
Dopo l'introduzione di Antonino  Megale che ha fatto un breve ma significativo excursus sul tema oggetto della  giornata di studi organizzata nell'ambito dei "Pomeriggi Culturali",  la parola è passata a Gianfranco Cordì.
  Il punto d’incontro che mette  d’accordo storici e sociologi a riguardo i natali della globalizzazione è il 9  novembre del 1989 data in cui si assistette alla caduta del muro di Berlino  che, tra l’altro, spiega Gianfranco Cordì è stata anche il decesso del sistema  di economia centralmente pianificata.
  Da questo stato di cose –  continua il relatore – si assiste ad una nuova forma di economia del  mercato, il capitalismo diventa globale e si  trasforma in un unico impianto economico, a ciò   l'intervenuto fa dei chiari riferimenti a Carlo Galli.
  Da quel momento si è assistito ad un flusso di  contatti tra culture variegate ma anche ad una politica atta alla “conquista”  di nuove e consistenti fette di mercato ad opera delle multinazionali.
  Questo fenomeno ha radici  antiche, infatti il relatore – nel corso del suo intervento – si riallaccia a  quanto asseriva nella presentazione Antonino Megale e cioè riferendosi a dati  cronologici relativi ai secoli passati, come ad esempio l’Impero Romano  d’Occidente, la sua caduta nel 476 d.C: il confronto tra due realtà ciò che  restava di quella romana e la nuova spinta che veniva dall’Est europa ad opera  di Odoacre.
  Ritornando a date più recenti e  nella fattispecie all’altra data simbolica, quella della caduta non solo del  muro che divideva la città di Berlino posta ai confini tra la Repubblica  Popolare e quella Federale, bisogna dire con tale crollo si abbatté anche  l’ossatura del sistema sovietico, del suo sistema economico pianificato, quindi  il blocco comunista.
  Prima di tali fatti, c’è da  rilevare la suddivisione non solo politica ma anche economica generata dalla  conseguenze del secondo conflitto mondiale, scaturito in due blocchi avversi:  gli stati satelliti degli Stati Uniti (blocco occidentale) e quelli che ruotavano  intorno all’Unione Sovietica (blocco orientale). 
  Dopo la fine del secondo  conflitto mondiale, capitalismo e socialismo si erano affermate come  ideologie contrapposte all'interno dello  scacchiere mondiale. 
  Gianfranco Cordì riferendosi alla  data del 1989 ricorda ai presenti che essa non solo rappresenta il crollo  simbolico dei due blocchi che in quella architettura divisoria vi era la  divisione tra capitalismo e socialismo, ovvero democrazia e comunismo.
  Il 1989 rappresenta quindi  l’icona della fine del comunismo e la conseguente capitolazione del socialismo  reale nell’Unione Sovietica, a testimonianza di ciò sono i segnali dati dalla  perestrojka e della glasnost condotti  da  Michail Gorbaciov, eletto segretario generale del PCUS nel 1984.
  Da queste cifre storiche –  prosegue il Cordì – il capitalismo rappresenta l’unica ideologia sia politica  che economica rimasta operativa e, naturalmente dominante sull’intera scena  mondiale, ponendo anche degli altri quesiti come la nuova posizione della  destra  e della sinistra: «Il mondo  presente (diretto e regolato da un capitalismo ormai senza freni ed ordinato  dal potere delle industrie multinazionali) richiede e desidera una “sinistra”  ed una “destra” di quale tipo?».
  Ma il relatore ha posto la sua  attenzione anche su altri dati storici come il dominio incontrastato delle  multinazionali che rappresenta una sorta di nuovo colonialismo, ma ha anche  posto l'accento su altre situazioni come quelle riferirete alle nuove di  contestazione organizzate da alcuni movimenti    come ad esempio i "no-global" ,i "black-block", non  dimenticando il famoso attacco dell'11 settembre alle Twin Towers.
  Gianfranco Cordì conclude la sua  interessante relazione dicendo che «la perspicua attenzione alle problematiche  del singolo, io credo, rischia di far perdere di vista tutto quanto  l’universale. 
  Ed inoltre, l’accento posto solo  sulle dinamiche di mercato potrà incorrere nel pericolo di far smarrire lo  specifico, il particolare.
  Come dire, la “sinistra”  conoscerà a menadito che cos’è la “giustizia sociale” (ed il Welfare State) ma  rischierà di smarrire l’idea del governo di un paese. La “destra” conoscerà  ogni segreto della Banca Mondiale ma potrà dimenticarsi di come gli uomini si  uniscono all’interno di una democrazia.
  D’altronde per “sinistra” e  “destra” la situazione attuale richiederà comunque delle politiche che siano  coerenti con la loro storia ed il loro patrimonio ideale.
  Forse il rimedio a ciò per  entrambe potrebbe essere quello di cercare di non trascurare proprio ciò che  hanno la ventura di stare trascurando oggi.
  Si tratta di una sfida che ha  dimensioni nuove e inaspettate.
  Come nuove e inaspettate sono  oggi le dimensioni che hanno assunto l’industria globale ed il capitalismo.
  Una volta ammesso che il  fondamento della diversità fra “sinistra” e “destra” rimane sempre il principio  di uguaglianza fra gli uomini, perché non pensare che l’inizio di una  riflessione davvero puntuale ed incisiva sull’industria globale ed il  capitalismo non possa riuscire a diventare il terreno d’incontro appunto di  questo: “ciò che hanno la ventura di stare trascurando oggi?» 




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