Virtù
18?
?
1812
1813
Filantropia Enotrea
Gimnosofisti Bruzj

Il tema  trattato ha ripercorso le tappe storiche dalla fine del ‘700 fino alla massima espansione del periodo napoleonico . 
L'iter ha  inizio con la storia di un abate che ebbe il merito di avere come insegnanti, non solo scolastico, ma anche di vita il vescovo Giovanni Andrea Serrao, ma anche i massimi esponenti dell'illuminismo meridionale .
Con l’arrivo delle armate di Bonaparte in Italia vi fu una forte diffusione del progetto carbonaro in tutti gli ambienti da quello amministrativo, a quello culturale e la sua diffusione sarà ampiamente facilitata dall'espansione napoleonica, così come da quello della sua potente logistica e amministrazione.  
Nel Regno di Napoli, intorno al 1810, alcuni ufficiali francesi dell'esercito di Murat si staccarono dalla Massoneria dando vita alla Carboneria che dagli inglesi  ricevette aiuti economici nella lotta contro il Re di Napoli, Gioacchino  Murat e dell’Imperatore Napoleone Bonaparte.
Gianni Aiello nel corso della sua relazione ha effettuato una mappatura cronologica dalla quale si evince che :

ShinyStat
14 luglio 2003
LE LOGGE NEL SETTECENTO IN CALABRIA
ORIENTE
LOGGIA
PERIODO
Tropea (VV)
L’Amor della Patria
1784
Parghelia (VV)
La Buona Speranza    
1784
Reggio Calabria
Monteleone
?
Vibonese 1      
?
1793

Dopo questa breve elencazione, Gianni Aiello fa riferimento all'uccisione del governatore di Reggio Giovanni Pinelli, avvenuta il 12 settembre del 1797, quindi, secondo il ricercatore, la loggia reggina rea, secondo alcuni storici, dell'omicidio del Pinelli, doveva operare molto tempo prima di quella data, forse intorno alla fondazione di quella hypponiana.
L'associazione della città dello Stretto doveva essere alquanto numerosa, come riportato dallo storico reggino Guarna Logoteta: «… in quello stesso Dicembre fatta  venire da Messina soldatesca di ordinanza, ed unitavi altra forza Provinciale detta della Scorreria, fece assaltare da circa settecento uomini nella sola notte del 14 Dicembre le case di tutti i denunziati come soci della setta massonica, trasferiti  nella cittadella di Messina sino al 19 marzo successivo, poi trasportati a bordo della fregata inglese Europa nel forte di S.Giacomo a Favignana». (1)
Dopo tali considerazioni si è passati  all'ubicazione delle logge massoniche in Calabria durante l'amministrazione francese.
Da ciò si può rilevare che nella provincia cosentina ne risultano diciannove:

LOGGE NELA PROVINCIA DI MONTELEONE
Cosenza
Parghelia (VV)
Monteleone
Amantea
Paola
Castrovillari
?
Orsomarso
Belmonte
?
San Fili
Belvedere M.
Colosimi
?
Corigliano C.
Maierà
Rende
Aiello Calabro
S. Giovanni in F.
ORIENTE
nella provincia di Monteleone, l'attuale Vibo Valentia, ne risultano cinque:
LE LOGGE NELLA PROVINCIA DI COSENZA

nella provincia di Reggio ne risultano sette:

LOGGIA
Gioacchino 1
La Buona Speranza
Vibonese 1
Fraternità Nepentina
Alunni di Pitagora
Scuola di Costumi
Ursentini Costanti
   Monti d'Arete
Federazione Achea
Umanità Liberata
Figli del Silenzio   
Mamertini
Pitagorici Cratensi
Figli della Stella T
Moderazione
Asilo della Virtù
  Pitagorici Nietensi 
PERIODO
1811
1811
1811
1811
1811
1812
1812
1812
1812
1812
1813
1813
1813
1813
1813
1813
1813
Verbicaro
Mongrassano
Amicizia Virtuosa 
   Alunni d'Archimede
1813
1814
ORIENTE
LOGGIA
PERIODO
Tropea
Pizzo Calabro
Costanza Erculea
Allievi di Salomone
1810
1811

nella provincia di Catanzaro ne risultano quattro:

ORIENTE
Maida
?
Carlopoli
Catanzaro
LOGGIA
La Fratellanza  Italiana  
I Filadelfi  Melanici   
Gimnosofisti Silani
Umanità Liberale
ORIENTE
Radicena
Reggio
Reggio
Stilo
Bagnara C.
S.Pietro di Caridà
LOGGIA
PERIODO
PERIODO
LOGGE NELLA PROVINCIA DI REGGIO
?
Filantropia Ipponese
1813

