ShinyStat
Il Circolo Culturale L’Agorà, presieduto da Gianni Aiello, ha organizzato un ciclo di interessanti manifestazioni  aventi come tema "Reggio 1970-2000 : trent’anni dopo" che si sono articolate durante l’arco di cinque giornate dedicate alla "Protesta" di Reggio. L'appuntamento  è stato caratterizzato da proiezioni del periodo e interviste con la gente per vedere cosa     pensava e cosa sia rimasto nei loro cuori a distanza di tempo. E' stata allestita anche una sezione documentaria costituita da dieci pannelli fotografici (sui quali ogni visitatore ha lasciato una propria firma, un pensiero, che è  stato un prezioso elemento di valutazione).  In contemporanea ad una mostra fotografica inaugurata il 17 gennaio 2000 nei locali dell'Accademia di Belle Arti      di Reggio  Calabria si è tenuto il convegno "Reggio Calabria 1970-2000: trent'anni dopo" ; convegno riguardante      i fatti della cosiddetta "rivolta" che nel luglio del 1970 ha avuto per protagonista la città di Reggio.  Durante le tre serate di lavori (19-20-21 gennaio) sono emerse, fra tutte le cose che sono state dette, alcune questioni di importanza considerevole, come la qualità degli interventi, tutti molti interessanti, l'attenzione dataci dalla carta stampata e dalle tv  locali, presenti massicciamente per tutta la durata del convegno, gli interventi del pubblico molto sentiti e motivati.   Le giornate di studio hanno rappresentato un momento di riflessione (e non un'occasione per di nuove spaccature) : quindi nessun rigurgito ma solo un aspetto storico che riguarda in positivo o in negativo la città di Reggio Calabria, quella stessa Reggio che scese in piazza ritenendo di battersi per una causa giusta, un ideale che nulla ha a che fare con il termine "rivolta" ma molto col termine di "protesta"  nei confronti dei partiti nazionali e dei politici calabresi. Molto interessanti sono state le qualità degli interventi dei relatori e l'impatto che hanno avuto sull'uditorio, come al sindacalista Giuseppe Aprile, all'onorevole Piero Battaglia, al dott. Giuseppe Vittorio Canale, ai consiglieri provinciali Giuseppe Galtieri e Vincenzo Rogolino, al marchese Felice Genoese Zerbi, all'onorevole Giuseppe Reale (che non essendo tra i relatori, ha detto, nel suo intervento, fatto tra i banchi del pubblico delle cose veramente importanti): costoro  hanno regalato dei momenti particolari offrendo una interpretazione inedita dei fatti di Reggio, facendo quindi vivere qualcosa di veramente coinvolgente.    La rivolta di Reggio segna un momento di crisi della Repubblica italiana ed è stato uno dei fenomeni sociali e politici più rilevanti della storia del Mezzogiorno del dopoguerra. Essa ha avuto caratteristiche originali che la rendono non assimilabile ad altre sommosse di tipo antistatale e ad altri episodi come quelli di Avola e Battipaglia. E'  stato un evento spartiacque che ha segnato la fine di una fase della storia del Mezzogiorno e del Paese (e che pure non ha suscitato un adeguato approfondimento, sia in sede di analisi storica sia in sede di riflessione politica). Nel corso delle tre giornate di studi vi sono stati diversi momenti di riflessione, un tentativo di rilettura per capire cosa è cambiato, in questo arco di tempo, da quei terribili giorni in cui a Reggio ma in tutto il Meridione vi era il divario con il resto del Paese: divario sfociato anni prima nei fatti di Melissa, Cutro, Isola Capo Rizzuto in Calabria, Avola in Sicilia e di Battipaglia in Campania (avvenimenti che insiemi a quelli di Reggio non devono essere considerati episodici o casuali, ma frutto del malcontento dovuto al dislivello economico del Mezzogiorno nei confronti del resto del Paese). Il Circolo Culturale L’Agorà in netta contro tendenza rispetto a quanto usualmente avviene, ha scelto di non chiedere  alcun tipo di contribuzione pubblica per realizzare l’intera manifestazione, dalla quale sono emerse alcune questioni di importanza considerevole specie negli interventi del sindacalista Giuseppe Aprile, che ha parlato della sua esclusione