pagare i debiti del  riscatto delle sue terre con il principe Ruffo di Sinopoli vendette il fondo  Covala al duca di Bagnara don Carlo Ruffo». 
    Verso la  fine del 1700 l'Università di Seminara inizia una causa nei confronti della  famiglia Ruffo di Bagnara asserendo nella propria istanza  legale che l'atto compiuto nel 1594 era un  illegittimo, in quanto la vendita non poteva effettuarsi, visto che  l'estensione terriera era su un fondo demaniale, quindi non vendibile per  "difetto di solenni" (fondo  inalienabile = fondo demaniale) ritornando, apparentemente, in possesso  del predetto fondo Covala che è   quella grande estensione terriera che a  tutt'oggi è in gran parte  boschiva ed è  ubicato nei pressi dell'uscita  che  dall'imbocco autostradale di Bagnara porta in direzione di S.Eufemia lato  destro. 
    Scorrono  le pagine del tempo, si giunge nel  1806  (eversione della feudalità) quando il duca di Bagnara anche lui indebitato fu  costretto a vendere il fondo Covala alla famiglia De Leo che per una serie di  circostanze fece tornare in parte il terreno Covala alla città  di Seminara (la sezione colorata in rosso e  descritta nel documento) mentre (quella in giallo rimase ai De Leo).
    Il  terreno venne venduto a corpo e non a misura  i cui limiti così vengono descritti: «... il perimetro del  fondo inizia nell'area dell'Abbate, segue la  via di Aspromonte e 'nesci vicinu li mura di San Peri e 'di 'lla pressu limita  lu bosco di Solanu e pigghia la valle a 'ppèndino ditta la valle della Grutta e  nesci a lo fiume di Solanu ... » questi sono, invece, i confini che la famiglia  De Leo non riconosceva e che invece Seminara richiama a se : «... e dopo piglia  lo fiume predittu (lo Sfalassà [attuale   Solano]) e a 'ppèndino e nesci a lipassi sinu a li ponti e piglia lo  valloncello a munti e nesci a la Guardia [la fontana di Solano a Bagnara che  era zona di dogana] ... »  
    Le  conclusioni dell'avvincente vicenda giudiziaria, secondo il relatore  si conclusero con una transizione tra le  parti.
    Cala il  sipario sul palcoscenico di questa ennesima edizione che ha avuto il merito di  far conoscere ai presenti un altro importante spaccato di un periodo da  recuperare e che rappresenta la memoria storica dei nostri luoghi. 

(1) G.SINOPOLI, "Venerabile padre Gesualdo da Reggio Calabria orme di  santità", Mapograf, Chiaravalle Centrale, 2001, pp. 114-117;
    (2) G. SINOPOLI, opera citata. 


