Un'onda lunga, quella che caratterizza la sfera del tifo organizzato, oggetto di un'apposita e partecipata conversazione sul tema  “Ultras, mode, ideologie e devianze. Dall'Inghilterra all'Italia. Le curve frammentate.” che fu a suo tempo oggetto di analisi di una tesi di laurea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Messina. Dopo i saluti ed i ringraziamenti indirizzati a tutti coloro che hanno inteso partecipare e/o pubblicizzare l'incontro sia su cartaceo che in rete, Gianni Aiello (presidente del Circolo Culturale „L'Agorà” ha analizzato alcuni aspetti di tale argomento, partendo proprio dal titolo che offre diverse informazioni, tra le quali quella relativa all'acronimo Ultras, termine politicizzato di ultra-royaliste (siamo nella Francia post napoleonica).
La letteratura che ruota intorno a tale fenomeno, sia per quanto riguarda la narrativa che la filmografia, risulta alquanto corposa e nella stessa corvergono diversi aspetti legati al costume, alla musica, al cinema e termini  come “rockers”, “mods”, “hells angels”, “torcidas”, “barras bravas”, “firm” , “casuals”,  sono alcuni dei corpi che ruotano intorno alla sfera di tale movimento.
È stata analizzata anche la genesi di questi “non allineati” che trae origine dai reduci statunitensi della seconda guerra mondiale, che, per una serie di circostanze, non riuscivano ad integrarsi in quella società civile, accettarla e vivere  una vita "normale".
Non era facile neanche per la fascia giovanile/adolescenziale degli anni '50 erano i figli della guerra, era una generazione diversificata dal mondo degli adulti: nasce il primo termine teen-ager.
In Italia – prosegue Gianni Aiello - [...] il neorealismo portava sugli schermi le storie di bambini che si improvvisavano lustrascarpe o ladri di biciclette, dall'altra parte dell'oceano, i tredicenni sognavano di avere già l'aspetto di chi era maggiorenne: fumare, andare nei locali pubblici [...] (1)
Nascono i primi miti in cui quella gioventù si riconosceva: Marlon Brando, James Dean diventano i simboli dell'anticonformismo giovanile degli anni '50 e quelle icone (non solo del cinema, ma anche della musica), saranno successivamente effigiate su sciarpe, striscioni (JIM MORRISON, THE CURE, IRON MAIDEN ad esempio).
Gianni Aiello prosegue a delineare le  geografie degli anni '50 dove a Londra si trovavano i  teddy boys, a New York le varie  street gangs, a Parigi  I blousons noirs, nella città portuale di Amburgo gli Halbstarke.
Passando alla breve analisi sulla filmografia degli anni '50, Gianni Aiello ha evidenziato la presenza dello  “spirito di appartenenza” o, come dirà successivamente Chertock nel saggio "Ipnosi e suggestione" [...]  Nel gruppo, l’individuo riscopre la parte attiva …   cerca perciò la sicurezza persa, nella confusione della moltitudine, attraverso il contagio emotivo negli scambi tra i registri sensoriali che caratterizzano i novanta minuti ... [...]. (2)
Il „senso di appartenenza” è ben visibile sul set de „Il selvaggio/ The Wild One” (1953) dpve i  BRMC acronimo dei „ Black Rebel Motorcycle Club” di Marlon Brando si contendono il territorio con i Beetles: il film è un manifesto dello stile biker dell'epoca, ed in particolare gli Onepercenters, motociclisti ribelli, emarginati dall'Associazione Motociclistica Americana (AMA).
Anche se prima dell'uscita di tale film, il 17 marzo 1948, a San Bernardino ( California) nacquero gli Hell's Angels, in precedenza conosciuti come „Pissed-Off Bastards Of Bloomington”.
Gli  Hells Angels Motorcycle Club vennero immortalati nella pellicola del 1967 (regia di Richard Rush) “Hells Angels on Wheels” con Jack Nicholson che ritroveremo, sempre sulla sella di una biker in “Easy Rider”,regia di Dennis Hopper (1969).
