Presso la sala conferenze dell'Aula Magna dell'Accademia di Belle Arti si è tenuto un incontro con il regista milanese Renzo Martinelli.
Il film accende i riflettori su una pagina “oscura” della Resistenza, come ha ricordato l’ospite del Circolo Culturale L’Agorà , il regista quarantanovenne nel corso dell'incontro: «Non c'è traccia nei libri di storia. Era tempo che se ne parlasse anche se gli unici due sopravvissuti a quei fatti, Mario Toffanin, che guidò l'eccidio, ci ha intentato una causa giudiziaria, mentre Aldo Bricco, il solo sopravvissuto di quel triste giorno, abita a Pinerolo e non vuole rilasciare nessuna dichiarazione di quei tristi giorni » .  
I lavori sono stati introdotti da Gianni Aiello ed a seguire da Gianfranco Cordì che si sono soffermati sul valore storico dell'opera di Martinelli e sulla impossibilità di qualsiasi giudizio sulla stessa.
Lo stesso regista ha introdotto la visione del suo film “Porzûs” parlando del ruolo della storia, del fare cinema con la storia come protagonista e quindi del modo di trattare documenti (nel caso in questione del tribunale di Lucca) e altri materiali per trarne una sceneggiatura.
Ha seguito la proiezione del film che rappresenta una pagina sconosciuta della Resistenza italiana relativa all'uccisione, avvenuta il 7 febbraio del 1945, di un gruppo di partigiani cattolici da parte di una formazione comunista : a Porzûs un centinaio di “gappisti” comunisti guidati da Mario Toffanin, il comandante Giacca (ora ottantaseienne), condannato nel 1952 per strage, (dove trovò la  morte anche Guido Pasolini, fratello di  Pierpaolo) che al servizio delle truppe slovene massacra 22 partigiani della brigata “Osoppo” . 
Il regista Renzo Martinelli ha ricostruito i fatti del suo film sulla base degli atti processuali basandosi principalmente su quello di Lucca relativi al biennio 1951-52 .     
Ventisette anni dopo, siamo nel 1980, due vecchi partigiani tali Geko, ispirato alla figura di Mario Toffanin, detto "Giacca" (Gastone Moschin) all'epoca comandante che ordinò la strage  e Storno (Gabriele Ferzetti) si trovano a iscutere intorno ad un tavolo sui tristi ricordi relativi a Porzûs, località del comune di Attimis, in provincia di Udine, dove i componenti della brigata Osoppo erano stati accusati di tradimento e di collaborazione con i fascisti per aver ospitato in un loro rifugio una donna sospettata di fare la spia per il nemico (Giulia Boschi)
Per quella strage, alla fine del secondo conflitto mondiale Toffanin ed i suoi commilitoni vennero processati ed il primo condannato all'ergastolo poi amnistiato nel 1978 dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, anch'egli ex partigiano . 
Il Toffanin vive in una località della Slovenia ricevendo una pensione minima dallo Stato italiano. 
In alcune interviste ha dichiarato (come durante le sequenze del film viene ripetuto) che non si sia mai pentito di quello che ha fatto; anzi rifarebbe tutto ciò che fatto in quel triste giorno del 7 febbraio del 1945 .
In quel gelido inverno di  cinquantaquattro anni addietro degli esseri umani (indipendentemente dalla nazionalità e dal loro ideale politico di  allora) finirono nell’atroce buco nero delle foibe per mano delle truppe jugoslave che in quel periodo invasero il Friuli Venezia Giulia : la strage di Porzûs nasce da queste premesse .
Un tempo la parola “foiba” apparteneva quasi esclusivamente tecnico di  geologi e speleologi.
Oggi, forse, conosciuta a seguito del lugubre significato di orrore e di morte.
L'altopiano roccioso del Carso, che si estende su notevole parte della Venezia Giulia, è da paragonarsi ad una immensa groviera.
Il suolo è costellato di numerose voragini - ne sono state censite circa 1700 - che sprofondano per centinaia di metri nelle viscere della terra, spesso percorse dalle acque che si gettano negli abissi  per riaffiorare in superficie come ricorda anche il poeta latino Virgilio nella sua maggiore opera epica l“Eneide” .  
Sia le foibe istriane che quelle  del Carso divorarono italiani, tedeschi ed anche sloveni antititini. 
E alle foibe si aggiunsero le deportazioni per altre migliaia di sfortunati essere umani, molti dei quali non conobbero la via del ritorno. 
Ed a tal proposito su quei tristi  40 giorni dell'occupazione jugoslava Diego De Castro, che fu rappresentante italiano presso il Governo militare alleato a Trieste ebbe a dichiarare :  «  ...  forse non è inutile ricordare agli altri  italiani quali furono gli orrori dell'occupazione jugoslava di Trieste e dell'Istria : gli spari del maggio 1945 contro un corteo di italiani inermi con cinque morti e innumerevoli feriti, le razzie di miliardi di allora nelle banche, nelle società, negli enti pubblici .  A tutti i nostri connazionali è ormai nota la lugubre  parola  foiba  e   tutti  sanno  che cosa  sono   i  campi  di   concentramento
Ritornando alla pellicola di “Porzûs” bisogna dire che rappresenta una brutta pagina della storia partigiana e la visione del film è stato un momento valido per  una seria e serena riflessione da parte dell’utenza, atto, quindi ad educare anche le nuove generazioni in modo di riuscire ad avere una giusta visione della storia , in modo che diventi anche lezione per il presente e quindi oggetto di pensiero
Alla fine dello stesso il regista si è prestato ad un dibattito con il pubblico.
Numerose e qualificate sono state le domande che hanno aperto un breve ma interessante dibattito.

ShinyStat
20 aprile 1999
la locandina del film “Porzûs