Proseguono gli incontri relativi al progetto “Il centenario della grande guerra” a cura del Circolo Culturale “L'Agorà”, presieduto da Gianni Aiello, che per la valenza ed il significato di tale programma quadriennale 2014-2018 ha ricevuto l'Alto Patronato delle Ambasciate di Austria, di Ungheria, della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca.
Il sesto incontro, organizzato dal sodalizio culturale reggino, si basa sulla presentazione di un saggio storico dal titolo “Neutralismo” cattolico e socialista di fronte all’intervento dell’Italia nella 1ª Guerra Mondiale”.
C'è un filo conduttore tra questa conferenza e quella del 15 maggio quando venne presentato un altro volume dal titolo “Il Corriere di Calabria, e l'opinione pubblica reggina nella grande guerra (1914-1918)”.
Le due giornate di studi sono accomunate dalle pubblicazioni in argomento che a suo tempo furono due tesi di laurea discusse da due giovani studenti reggini.
La prima venne esaminata nella Facoltà di Lettere Classiche dell'Università di Messina nel 1967 , mentre quella relativa all’incontro odierno venne discussa da un altro giovane studente universitario reggino nell’anno accademico 1965/1966 con il Chia.mo prof. Giuseppe Catalano.
L’incontro organizzato dal sodalizio culturale reggino è stato curato dal socio del Circolo Culturale “L’Agorà” Antonino Megali, il quale ha fatto una panoramica sul tema in argomento.
Un tema questo che divise la Penisola riguardo l’entrata o meno in guerra dell’Italia e per queste motivazione il Paese fu separato su tali intenti: da una parte c’erano gli interventisti che indirizzavano le proprie linee programmatiche rivolte all’ ingresso dell’Italia in guerra, con l’intento di recuperare le aree territoriali un tempo appartenuti all’Italia.
Mentre l’altra scuola di pensiero era rivolta a condannare apertamente ad una politica di non belligeranza come dimostrato da diverse strati della popolazione italiana, quali la classe operaia di indirizzo socialista e quella contadina che era stata fortemente influenzata dalla posizione della Chiesa.
E da quanto sopra evidenziato che nella penisola italiana il dibattito sull'opportunità di un intervento assunse toni alquanto sostenuti sia per convenienza politica che per principi religiosi.
Antonino Megali prosegue il suo intervento evidenziando che sono trascorsi cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale o Quarta Guerra di Indipendenza per chi la considerò l’ultimo capitolo del Risorgimento, ma registrata come Grande Guerra, che provocò il crollo di imperi secolari (la Germania, la Russia, l’Austria-Ungheria, l’impero Ottomano) e causò la morte in combattimento di quasi dieci milioni di morti e venticinque milioni di feriti.
L’Italia ebbe circa 600.000 morti, dei quali circa ventimila furono il contributo della nostra regione: la Calabria.
Com’è noto dopo l’attentato a Sarajevo del 28 giugno 1914 che costò la vita all’arciduca Francesco Ferdinando nipote di Francesco Giuseppe e della moglie Sofia, l’Austria, un mese dopo, dichiara guerra alla Serbia.
L’Italia pur essendo legata a Germania e Austria-Ungheria dalla cosiddetta Triplice Alleanza, proclamò, presidente del Consiglio Antonio Salandra, la neutralità, ritenendo aggressiva la mossa dell’Austria. 
Luigi Albertini,mitico direttore del Corriere della Sera, sintetizzò così la nostra posizione nella Triplice:”Eravamo alleati per non essere nemici, ma l’inimicizia prorompeva ad ogni istante malgrado l’alleanza”.
In realtà dopo lo scoppio del conflitto il ministro degli esteri Sidney Sonnino iniziò le trattative sia con gli alleati, sia con l’Intesa per verificare quale delle due parti belligeranti offriva maggiori vantaggi.
I dieci mesi che intercorsero tra l’inizio della guerra e l’intervento dell’Italia, videro un continuo confronto tra i favorevoli e i contrari all’ingresso nel conflitto.
“Neutralismo” cattolico e socialista di fronte all’intervento dell’Italia nella 1ª Guerra Mondiale” è appunto il titolo della tesi di Laurea di Fortunato Aloi oggetto della nostra presentazione.
Neutralismo, sostiene l’autore, è un fenomeno legato al periodo immediatamente precedente la Prima Guerra Mondiale mentre la neutralità presenta due aspetti, l’uno temporaneo e permanente l’altro, il neutralismo non è che una forma di neutralità momentanea, legata cioè ad un particolare avvenimento storico.