Molti sono i documenteri su tale movimento, così come tanti servizi giornalistici e reportages, tra i quali quello del fotografo Bill Ray.
Nel 1971 è la volta di “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick (prodotto cinematografico tratto  dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess del 1962) che narra le gesta dei Drughi che insieme all'acronimo di Arancia Meccanica – prosegue Gianni Aiello – saranno utilizzati come nome di gruppi ultras.
Dalla strada si passa agli scontri che si verificano sul terreno di gioco, come in “Rollerbal” , pellicola del 1975 di  Norman Jewison che descrive un futuristico gioco dell'hochey che ritorna nella sua dimensione reale con "Colpo secco/Slap Shot", film interpretato da Paul Newman e diretto da George Roy Hill (1977) che narra le vicende del team dei Chiefs di Charlestown, squadra immaginaria della Federal League.
Si ritorna nella strada con “Quadrophenia” (1979), diretto da Franc Roddam,tratto dall'omonimo album del 1973 degli Who e tutto ciò ci rimanda alle subculture londinesi dei '60's quando i mods ed i rockers si scontravano in diverse zone della capitale, come Clacton, Margate, Broadstairs e Brighton, Hastings .
Sempre nel 1979, questa volta nella grande mela newyorkese "I guerrieri della notte/The Warriors" , film  diretto da Walter Hill: un raduno, una tregua apparente che poi si trasforma in battaglia e spirito di appartenza sono i codici identitari di questo lavoro che fu un elemento fondamentale per il tifo organizzato.
La letteratura cinematografica relativa al mondo della curva – prosegue Gianni Aiello – risulta alquanto ricca e complessa : da "Ragazzi di stadio" , documentario del 1980 di Daniele Segre, per passare ad "Okolofutbola" del regista Anton Bormatov (2013): in tale pellicola si parla di un gruppo di sostenitori dello SPARTAK MOSCA e da ciò vi è la visione di uno spaccato di quella che è la realtà nell'est europa ed i cui risultati di cronaca sono memorie recenti (vedi quanto accaduto a Marsiglia (europei 2016).
Gianni Aiello menziona "Greem Street Holigans", nello specifico la prima produzione diretta dalla regista Lexi Alexander (2005),  della serie, dove spirito di appartenza è presente nei sostenitor del West Ham UTD.
Anche il mondo del fumetto – conclude Gianni Aiello – con i suoi personaggi  (Andy Capp, Sturmtruppen, Snoopy, Capitan Harlock) trovano il loro spazio su sciarpe, adesivi, striscioni, stendardi delle varie tifoserie.
La parola è passata ai rappresentanti della Falange d'Assalto che hanno portato una testimonianza a riguardo il leader del gruppo scomparso di recente: «Migliaia di fratelli rossazzurri hanno pianto la morte di Ciccio Famoso. Centinaia di tifoserie, anche storicamente fiere e agguerrite rivali, hanno onorato il Capo Ultras rossazzurro, partecipando ai suoi funerali e con messaggi sui social network. Un’intera città, a parte le naturali sacche di perbenisti e ipocriti, ha riflettuto sulla scomparsa di Ciccio, sul ruolo che ha avuto dal 1979 sino al giorno della sua scomparsa, non solo per il calcio catanese, ma per l’intero movimento ultras italiano.
Perché, allora, tante polemiche? Perché, allora, altre accuse, parole dure, addirittura un’inchiesta della Federcalcio per il minuto di raccoglimento con cui il Catania calcio ha giustamente deciso di ricordare Ciccio? E perché tanti scandalizzati per quelle manifestazioni di affetto, di rispetto, di devozione anche, che ci sono state nei giorni della malattia di Ciccio e nel momento del suo addio?