alla carica di segretario generale della UIL a causa del suo essere "reggino", del dott. Giuseppe Vittorio Canale, Procuratore dei cittadini del Movimento Federativo Democratico, che ha lanciato l’idea atta d'una possibile istituzione di un "museo" dedicato ai fatti della rivolta di Reggio. Il sindaco di allora, l’Onorevole Piero Battaglia ha rilasciato una dichiarazione nel corso della prima giornata dicendo che «i cittadini di Reggio non si sono ribellati solo per la vicenda capoluogo il popolo protestava per lo stato di emarginazione in cui versava, per il diritto al lavoro che gli veniva negato, perché perdeva di giorno in giorno la fiducia nelle istituzioni . Nessun esponente del Governo di allora si è messo in collegamento con la città e tutti i nostri tentativi furono vani » . Il docente universitario Pasquale Amato invece ha detto « Scippare Reggio del suo ruolo naturale è stato un atto di "pirateria" che ha portato a disastrose conseguenze. Mi riferisco non solo al trasferimento di importanti uffici amministrativi, ma a tutta una serie di provvedimenti collaterali come la decisione di costruire l’aeroporto internazionale di Lamezia Terme che fortemente hanno penalizzato la nostra città. E se adesso la Regione Calabria è diventata l’ultima d’Italia è anche perché non ha il capoluogo nella città più importante, ma nella più debole e nella più facilmente governabile » . Gimo Polimeni (Assessore comunale alla cultura) ha ribadito che «L’unità e la modernità della Calabria sono ancora da costruire. Ed è proprio con questo problema che la classe dirigente sarà chiamata a confrontarsi nel prossimo futuro» . L’incontro ha evidenziato gli avvenimenti cittadini di quegli anni secondo le diverse prospettive dei protagonisti dell’epoca e a fare "memoria" di uno dei momenti più drammatici della storia recente della città : quella del ’70 fu una tragica estate con due morti, centinaia di feriti ed arresti e fermati. La ribellione di Reggio non fu uno di quegli avvenimenti che possano liquidarsi con diagnosi affrettate e sarebbe un errore grave dimenticare in quali decadenti realtà socio-economiche. Si è sviluppate pure con motivazioni antiche. Sin dal 1948 , inizia la protesta per il capoluogo: i Consigli Provinciali e Comunali di Catanzaro e di Cosenza in data 11 ottobre, all'ordine del giorno dicono « ... si affermava che Reggio non aveva alcun requisito per essere designata come sede di uffici regionali … ».
Comitati di cittadini sorsero sin da allora in difesa di tale diritto, accogliendo esponenti di tutti gli schieramenti politici che si riunirono in un'assemblea di sindaci della provincia reggina, convocata nella sede del Comune capoluogo, in data 21 ottobre (da notare che già in data 31 dicembre dell'anno precedente vi era stata un'altra assemblea presieduta dall'avvocato Malavenda nel salone dell'Amministrazione Provinciale della città dello Stretto) per difenderne la causa. L'approvazione in Parlamento della legge istitutiva delle Regioni a statuto ordinario, mobilitava le forze politiche reggine e, nel novembre 1968, con la sola opposizione del PCI, il Consiglio Comunale della città dello Stretto riproponeva l'ordine del giorno approvato precedentemente dallo stesso organismo il 21 ottobre 1948, con il quale si chiedeva che Reggio fosse il capoluogo della Calabria. La traversia burocratica si prolungò nel tempo, infatti il 1° marzo del 1969 vi fu un'assemblea di parlamentari, sindaci, e vari rappresentati di partiti che venne convocata dal Presidente della Provincia di Reggio. Si ribadì il diritto per il capoluogo regionale. Intanto esisteva in città sin da quel periodo  il "Comitato di agitazione per la difesa degli interessi di Reggio" . In data 15 marzo dello stesso anno vi fu una manifestazione studentesca che si prolungò sino al 18 marzo con l'occupazione per alcune ore la ferrovia, mentre il 21 marzo il Consiglio Comunale di Reggio Calabria, votò un ordine del giorno per Reggio capoluogo. E si giunge al 17 gennaio del 1970 quando in una riunione romana fra i Segretari