Gli Yes rappresentano una delle icone della letteratura della “musica progressiva”, o, secondo altre definizioni “rock sinfonico”,  “progressive rock”. Siamo nell'area londinese – esordisce Gianni Aiello, nelle prime settimane del mese di giugno del 1968, quando al Marquee Club (nulla nasce per caso, forse strane coincidenze) [il MARQUEE è storicamente uno dei templi della musica rock e delle sue varie derivazioni], narra la storia che il proprietario del bar presenta Chris Squire a Jon Anderson. In quel periodo la capitale britannica è avvolta dai fumi e dai suoni psichedelici e dalle sperimentazioni sia visive che musicali dei PINK FLOYD. È  una stagione storica di notevole livello, non dimenticando che erano presenti altri generi musicali, ancora sotto l'aspetto embrionale, quindi underground, sia nell'area londinese che in altre zone dell'isola, che di seguito avrebbero dato inizio ad altre mode e tendenze musicali. Naturalmente risulta necessario ricordare l'esplosione della musica giovanile (questa era una delle etichette) di qualche tempo prima della BRITISH INVASION e della MERSEY BEAT. Nel 1967 (1° giugno) viene pubblicato “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club” Band dei Beatles.  In quell'album vi sono elementi che chiaramente si rifanno al genere prog, anche se i 4 di Liverpool nulla hanno a che fare con tale tipologia musicale. Ritornando agli YES piace evidenziare che i giovani musicisti cominciano a farsi notare fin dalle prime esibizioni dal vivo, dove sviluppano, amplificano i suoni dei VANILLA FUDGE, ma anche dei BYRDS e dei sopra citati BEATLES. Proprio queste due ultime icone della musica pop/rock saranno presenti nell'album omonimo YES del 1969 che ospita al suo interno due cover alquanto personalizzate ed eterogenee:
Every Little Thing dei Beatles
I See You dei Byrds
Secondo la critica del tempo – prosegue Gianni Aiello, tale lavoro viene definito come “album proto-progressive, per la complessità degli arrangiamenti” (1)  Gli YES, pur rientrando nella sfera della musica progressive, si differenziano per la ricercatezza e la diversificazione strutturale del suono, cito ad esempio “Fragile,” con gli aspetti barocchi di “Mod for a Day” o le sperimentazioni sonore (sia in studio che on stage) di “Close to the Edge”, o la presenza di una orchestra sinfonica di 30 elementi nel  loro secondo album, “Time and a Word.” Con “Fragile “ha inizio la collaborazione fra gli Yes e l’artista Roger Dean, al quale si devono la maggior parte delle copertine degli album, la realizzazione del loro celebre logo, l’organizzazione del merchandising e l’impianto scenografico utilizzato nei concerti. Ed è proprio con l'artista britannico Roger Dean che si crea quell'amalgama tra note musicali, scenografia, le lunghe suite,  i testi poetici , i mondi fantastici raffigurati nelle front-cover degli album, che proiettano nella visione collettiva dei supporters degli YES, detti “troopers”, quel forte senso di appartenenza e di passione viscerale di una band che pur tra diversi cambi di formazione, litigi, album, riesce a rievocare e mantenere, a distanza di 50 anni,  tali forti attitudini. Mi fermo qui – conclude Gianni Aiello - anche per evitare di entrare in territori labirintici visto, credo sia evidente, l'interesse personale nei confronti di questo manifesto sonoro. La parola passa al relatore Gerardo Pontecorvo che, su invito del Circolo Culturale “L'Agorà” ha relazionato sul 50° anniversario della fondazione del gruppo rock degli Yes con il supporto di files multimediali. Nel corso della conversazione culturale, svoltasi presso la Biblioteca Comunale “De Nava” sono stati analizzati lo stile musicale, le varie formazioni, gli album memorabili ed altri aneddoti a riguardo il gruppo britannico. Ciò che caratterizza il percorso sonoro è costituito da una serie di elementi riconducibili in gran parte al progressive rock. Il gruppo si distingue per una musica dal carattere classicheggiante, sinfonico spirituale e intellettuale, nonché colma di contrasti dinamici, melodie e armonie dal forte lirismo e senso