Perché un uomo come Ciccio Famoso, così come ogni capo ultras che si rispetti e che dimostri coerenza, coraggio, senso di appartenenza, orgoglio per la sua identità, un uomo così fa paura, spaventa, destabilizza, disorienta chi oggi vuole governarci con un mono pensiero, con un’idea e una sola idea, la sua. Va riconosciuto ancora di più oggi, con la morte di Ciccio Famoso, quel che il movimento rappresenta nel tessuto sociale, culturale, morale ed etico della nostra collettività: rappresenta una forte interferenza all’omologazione, al dovere marciare tutti in fila per tre, ordinati, allineati, obbedienti.
Ecco di che cosa stiamo parlando oggi, qui, ricordando la morte del creatore della Falange d’Assalto Rossazzurra, ricordiamo un leader naturale che ha saputo ed ha voluto opporsi ogni giorno ai capi, quelli imposti dall’alto, quelli nominati dalle istituzioni, quelli che hanno il compito di annullare qualsiasi forma di libertà che possa in qualche modo disturbare il manovratore.
Ciccio faceva questo, univa ragazzi, generava idee per vivere le domeniche allo stadio, ma anche per coltivare giorno dopo giorno la cultura Ultras, che è cultura che unisce, anche quando divide tifoserie lontane e ostili tra loro, ma che rispettano codici non scritti ma riconosciuti, regole non catalogate ma condivise, che si possono scontrare, ma si rispettano. E che, soprattutto, sanno di avere un nemico comune, quello Stato che vorrebbe cancellare il movimento dallo spazio del calcio, del loro calcio. Il calcio moderno fatto di pay tv, business, agenzie di scommesse, procuratori, fondi internazionali, repressione, tessera del tifoso.
La morte di Ciccio Famoso è stata per un giorno un catalizzatore di sinergie, ha generato nuove forme di rispetto, ma, soprattutto, ha di nuovo allargato la ferita di questo calcio malato, il loro calcio malato, ponendo al centro del dibattito per un giorno il ruolo centrale del movimento ultras. Che rappresenta la più grande massa di persone pensanti che si muove in questo Paese cloroformizzato, addormentato, assuefatto. Centinaia di migliaia di persone, più forti delle loro leggi repressive, dei loro Daspo divisi in maniera indiscriminata, del loro tentativo di chiudere le curve e lasciare aperti solo gli stadi per l’élite, trasferendo il grosso del pubblico davanti alle tv, da dove arrivano i quattrini per portare avanti un circo indegno fatto di società indebitate, presidenti megalomani, dirigenti compromessi, giocatori sempre più mercenari e sempre meno legati al colore di una maglia e al calore di una città.
Questo insegnava Ciccio Famoso, a rispettare il colore di una maglia e a riversare, tutti noi, su quella maglia il calore di una città, di una tifoseria, di un popolo. Che, come Ciccio, non molla, non mollerà mai. Perché Ciccio è qua….»
La parola è passata a Fulvio D'Ascola, autore della  tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Messina  sul tema  “Ultras, mode, ideologie e devianze. Dall'Inghilterra all'Italia. Le curve frammentate.” Il calcio, un prato verde, le scalinate, le tribune e le curve. Lo stadio, un microcosmo che attraverso i decenni cambia : da palcoscenico sportivo a luogo dove le tensioni si sfogano attraverso azioni che dal tifo per la propria squadra ,si trasformano in laboratori di devianze. Ultras, mode , ideologie e devianze. Uno stile di vita, un miscuglio di stili, che dall’Inghilterra si espande in Italia , con motivazioni differenti . Hooligan e Ultras, sostenitori di squadre di calcio, micro cellule di aggregazione, fisicità e subculture.
Liverpool,Manchester, Leicester, Chelsea, il calcio inglese si permea di mode e stili, dai prodromi degli anni sessanta con i Mods , nati tra la fascia sociale del sottoproletariato british, che attraverso la moda e la musica vivono la loro dimensione identificativa. Le mode cangianti fanno nasce gli Skinhead, che alla fine degli anni sessanta appaiono tra i sostenitori del Leicester.