Da qui “la necessità di dare al neutralismo un significato sì di carattere sostanziale, ma, nel contempo, globale di modo che ci possa consentire di cogliere questo fenomeno nelle sue diverse componenti”.
I neutralisti sono la maggioranza,ma non riescono ad amalgamarsi e costituire un’unica forza, anche perché le motivazioni che li spingevano a questa scelta erano diverse e, talvolta contrastanti.
Ricordiamo brevemente chi furono gli interventisti e si capirà perché prevalse la loro scelta nella Nazione.
Per l’intervento si schierarono i Futuristi nella loro quasi totalità, i socialisti riformisti come Bissolati e Bonomi e il dissidente Salvemini, i sindacalisti rivoluzionari come Rossoni e Filippo Corridoni, gli irredentisti come Cesare Battisti, anch’egli socialista, impiccato dagli austriaci con l’accusa di alto tradimento.
Poi i gruppi liberali di Salandra e Sonnino con il Corriere della Sera diretto da Albertini.
Aderirono ancora intellettuali di prestigio come Gentile, Prezzolini, Papini, Einaudi, d’Annunzio, Amendola.
Per l’entrata in guerra si schierarono pure Mussolini e Nenni, allora repubblicano. un mese prima i due furono protagonisti della cosiddetta “settimana rossa”scelsero la via dell’intervento.
Per inciso insieme avevano protestato contro la guerra di Libia qualche anno prima e insieme arrestati e condannati a cinque mesi di prigione che sconteranno nel carcere di Bologna.
Il neutralismo, per tornare alla tesi di Aloi, affondò le proprie radici nelle forze socialiste e cattoliche, anche se per motivi diversi.
In Francia invece, i socialisti furono per l’intervento, tranne la corrente che faceva capo a Jian Jaurès, ucciso da uno studente qualche giorno dopo l’entrata in guerra e che qualcuno volle definire “la prima vittima della guerra”.
Vale la pena ricordare la posizione di Benedetto Croce, che non dava torto né agli interventisti né ai neutralisti, ponendosi in una posizione d’attesa simile allo slogan dei socialisti Lazzari e Serrati, “né aderire né sabotare”.
Aloi, a proposito del neutralismo socialista, mette in rilievo che, pure con qualche distinguo, il partito fu per la più assoluta e decisa neutralità.
A guerra iniziata un manifesto socialista del 21 settembre 1914 ribadisce questo concetto ed afferma che la guerra “rappresenta la forma estrema, perché coatta, della collaborazione di classe”.
E l’Avanti, in un articolo, scrive senza mezzi termini:” né oggi né mai, né un uomo, né un soldo per la guerra della borghesia”.
Ancora nel 1916 un socialista inveiva contro la guerra mirante, secondo lui, ad “annettere rupi trentine e caverne del Carso”.
Un anno dopo  toccava a Treves gridare:” questo inverno non più in trincea”.
Dopo aver esaminato la posizione ufficiale dei socialisti, Aloi dedica alcune pagine alle forze, di diverso orientamento favorevoli alla guerra .
E accenna all’interventismo di Bissolati e soprattutto alla corrente sindacalista rivoluzionaria di Corridoni, che pur essendo marxisti, si sentivano legati alla tematica rivoluzionaria di Sorel  e Oriani.
Il sindacalismo rivoluzionario tenderà ad assumere- in contrasto col socialismo riformista- posizioni individualiste e libertarie.
Più vario e con diverse sfumature fu l’atteggiamento neutralista del mondo cattolico di fronte alla guerra.
L’episcopato cattolico invitò i fedeli ad obbedire e a fare il proprio dovere rispettando l’autorità dello Stato .
Pochi furono i vescovi neutralisti e pochi quelli che assunsero atteggiamenti nazionalistici.
Fu istituito il ruolo di cappellano militare per assistere i combattenti. Vi furono anche preti soldati addetti alla sanità, come Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII .
L’allora pontefice Benedetto XV fin dalla sua prima enciclica invita a prendere coscienza dello”spettacolo che presenta l’Europa, e con essa tutto il mondo, spettacolo il più tetro forse e il più luttuoso nella storia dei tempi”.
In seguito propose la sospensione dei combattimenti durante il periodo di Natale e continuò a lavorare per la pace ricordando ai reggitori delle nazioni il mondo”fatto ospedale e ossario”. del 1917 la famosa definizione della guerra come ”inutile strage” e l’invito a tutte le potenze di un programma di pace che non ottenne risultati.