Dopo tale trattazione il relatore è passato ad elencare le Logge calabresi collegate al Grande Oriente di Napoli, quindi al  Re Gioacchino Murat, siamo nel 1813 :

VENERABILE
?
?
DEL RISO
MARRA
?
LISINNI
ROSARGI
(BOSURGI)
LOGGIA
CITTA'

Nella parte conclusiva del suo intervento,  Gianni Aiello ha tracciato brevemente la figura  di Pierre - Joseph Briot, ex seguace di Babeuf,  quindi oppositore, dopo i fatti del 18  Brumaio (9 Novembre 1799) venne "trasferito" in Italia e nel 1807 si trova a Cosenza, in  Calabria, dove ha modo di organizzare una resistenza carbonara.
Nel 1809, nominato Consigliere di Stato di Gioacchino Murat a Napoli, ha modo di diffondere le idee del Carbonarismo fra le armate  napoletane che trova il suo ensemble allo zenith nel 1812, quando Gioacchino Murat è impegnato nella campagna di Russia.
Durante il  declino dell'amministrazione napoleonica (1813-1814), e della perdita del trono di Napoli da parte di Gioacchino Murat (1815), Briot si reca a Bésançon, in Francia, dove fonda la Loggia misraimitica dei "Settatori  della Verità".
Dopo la relazione di Gianni Aiello è stata la volta dello storico reggino mons. Giovanni Musolino che  ha trattato il tema  “La vita e gli scritti dell’abate Antonio Jerocades”.
Una vita che si inserisce e si svolge in tanta parte nell'ambiente massonico e non solo della Calabria.
Una vita che presenta molti aspetti complessi per la versatilità di questo personaggio che era di una grandissima cultura, profondo conoscitore del latino, del greco, insegnante di ebraico, di filosofia, di archeologia, di commercio, quindi un'ampiezza di lavoro che è sempre però ispirata dai principi della massoneria.
Lo storico reggino a riguarda Jerocades dice : «era un uomo che restò fedele alla Chiesa, la massoneria ancora non aveva principi giacobini e rivoluzionari ed Antonio Jerocades dedicò tanta parte della sua vita alla diffusione della massoneria in Calabria.»
Figlio di pescatore, nacque a Parghelia il 1º Settembre 1738, effettuando gli studi nel seminario di Tropea dove ebbe come guide culturali e di vita diversi maestri tra cui quel Giovanni Andrea Serrao, poi Vescovo di Potenza che per le sue idee progressiste dovette, anche lui, scontrarsi con la mentalità retrograda del periodo .
Gli insegnamenti che gli furono impartiti furono determinanti per la formazione di Jerocades che ebbe l'opportunità di arricchire le proprie conoscenze anche attraverso i dettati degli autori d'oltralpe, bollati come proibiti, quali D'Alembert, Montesquieu, Voltaire, Rousseau.
Questo percorso culturale lo accostò, in seguito,  ad altri eminenti personaggi del Regno, come i fratelli Grimaldi di Seminara e successivamente a Napoli, dove si stava formando gran parte dell'intelligenza progressista del Sud,  frequentò Mario Pagano, Gaetano Filangieri, Nicola Cirillo, tanto per citare qualche nome.
Antonio Jerocades fu mandato dal padre al Seminario, anche se egli non era molto predisposto e fu ordinato sacerdote nel 1759, rimase alcuni anni a Parghelia, dove fondò una scuola privata, dal nome quasi profetico "Giardino del lieto lavoro", dove lo stesso Jerocades, insegnava oltre alla lingua italiana e latina, anche quella ebraica, francese, ma anche dottrina cristiana, filosofia e matematica.
Sotto l'influenza del Vico quando Antonio Jerocades scrive il "Saggio dell'umano sapere ad uso de' giovanetti di Paralia".
Il Saggio tratta dei nuovi indirizzi che bisogna dare alla cultura, quali quelli di lavoro, del commercio, d'istruzione pratica ed in questo libro Jerocades ricorda il suo parroco che aveva tanti libri che non bastava una mula per trasportarli, ma erano tutti libri di morale e di casistica e non vi era  alcun libro che potesse servire alla popolazione nella vita pratica.
Qui comincia la sua carriera di illuminista, redige il "Saggio dell'umano sapere" per gli scolari di Parghelia, in cui 
Si trasferì poi a Napoli lavorando per tre anni con l'abate Antonio Genovesi  che era un filosofo, economista ed assunse a Napoli docente di Commercio e di Meccanica. 
Ottenne, grazie al filosofo Antonio Genovesi, l'insegnamento presso la cattedra di Metafisica nel Collegio Reale Tuziano di Sora 