Gli Skinheads amano la musica reggae, vestono con cappottoni imbottiti di lana, maglie mohair, giacche Harrington .Dopo gli Skinhead arrivano negli settanta i Casual, che uniscono lo stile di abbigliamento misto tra abiti firmati e sportivi ,partendo da Liverpool i tifosi seguendo la squadra nelle coppe europee, saccheggiano i negozi di abbigliamento sportivo diffondendo il marchio ADIDAS, tra gli Hooligan con i Casual che si vestivano con scarpe e giubotti Adidas. Hooligan e Ultras. Differenti mode e modi di sostenere la propria squadra.
In Inghilterra, il tifo organizzato è caratterizzato dall’iniziativa del singolo e dall’uso dei cori negli stadi. In Italia ,il tifo organizzato è strutturato in modo apicale. Esiste il capo, un direttivo ed una organizzazione piramidale . Al centro della curva c’è il “il lancia cori”, che dirige vocalmente il settore, con il gruppo Ultras schierato dietro lo striscione identificativo, con fumogeni, tamburi e megafoni. La differenza tra Hooligan e Ultra , esiste nel modo di sostenere la squadra, con cori in Inghilterra e con megafoni, tamburi, striscioni ,fumogeni e canti in Italia.
Sembra tutto bello il mondo del tifo organizzato, ma dagli anni settanta le tensioni sociali dalle piazze si spostano sulle curve degli stadi. La società italiana vive grandi problematiche, tra  ”Strategia delle tensione” e rivolte studentesche ,tra crisi identificative ed austerity.
Negli anni ottanta la politica si scioglie, le ideologie si frantumano , la società di massa include l’informazione ,creando modelli di vita consumistici. Tangentopoli svuota i partiti dal ruolo di sovrastruttura ideologica e le sedi politiche si svuotano. Nelle curve degli stadi , abbondano i simboli identificativi ,tra croci celtiche ed immagini di Che Guevara, si alimentano tensioni, scontri tra tifoserie.
Gli anni duemila arrivano in fretta e con le pay tv, si frantuma ulteriormente il fronte degli spettatori allo stadio. L’esposizione mediatica televisiva predilige la spettacolarizzazione dell’evento sportivo, svuotandolo di contenuti etici, diffondendo immagini di calciatori tatuati, con tagli di capelli molto glam e copertine di giornali con sportivi e starlette. Devianze, la debolezza del singolo che nel gruppo diventa forte ,tutto si trasforma, nelle curve si identifica il disagio sociale e diventano il luogo  in cui attraverso le immagini in tv, si propaga il tifo, ma anche la protesta contro tifoserie e città avversarie.
Violenza, scontri, tifosi accoltellati, tutori dell’ordine morti a seguito di incidenti. Lo scenario dello sport si traspone e si sconvolge e dal 2007 diventa controllato da severi disposizioni legislative. Il salotto di casa, diventa il luogo   solitario dove assistere alla partita, con il singolo che diventa spettatore di uno spettacolo televisivo. Si perde l’odore dell’erba del terreno di gioco, si perde lo spettatore attore che incita   la squadra con i cori lanciati dalla curva, che saltella sfottendo le tifoserie avversarie ,si perde il senso di appartenenza ad una bandiera, ad un luogo, ad una città.
DASPO,Tessera del Tifoso, tornelli, le proibizioni allontanano la gente dagli stadi ,la paura, la mancanza di motivazioni,sono il dissolvimento dello spirito sportivo.
Ultras, ideologie,mode e devianze,in una società massificata, con lo sport che è solo un frammento di un marketing mondiale.
ShinyStat
15 marzo 2017
la conferenza
(1)  AA. VV., "La grande storia del rock", A. Curcio Edit., 1975, pp.10-11;
(2)  L. Chertock, "Ipnosi e suggestione", Laterza,1990, pag. 79.