In Germania fu giudicato favorevole alle altre potenze, mentre in Italia e Francia la proposta di pace favoriva la Germania, tanto che il primo ministro francese Clemenceau definì Benedetto XV il “Pape boche” (il Papa tedesco).
Bisogna riconoscere che in questa sua costante ricerca di pace, il Papa evitò qualunque atteggiamento che potesse essere interpretato favorevole ad una delle potenze belligeranti e qualunque accenno che potesse apparire un invito alla obiezione di coscienza.
Decisamente diversa la posizione della Chiese in Francia che, pur laica nelle istituzioni, vide il clero fare propaganda per la mobilitazione usando accenti di stampo nazionalista .
E fu un padre domenicano Antonin-Dalmace Sertillanges che predicando nella chiesa della Madeleine di Parigi gridò al  Papa:”Santo Padre noi non vogliamo la vostra pace”.
Queste varie posizioni sono attentamente esaminate da Aloi con puntuali riferimenti a illustri storici, pubblicazioni come Civiltà Cattolica e Vita e Pensiero, e a citazioni di autorevoli  esponenti cattolici.
Il suo giudizio finale è che i cattolici mantennero, nei confronti della guerra, un atteggiamento sereno e responsabile.
E ciò torna, secondo l’autore, ad onore del mondo cattolico.
Dopo l’intervento di Antonino Megali, la parola è passata all’autore del saggio storico “Neutralismo” cattolico e socialista di fronte all’intervento dell’Italia nella 1ª Guerra Mondiale”, l’Onorevole Fortunato Aloi.
La prima guerra mondiale costituisce – e ciò va detto senza riserva – il completamento del processo di unificazione nazionale.
Con essa si chiude la “vicenda” risorgimentale tant’è che, a ragione, lo storico Gioacchino Volpe la definisce la IV Guerra d’Indipendenza.
Ciò potrebbe fare pensare che l'intervento in quell'importante evento sia stato salutato con il sostegno di tutto un popolo e delle varie forze politiche, sindacali e sociali.
La realtà è invece diversa: lo scoppio di quel conflitto avvenne il 28 giugno del 1914, data in cui l'Austria dichiara guerra alla Serbia.
Il casus belli è stato determinato dall'uccisione a Sarajevo dell'Arciduca Francesco Ferdinando.
E da lì scaturiscono tutta una serie di conseguenze che vedono lo scontro tra le varie potenze europee.
Da una parte gli Imperi Centrali e dall'altra Francia,Germania e Russia .
L'Italia che a suo tempo aveva stipulato un trattato con la “Triplice” non viene minimamente “informata “dell'attacco alla Serbia  e poi gli accordi – prosegue l'onorevole Aloi – avevano, per l'ingresso in guerra dell'Italia, carattere difensivo.
Pertanto il 2 agosto 1914 dichiara la propria neutralità.
Anche e perché c'era di mezzo il completamento dell'unità nazionale e l'Austria costituiva per il possesso di  terre italiane un ostacolo a questo fine.
Ed in questo contesto, malgrado qualche proposta di integrazione territoriale, da parte dell'Austria, il 26 aprile 1915 viene sottoscritto il Patto di Londra (ingresso entro un mese in guerra dell'Italia al fianco dell'Intesa, ed in cambio avrebbe ricevuto, in caso di vittoria, il Trentino, il Tirolo meridionale, la Venezia Giulia, l'intera penisola istriana ad eccezione di Fiume, una porzione della Dalmazia, in gran numero di isole ubicate nell'Adriatico, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, in aggiunta la convalida della sovranità su Libia e Dodecaneso.
Il trattato londinese venne redatto dal marchese Guglielmo Imperiali, ambasciatore italiano nella capitale britannica, Sir Edward Grey per il Regno Unito, Pierre Paul Cambon per la Francia e dal conte Alexander Benckendorff per l'Impero russo.
In Italia si veniva a determinare un clima alquanto acceso caratterizzato dalla formazione di due schieramenti dagli intenti alquanto diversi, essi erano i NEUTRALISTI e gli INTERVENTISTI.
Dei primi facevano parte: Socialisti, parte dei Cattolici come Don Luigi Sturzo, Ottorino Gentiloni, Gaetano Della Torre, Guido Miglioli, Filippo Meda e Liberali Progressisti come  Giovanni Giolitti, Benedetto Croce, Francesco Saverio Nitti .
