E.ARTINI ,Le rocce, Hoepli, Milano, 1979;
E. CORTESE, Descrizione geologica della Calabria, Roma, 1895;
H.SCHNEIDERHHN,Giacimenti geologici, Ediz. PEM, NO-Roma, 1968;
E.THENIUS,Testimonianze fossili, Boringhieri Edit.,Torino, 1975.

Grazie al nuovo impatto visivo del Lungomare di Reggio, si ha la possibilità di effettuare delle riflessioni di carattere scientifico relative ad alcuni importanti aspetti sia di carattere naturalistico che geologico.  
La suggestiva asse viaria  intitolata al compianto primo cittadino Italo Falcomatà, che ne ha voluto fortemente il riassetto, ritorna ad assumere l'etichetta de "il più bel chilometro d'Italia" di dannunziana memoria.
Gran parte della sua bellezza è dovuta ai colori che madre natura è riuscita ad inserire nel quadro paesaggistico dell'area dello Stretto, che insieme alla  maestosa presenza dell'Etna, offrono al visitatore la possibilità di contemplare questa magnifica tela, ricca di antiche suggestioni ed i recenti lavori di rinnovamento ne hanno, poi, ancor più impreziosito l'aspetto anche  per la pregevole pavimentazione inserita sull'ampio marciapiede lato mare.
Tutto questo grazie anche all'utilizzo di una pietra molto decorativa, dalla quale si possono ricavare delle preziosi ed utili informazioni di natura scientifica, relative alle risorse ambientali e geologiche di una determinata zona, cosi come i materiali di costruzione inerenti edifìci pubblici e privati, strade .
Questo avviene osservando alcune pertinenze di tali strutture come si può evincere dai semplici manufatti o da quelli di uso comune come le balaustre, gli ingressi e gradini, lastrici stradali, porticati e recinzioni in pietra, costruito con materiale locale  ed anche in funzione di una politica economica ad utilizzare e valorizzare le risorse indigene, e, quindi, investendo sul territorio.
«Tale scelte vanno incoraggiate, in quanto, in n periodo in cui  vi è la massiccia presenza di materiali sintetici, - ha sottolineato il prof. Crucitti -   si utilizza la materia locale, come avveniva un tempo»
Sagomate in maniera idonea, le rocce sono scelte in base a precisi dettami tecnici, estetici ed economici, adeguati al loro impiego e corrispondenti ai requisiti dei materiali da costruzione. (1 )
Riveste particolare importanza, per tali materiali le condizioni di giacitura delle rocce, infatti  da tali condizione deriva  il costo di estrazione che va ad aggiungersi alle spese relative alla lavorazione ed al trasporto.
Per le zone atte ad uso d'area pedonale come i marciapiedi o i portici, si possono utilizzare anche rocce di natura tenera come risulta la struttura dei  calcari lastriformi,  le arenarie e le beole.
Mentre per le aree carreggiate, la scelta risulta circoscritta al basalto, pietra robusta, pesante, resistente ed economica che riesce sostenere per la sua tipologia strutturale, l'onda d'urto del traffico, come nelle arterie viarie centrali, dove esso è più intenso ed è caratterizzato anche dal transito di mezzi pesanti .
La tipologia dei marciapiedi e i cordoli delle strade di Reggio è caratterizzata dalla presenza di una pietra bianco-grigiastra, alquanto variegata e dalla grana finissima.
Si tratta della cosiddetta "pietra di Lazzaro", cui più propriamente compete il nome di calcefìro (o calcifìro).
Essa deriva da una roccia massiccia, dalla struttura granulare, oscillante da quella media a quella grossolana e dalla colorazione chiara, caratterizzata da tonalità e sfumature che variano dal colore bianco-grigiastro, a quello bruno-rosato chiaro, alla tonalità giallo-bruno.
Assume un aspetto variegato, che conserva talora le striature delle originarie strutture sedimentarie, oltre a piccole deformazioni e pieghe. 
Motivi questi che ne giustificano ampiamente l'utilizzo per superfìci di rivestimento e di abbellimento durature.