Ma qui avviene un contrattempo: per il Carnevale del 1770 Jerocades scrisse la farsa "Pulcinella fatto quacchero" ed in questa farsa mette in ridicolo gli ordinamenti della Chiesa troppo tradizionale e gli interessi della Chiesa che erano molto  legati alle cose materiali ed il comportamento dei frati nella vita pratica e per questo venne condannato.
Sorse una contestazione tra il Vescovo di Sora (tribunale ecclesiastico) ed il tribunale civile, a tal proposito si mise di mezzo il Ministro Tanucci e la pena non fu applicata, in quanto si aspettava il ritorno del Re, quindi Jerocades si recò a Napoli e da li si diresse a Marsiglia,dove ricevette la seconda iniziazione alla massoneria alla "Saint Jean d'Ecosse": la prima l'aveva ricevuta in Napoli nella Loggia del principe Raimondo di Sangro, era l'anno 1771.
Al ritorno dalla città provenzale dell'Abate, in Calabria si gettarono le basi per la costituzione di numerose Logge che si rifacevano alla Gran Loggia Londinese i cui Rituali vennero portati dallo Jerocades ed assimilati sul territorio.
Da qui comincia l'attività massonica di Jerocades .
A Marsiglia  c'era una numerosa rappresentanza di abitanti di Parghelia, erano marinai che con le feluche si spostavano in Corsica, Genova, Livorno .
Poi fu accolto come fratello muratore e tornò poi a Parghelia dove iniziò la sua attività pratica. Jerocades era entusiasta dei principi della massoneria che guardavano soprattutto all'equa distribuzione dei beni a vantaggi dei ceti poveri .
La massoneria che proclamava la fratellanza universale, il rispetto alla Chiesa ed alla Monarchia, poi inseguito cambierà indirizzo, diventando giacobina, rivoluzionaria ed a quel punto Jerocades, ormai è vecchio e si allontana completamente dai nuovi principi .
Tornò di nuovo a Marsiglia alcuni ani più tardi e dalla città della Costa Azzurra dipendeva la Loggia Massonica di Napoli.
Il Capo di polizia napoletana Luigi De Medici in una relazione del 1790 segnalò la situazione della Massoneria in Calabria e pose come primo posto nell'ordine Tropea dove c'erano numerosi massoni e la Loggia di Tropea, dipendeva dalla Loggia Madre di Marsiglia, e a capo di essa vi era l'abate Jerocades che l'anno prima era stato mandato a Marsiglia a spese dei Fratelli Muratori per prendere le patenti ed eriggere ufficialmente la Loggia a Parghelia ed in altri paesi della Calabria.
Fece il ritorno a piedi da Marsiglia in Calabria impiegando parecchi mesi, un viaggio immaginarsi in che modo l'abate ebbe ad affrontare, ma Jerocades era abituato a supportare tutto.
Di questo viaggio abbiamo un riscontro da parte dello storico Gaetano Rodinò di Napoli, il quale lo descrisse : «di mezzana statura, racilento nella persona nell'età che piega alla vecchiaia, era di gracilissima fisionomia e con una tale dolcezza negli occhi e nelle parole che mi inspirava un simile affetto. Vestiva nero, aveva laceri e polverosi abiti ed il cappello e sotto il braccio teneva sdrucito un ombrello di tela incerata, e nel camminare che faceva ci accorgemmo che era zoppo» .
Torna a Napoli e da vita ad un'Accademia di Scienze e Lettere che fu frequentata anche dai massoni.
Nel 1792, venne insignito da Ferdinando IV alla Cattedra di Economia all'Università di Napoli, e nello stesso anno, per aver incontrato,  incontrò l'Ammiraglio del Direttorio rivoluzionario francese Louis-Renè Madeleine Latouche-Treville sulla nave ammiraglia "Languedoc" alla fonda nel porto: viene incarcerato nel Convento di S. Pietro a Cesarano, dove prese contatto con i nobili locali, successivamente venne trasferito nei sotterranei del Castel dell'Ovo, dove vi rimase per quasi tre anni.
Arriva  l'anno1798 arrivano a Napoli i francesi di Championnet e l'abate di Parghelia eresse  l'albero della Libertà davanti al convento dei frati di Mugnano
Continua la sua attività propagandistica e  prepara la sua opposizione al Cardinale Ruffo.
Antonio Jerocades è tra i combattenti del forte della Maddalena che cercano di fermare l'avanzata della "soldataglia" sanfedista ma vengono sopraffatti.