Da non dimenticare i Socialisti “ortodossi” come Anna Kuliscioff, Giacinto Menotti Serrati, Filippo Turati,Enrico Ferri, Camillo Prampolini, Costantino Lazzari.
Sul fronte opposto erano collocati: Nazionalisti di Enrico Corradini, Gabriele D’Annunzio, Francesco Coppola, Alfredo Oriani, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Eduardo Scarfoglio, Gioacchino Volpe.
I socialisti riformisti, i liberali conservatori come il Presidente del Consiglio Antonio Salandra ed il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, Luigi Albertini, Vittorio Emanulele Orlando, Gaetano Salvemini (interventismo democratici con i Futuristi di Umberto Boccioni e Filippo Tommaso Marinetti, secondo i quali la guerra era definita come “solo i sindacalisti rivoluzionari come Arturo Labriola, Filippo Serra, Edmondo Rossoni, Alceste De Ambris, Michele Bianchi, Benito Mussolini, Guido Podrecca, Roberto Farinacci, Angelo Oliviero Olivetti.
Gli Interventisti Democratici come Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi, Eugenio Chiesa, Damiano Chiesa, Giuseppe De Felice Giuffrida, Enrico De Andreis, Gaetano Salvemini, Cesare Battisti (capo dei socialisti irredentisti del Trentino) e nella sfera degli “irredentisti” vi erano anche alcuni ex esponenti del partito socialista, a cominciare dal futuro primo ministro Bonomi, e del partito radicale.
Un mondo variegato come nel caso dei “sindacalisti” rivoluzionari che vennero espulsi nel Congresso di Firenze del 1908 e poi quattro anni dopo (1912) nel Congresso di Reggio Emilia fu la volta dei socialisti riformisti (Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi) e tali esclusioni avvennero all'interno dell'Unione Sindacale Italiana (USI) che come altre sigle sindacali di quel periodo vissero l'onda dell'interventismo
ed a seguito di tali situazioni seguirono altre espulsioni come quelle di Alceste De Ambris, Filippo Corridoni e, in un primo tempo, Giuseppe Di Vittorio), e la sigla sindacale dell'USI proseguì i suoi intenti antimilitaristici grazie agli impegni profusi da Armando Borghi ed Alberto Meschi .
Il Parlamento italiano non era favorevole all'intervento bellico: la Camera era chiusa, ma il Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia  Giovanni Giolitti – di fronte alla piazza mossa dagli interventisti- arriva da Torino: 320 deputati gli attestano la loro solidarietà.
Incontro con il Re Vittorio Emanuele III che però aveva accettato il Patto di Londra del 26 aprile del 1915.
Il 3 maggio dello stesso anno era stato denunciato il Trattato della Triplice Alleanza
e successivamente apparso sul quotidiano russo di San Pietroburgo Izvestija , insieme ad altri documenti diplomatici riservati inerenti a tale concordato.
Il 13 maggio il Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia Antonio Salandra rassegna le dimissioni che vengono respinte.
La settimana successiva, il 20 maggio la Camera vota i pieni poteri al Governo.
Il 24 maggio 1915 la dichiarazione di guerra all'Austria.
Non cessano però gli “scontri” tra Interventisti  e Socialisti.
Il mondo cattolico, malgrado la presenza in esso di una “estrema destra” in cui rivivono i motivi dell'intransigenza temporalistica (“l'inutile strage” di Benedetto XIV) e una “sinistra” costituita dal neutralismo di Migliori di forte ispirazione sociale, era costituita soprattutto da un “mondo” (stampa, deputati, associazioni varie) che avevano sposato la tesi della “neutralità condizionata”, posizione – quest'ultima- molto elastica che – attraverso il discorso del conte Gaetano Della Torre, esponente del Partito Cattolico Italiano, del 5 gennaio del 1915 durante una riunione tenutasi a Roma, presso la sede del Circolo Universitario Cattolico.
I risultati di quella riunione furono l'occasione di far sì che molti cattolici si convertirono alla tesi dell'intervento italiano in guerra.
I socialisti furono invece prima e dopo l'intervento contro la belligeranza: “ i proletari incroceranno le braccia”, questo “inverno non più in trincea” (Treves, 1917).
Nel Manifesto del 21 settembre 1914 i socialisti ufficiali dichiararono la “neutralità assoluta”.
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9 agosto 2014
la manifestazione