Il Cortese, a proposito dei calcefìri, nella sua "Descrizione geologica della Calabria", ci tramanda che si tratta di calcari cristallini, bianchi o grigiastri alquanto frequenti sul  territorio calabrese.
"Essi si dividono grossolanamente in lastre, specie lungo i piani di clivaggio principali, mentre i tipi più scuri, si presentano in forme massive, simili alle dolomie".
E più avanti aggiunge: "...per contenere molti  minerali disseminati porfìricamente questi calcari cristallini dovrebbero chiamarsi calcefìri".
A suo dire si tratta di: "calcari sabbiosi arenaci a Litotamni (calcari a Briozoi del Seguenza), sovente associati ad arenarie calcaree con intercalazioni cloritiche. 
Talvolta in straterelli, ma più spesso in grossi strati, assai compatti.
Costituiscono infatti un'eccellente pietra da costruzione: se sono in grandi ammassi se ne ricavano grosse pietre per costruzioni pubbliche, anche imponenti, come lastre per selciati e marciapiedi, scalini, soglie, basamenti di moli e banchine portuali ed è così che sono largamente utilizzati a Reggio e  Messina.
La pietra ricavata dalle zone a piccoli straterelli, serve invece per farne piccoli bolognini, per muri a secco fatti con fìlaretti di pietrame" ("armacere").
La pietra di Lazzaro è catalogata come una roccia metamorfica ed appartiene alla famiglia di  quelle rocce che nel corso del tempo, hanno subito radicali cambiamenti  che ne hanno alterato i tratti somatici originari, per l'elevata temperatura e pressione esistenti  nelle viscere della terra.
Le cause di tali mutamenti sono da attribuire al metamorfismo (2) di contatto (ma qualche volta anche da quello regionale), con masse magmatiche (prevalentemente acide, come plutoni granitici o
granodioritici), che hanno agito su rocce carbonatico - argillose impure (calcari, dolomie o anche marne).
Il grado di metamorfismo assume dei livelli che  variano da quello basso a quello medio-alto, caratterizzate da temperature alquanto elevate, invece le pressioni risultano ridotte. 
L'elevata permeabilità ai gas e ai fluidi dei materiali preesistenti determina non solo il livello e l'andamento della trasformazione, ma anche la varietà degli effetti del metamorfismo stesso.
Dalla carta d'identità de i calcefiri si evince che sono rocce caratterizzate da una pesante struttura (con densità media attorno ai 2,7 gr/cm3 ), da una discreta durezza e con buone caratteristiche meccaniche, proprietà che li rendono interessanti dal punto di vista commerciale.  
La loro composizione mineralogica non è costante, potendo variare in base alle condizioni ed alle caratteristiche delle rocce originarie sottoposte al metamorfismo e in ragione dell'apporto delle masse magmatiche responsabili del metamorfismo di contatto che ha dato luogo alla loro formazione. 
La calcite (carbonato di calcio) è sempre uno dei minerali prevalenti, spesso associata, in quantità variabili, ad altri minerali tipici del metamorfismo, come vari silicati di calcio, di magnesio, solfuri metallici ecc. che, in certi casi (rari) sono ben cristallizzati, il che li rende rocce di discreto interesse mineralogico.
Presentano quindi una composizione mista silicatico-carbonatica, per cui, nei testi specialistici, vengono chiamate anche marmi a calcio-silicati, con riferimento alla loro composizione e prendendo a prestito dal gergo dei cavatori il termine "marmo" (3)  che viene impropriamente attribuito anche a questi litotipi.
I calcefìri si possono confondere con alcuni marmi in senso stretto e solo l'abbondante presenza di componenti silicatiche o un occhio esperto possono permetterne l'identificazione certa.
Nel territorio della provincia reggina i calcefiri si trovano lungo i greti delle fìumare San Gregorio e Macellari posti nella zona Sud della città, e che sono caratterizzati da blocchi franati dalle alture di Sant'Aniceto,  mentre i frammenti lapidei più piccoli e più puri sono abbondanti a Capo dell'Armi (Lazzaro), conosciuta in passato con il nome di  Leucòpetra
Da sottolineare, infine, l'ubicazione di queste rocce che si snodano solo sul versante jonico, da Reggio, fino a Catanzaro, spingendosi anche oltre i confini regionali, seguendo le linee dell'Eocene e del Miocene inferiore.