Provinciali della DC delle tre province calabresi scaturisce la volontà favorevole alla città di Catanzaro come capoluogo della Calabria. La delegazione reggina si oppone. Nei giorni successivi il presidente del Comitato di agitazione, Francesco Gangemi, si dimette dalla DC. Ritornando ai giorni attuali e quindi alle giornate di studi c’è da evidenziare che l'idea di un "luogo della memoria" per la rivolta di Reggio è stata riproposta dall’avvocato Francesco Arillotta e dal giornalista RAI Franco Bruno mentre dagli altri relatori vi è stato un interesse per l’istituzione di un qualcosa di stabile (sia esso museo, archivio o fondazione, le idee su tale argomento sono state le più diverse) che ricordi in maniera permanente la rivolta di Reggio Calabria come i filmati che sono riusciti dagli scaffali impolverati della memoria che hanno dato un sussulto ai presenti in sala . Sono testimonianza di ciò i momenti strazianti relativi ai funerali di Bruno Labate (una delle vittime civili) ed alle dichiarazioni della madre. Nella seconda giornata l’avvocato Francesco Arillotta riprende quando detto nella prima da Giuseppe Vittorio Canale e dice «Non abbiamo le relazioni del prefetto, del questore , dei militari e poi i documenti e le testimonianze sono sparse nelle case e negli archivi di "quelli che c’erano" : perché non metterle assieme?» La proposta nasce da tre presupposti: il primo è che i protagonisti stanno sparendo, il secondo è che oramai della "Rivolta" occorre parlare in termini storici, il terzo è che i giovani non devono conoscere le singole esperienze dei protagonisti, ma avere uno sguardo complessivo sui fatti . Per l’onorevole Francesco Catanzariti il malessere sociale della nostra città non è stata l’unica causa che ha fatto "scoppiare" la rivolta, ma certamente l’humus su cui le coscienze dei cittadini hanno visto crescere la loro voglia di ribellione anche per reagire nei confronti di politici che hanno relegato la città a un ruolo <<indegno>> .
Il giornalista della Rai calabrese Franco Bruno contestualizzando la "Rivolta" nella realtà dell’epoca, ha sottolineato, tra l’altro, due circostanze: la prima è l’isolamento in cui Reggio si è trovata in seguito «all’attacco della partitocrazia>> . La seconda è che <<persino chi ha partecipato, il giorno dopo la fine, ha iniziato a provare un senso di vergogna per quello che aveva fatto» Per il dirigente dello SDI Carlo Colella la rivolta fu un movimento popolare: « Non nacque "fascista" pensate che il Secolo d’Italia fu persino bruciato in piazza Italia . Nella sinistra c’era chi come Minasi del PSIUP invitava a mettersi a capo della rivolta . E  fu un gravissimo errore per la sinistra non "avallare" la Rivolta». Nell’ultimo appuntamento il Senatore Renato Meduri  per bocca del figlio (il quale ha letto il messaggio) ha ricordato la tensione morale, sociale e politica di quelle cruente giornate indirizzando qualche invettiva ai "cattolici-comunisti", dell’epoca che osteggiarono la sollevazione popolare. La prima parte della serata conclusiva si è svolta in un clima di amarcord tra premiazioni e attestati di stima: è stato premiato Benito Foti, che è riuscito a far condannare lo Stato italiano per la lungaggine dei processi che riguardavano gli esponenti della rivolta,  Muccio Baccillieri "Speaker ufficiale" della rivolta ha mostrato i suoi "reperti" : alcune registrazioni dei comizi dell'epoca che è intenzionato a donare al museo della rivolta che i promotori del convegno hanno in animo d’istituire. Si tratta di registrazioni inedite del periodo dove si possono ascoltare le voci di Ciccio Franco, Piero Battaglia, Fortunato Aloi e tanti altri protagonisti in sedute consiliari o nelle contro assemblee organizzate dal Comitato di Azione. Si sono di seguito viste delle  immagini con interviste all’ex-sindaco Piero Battaglia, all’onorevole Giacomo Mancini ed al defunto senatore Ciccio Franco, con pezzi del discorso del Presidente del Consiglio di allora Emilio Colombo e repertori di manifestanti) commentate dal giornalista Gad