epico. Da un punto di vista più tecnico, lo stile degli Yes predilige una cura del dettaglio, come dimostrano i loro arrangiamenti e gli intrecci strumentali che fanno spazio anche a molti assoli. Utilizzano tempi dispari e inconsueti, frequenti cambi di tempo e variazioni di intensità e velocità nel corso di uno stesso brano. Tra le analisi evidenziate nel corso della conferenza da Gerardo Pontecorvo vi sono quelle inerenti allo strumento usato dal bassista Chris Squire, un  Rickenbacker 4001 importato in Inghilterra dagli States : […] E’ un elemento chiave del suono di Squire, basato anche sulla tecnica del bi-amping: i suoni bassi dello strumento vengono inviati a un amplificatore da basso e quelli alti a un amplificatore da chitarra solista, producendo una sorta di 'sandwich' tonale che acquisisce un effetto overdrive. Squire è stato anche uno dei primi bassisti a utilizzare il tremolo, il phaser, e il wah-wah. Le linee di basso di Squire non sono quasi mai ovvie, e vengono spesso descritte come linee soliste sovrapposte ai corrispondenti virtuosismi della chitarra e della tastiera.[...] (2) . Il relatore va ad analizzare altri aspetti della band britannica quali quelli inerenti ad alcuni manifesti sonori che sono considerati delle vere e proprie opere musicali quali  “Fragile”, in tale release i  brani iù conosciuti sono Roundbout e Mood for the day (altro saggio di Howe). Heart of the sunrise di Anderson e Squire è una suite meravigliosa e nel contempo una sintesi del progressive, con gli strumentisti al massimo, cambi di tempo, di atmosfera, pause e riprese inaspettate. In “Close to the Edge”, dove trovano spazio le composizioni  ispirate e interpretate con maestria e con un impatto sonoro di notevole impatto, tanto che Steve Howe  in una recente intervista ha dichiarato che è l’album che porterebbe sull’isola deserta. Nel corso del Close to the Edge Tour in Giappone (marzo 1973) Jon Anderson incontra la lettura di  “Autobiografia di uno Yogi di Paramahansa Yogananda, e da ciò  trae ispirazione per un'altra opera che rappresenta un'altra tappa fondamentale del gruppo: quella di “Tales from Topografic Oceans” , un doppio album suddiviso in quattro lunghe suite da venti minuti ciascuna e suddivise per ogni lato del vinile. Nonostante il notevole successo riscontrato da tale album si riscontra una frattura tra i fans degli YES e la critica giornalistica. La suite “The ancient” (3° lato) di Anderson e Howe – prosegue Gerardo Pontecorvo -  è sperimentale, quasi tutta strumentale e contiene un altro bellissimo saggio acustico di chitarra. Si giunge al 1974, anno che registra sia  l'ingresso nella formazione del nuovo tastierista Patrick Moraz che l'uscita del nuovo album dal titolo “Relayer, che tra spunto dall'opera letteraria di “Guerra e pace di Tolstoj e “Relayer”  raggiunge il quarto posto nelle classifiche britanniche ed il quinto in quelle statunitensi (3). Tale stesura sonora ripropone la struttura artistica di “Close to the Edge”, con una suite, The Gates of Delirium, e due brani più brevi.
Dopo diversi cambi di formazione, liti, l'attività di altre bands con componenti della formazione degli YES (quali ASIA, BUGGLES ed altre sigle) si passa a “Drama” caratterizzato da una freschezza interpretativa, cui fa seguito, nel 1983, l'album  “90125” che vende complessivamente otto milioni di copie, e vince persino il premio Grammy nel 1985 per il miglior pezzo rock strumentale con il brano “Cinema”. In realtà- conclude il relatore- il timbro sonoro non ha subito notevoli variazioni ma ne è stato semplificato sia sulle sei corde che sulle keyboards, questi dati daranno va al tour che nella storia degli YES ebbe a raggiungere toni alquanto trionfali sia per seguito che per critica, dando vita così ad una seconda vita dopo quella del periodo progressive, o "classico", degli anni sessanta-settanta. 

ShinyStat
6 dicembre 2018
la conferenza
https://it.wikipedia.org/wiki/Yes_
https://it.wikipedia.org/wiki/Chris_Squirehttps://it.wikipedia.org/wiki/Yes#cite_note-allmusic-2
https://it.wikipedia.org/wiki/Yes#Bibliografia