Per quanto riguarda le emergenze fossilifere, bisogna sottolineare che esse contengono Litotamni cioè resti di Alghe calcaree che si presentano sotto forma di numerose piccole macchie bianche, molto abbondanti; talora sono simili a sezioni di bacchette (aculei) di Echinidi, ma più spesso tondeggianti (a sezioni sferiche) conferendo, a volte, a questo calcare un aspetto pisolitico.
Sempre dall'opera citata del  Cortese si evince che "ad Antonimina e fra questo abitato e Ciminà, si trova un calcare simile a questo, pure contenente Litotamni, ma senza l'aspetto pisolitico. 
Ad esso associati sono calcari orbitoidi, con bacchette di echinidi. 
Gli orbitoidi sono assai abbondanti e molto grandi, qualcuno perfino di 4 cm. di diametro".
Tra gli organismi che si possono riconoscere allo stato fossile, vi sono quelli che più hanno contribuito alla formazione di  queste rocce, come le alghe calcaree e, in modo speciale, i Litotamni e le Sifonocladiali (tra le quali Diplopora e Gyroporella). 
Tra le forme microscopiche, bisogna annoverare sicuramente le Coccolitoforidi e simili, giacché notevole importanza hanno avuto in passato e continuano ad averla tuttora e i cui dischetti calcarei sono spesso estremamente copiosi nei fondali melmoso-sabbiosi.
Ma sono le tracce dei Vermi (Elmintoidi) a destare l'attenzione dei passanti.
L'aspetto presenta forme sinuose che risaltano sulla matrice fossilifera.
Ci troviamo di fronte ai resti di creature bentoniche che popolavano le aree caratterizzate da sedimenti fangoso-sabbiosi dei fondali marini e dai quali traevano nutrimento.
Si tratta quindi di esseri limivori e limicoli che, hanno lasciato impresse nella roccia i segni della loro attività di scavo.
Da un lato sono ricollegabili ad attività utrizionale, dall'altro vanno interpretate come gallerie che essi stessi scavavano e nelle quali dimoravano sul fondo.
Tecnicamente si parla di domichnìa e pascichnìa = tracce di abitazione e tracce di alimentazione.
Fin qui i calcefìri, il tipo più diffuso e caratteristico dei marciapiedi cittadini, ma non bisogna dimenticare che in certe zone di Reggio  - come ad esempio in via Melacrino, in via Aschenez o lungo il viale Amendola - vi sono altri tipi di rocce ugualmente utilizzate come cordonature stradali di vecchio impianto.  
Essi assumono un aspetto di tipo  giallastro, simili ai tratti somatici del calcare maiolica e si presentano con grana finissima ed omogenea.
Sono pur essi calcari metamorfosati, ma di aspetto compatto, molto duri.
Osservandoli  è possibile rilevare avanzi organici mal conservati, ma sicuramente riconoscibili, di fossili, specialmente di molluschi pelecipodi, e piccoli aculei di echinidi.
Il loro aspetto generale è qualche volta così simile a quello dei calcefìri, che a prima vista e ad una certa distanza non è impossibile lo scambio tra le due rocce, pur così diverse per  aspetto e struttura.
Anche la resistenza agli agenti atmosferici è molto differente.
Tra le due, per il calpestìo stradale, migliori sono le pietre eterogenee, come i calcefìri, che meno facilmente prendono il lucido con il logoramento. 
I calcari compatti cristallini, invece, devono (o dovrebbero) essere ravvivati di continuo, perché con l'uso diventano lisci e con il tempo umido, producono una sottile melma viscida e  sdrucciolevole come cera, assai pericolosa.  

ShinyStat
29 marzo 2001
particolari dei marciapiedi ubicati sul corso Garibaldi di Reggio Calabria