Lerner. Ci  sono stati poi gli interventi dei vari ospiti L’ingegnere Eugenio Castellani ha detto «ci siamo sentiti tutti offesi dalle decisioni di quei notabili della politica, che non avevano tenuto in alcun conto i sentimenti dei reggini. Siamo stati presi in giro con le grandi officine di Saline Joniche, con le O.me.ca. che si è tradotta in clamoroso fallimento e con il quinto centro siderurgico mai realizzato di cui resta il porto di Gioia Tauro, miracolosamente decollato ma demitizzato visto che comunque resta solo di movimento» L’onorevole Aloi ha detto che la rivolta non è stata «una masaniellata, come diceva qualcuno, ma una spontanea ribellione popolare » .   L’intervento che sicuramente più ha impressionato è stato quello del marchese Felice Genoese Zerbi: mentre tutti gli altri relatori hanno argomentato dati alla mano o deducendo razionalmente da alcune premesse di base, il marchese ha spiegato la "sua" rivolta dicendo «è stata comunque una grande vittoria per la città se dopo trent’anni la classe politica è obbligata a trovare alibi e scuse per giustificarsi. Ma non siamo riusciti a raccoglierne l’eredità visto che il potere continua ad essere gestito da lobbies sorde agli interessi della città ». Durante la serata conclusive sono emerse anche il ruolo (e le colpe) non marginali delle sinistre, aspetto poco trattato quando si parla della rivolta di Reggio questo grazie al supporto dei Consiglieri provinciali Giuseppe Galtieri , utilizzando documenti nuovi (Vincenzo Rogolino). Giuseppe Galtieri  parlando dei fatti del '70 ha ricordato dell'attivismo esasperato dell'allora Sindaco Piero Battaglia che dava inizio alla protesta di un popolo che rivendicava il diritto di Centro Pilota della Regione Calabria di "Città leader" anche, e non solo, in forza di antiche e nobili origini. «Quello spasmodico attivismo, a "carte scoperte" suonò per molti come l'epifeno meno di un male radicato nella classe politica della nostra Reggio: la la "sudditanza" del politico reggino rispetto ai colleghi delle città consorelle »  . Il Consigliere indipendente di sinistra ha fatto notare che quei fatti hanno arrecato vantaggio al candidato politico di Catanzaro e Cosenza e quindi decretando il fallimento di "alcuni" politici locali che con i loro errori ha pagato un'intera città. Nel corso dell'incontro Giuseppe Galtieri ha ribadito che ha distanza di trenta anni dalla sanguinosa rivolta, l'analisi retrospettiva non consente, purtroppo, di fare piena luce su ruoli, circostanza, complicità, connivenze e responsabilità: «l'unica cosa certa resta l'insipienza  e l'inettitudine politica di chi non ha saputo difendere gli interessi della Sua Città rendendosi, inopportunamente, responsabile della "rivolta" ma anche colpevolmente incapace di evitarne la strumentalizzazione di ciò che era solo una sommossa popolare ed, in quanto dale, andava controllata nell'alveo di una contrattazione solo ed esclusivamente politica e non esasperata sino ad una guerra civile » . Il sipario cala con le immagini tratte dall’archivio Rai riguardanti le dichiarazioni dell’allora Presidente del Consiglio Emilio Colombo che rivolgendosi in Parlamento ai reggini, si augurava che questa popolazione potesse «imboccare la via della pacificazione, ma che ove avesse voluto malauguratamente perversare in questo atteggiamento di rivolta, in questo secondo caso la forza sarebbe un dovere, sarebbe una decisione dolorosa e amara» Ed in termini di ordine pubblico la svolta si ebbe all’alba del 23 febbraio 1971 quando l’ultima roccaforte della rivolta di Reggio cadde. La "Repubblica di Sbarre" venne  espugnata  da mille agenti di pubblica sicurezza supportati da quindici "M-113" , i mezzi cingolati in dotazione all’Esercito, precedentemente era toccato al "Gran Ducato di Santa Caterina", popoloso quartiere a Nord della città dello Stretto .
"Una rivolta, in fondo in fondo, è la lingua degli inascoltati" - M.L.KING (religioso statunitense,1929-1968), "Chaos or Comunity,IV
19-21 gennaio 2000
la conferenza
la conferenza
la conferenza