Jerocades fu prigioniero nei granili del porto, assieme a settecento feriti, e di seguito venne esiliato a Marsiglia fino all'agosto del 1801, poi, dopo l'amnistia, la via del ritorno a Civitavecchia, Napoli, infine Parghelia dove, rinchiuso a Tropea nel convento dei Padri Liquorini, morirà il 19 novembre 1808.
«Questa  è la vita - conclude Giovanni Musolino  -  con l'attività sociale, umana, illuministica di Antonio Jerocades attraverso le opere abbiamo le testimonianze scritte di questa sua attività e l'esposizione dei principi di fedeltà alla monarchia ed al papato , e principi di fratellanza universale come nella "Lira Focense" :  "... Ci sei gran Dio ci sei e chi ti niega è folle ...".
Alcuni giudizi che riassumono i principi fondamentali di Antonio Jerocades :si può affermare che in lui è radicata profondamente l'esigenza di un totale rinnovamento del mondo e la fedeltà alla monarchia.
Egli è tutto pervaso dal sentimento della fraternità universale  e non avverte lo spirito rivoluzionario giacobino presente nell'ultima parte della sua vita. Jerocades imponeva alla base della massoneria la morale cristiana, le virtù civili e la fedeltà alla Chiesa ed al Sovrano il quale doveva governare senza assolutismi dai principi dell'illuminismo.
Jerocades presenta alcuni aspetti che lo avvicinano a Tommaso Campanella: ambedue sacerdoti, ambedue pensatori, poeti che fantasticarono intorno ad un mondo rinnovato, e per le loro idee sopportarono processi,carcere e persecuzione ma restarono sempre fedeli alla Chiesa.
È da notare il fatto che Tommaso Campanella è noto e studiato in tutto il mondo, mentre Jerocades è rimasto uno scrittore regionale.
Di lui sono state tracciate numerose sintesi biografiche con riferimento alla sua opera, ma c'è da augurarsi che egli venga tolto dal silenzio e dalla dimenticanza e che le sue opere vengano seriamente studiate nei loro contenuti innovatori ed egli sia dignitosamente inserito nella cultura illuministica del settecento. »
Dopo la relazione dello storico reggino, Gianni Aiello ha dato la parola ad un ospite della serata la Signora Mariapaola Bouchè, discendente del generale Ettore Bouchè di Lione e luogotenente di Gioacchino Murat.
Il gradito ospite ha rilasciato di essere molto felice di partecipare a questo tipo di manifestazioni, raccontate, quasi in modo romanzato ed affermando che Gioacchino Murat «ha fatto moltissimo per la storia, forse perché - dice la Bouchè -  istigato o messo da quello che  faceva il suo importante cognato, cioè ha  desiderato moltissimo nel fare la storia ed in qualche cosa l'ha anche superato»  .
Daniele Zangari ha trattato il tema "La massoneria : questa sconosciuta", effettuando un  percorso storico della stessa .«La Massoneria – esordisce l'intervenuto - affonda le sue radici negli antichi riti d'iniziazione che si celebravano in Egitto, Assiria e Grecia.  I sacerdoti ebrei e gli auguri romani professavano dei segreti incomunicabili al popolo. La professione dei Misteri e le iniziazioni ai medesimi si sono succedute dai tempi dell'egiziano Manete fino ai nostri giorni. La Massoneria ha ereditato culti e riti di antichi misteri: eleusini e mitrhaici in modo particolare. Perciò la massoneria si è manifestata e si trasmette attraverso un'ininterrotta catena iniziatica, con messaggi verbali e simbolici.» 
Nell'antica Roma sorsero i "Collegia Artificium" che avevano un magister e due "guardiani" che presiedevano alle riunioni e come l'attuale Massoneria, vi erano tre ordini di grado contraddistinti da emblemi molto simili  a quelli massonici, come dimostrano i bassorilievi dei sarcofaghi romani in cui sono effigiati compassi, squadre, fili di piombo, livelle e colonne.
Un altro riferimento si può fare nel Medioevo, ai Maestri Comacini e, nell'epoca moderna, alle Accademie d'ispirazione neoplatica.
La data del 24 giugno 1717 rappresenta la nascita del Gran Loggia d'Inghilterra, quindi massoneria speculativa, a differenza di quella antica che era operativa: l'origine inglese si evidenzia dal suo stesso nome Masonry, da  quello dei suoi associati Free Masons, dalle  sue assemblee dette Lodges.
La Massoneria ha come proprio principio di base la fede sulla capacità dell'uomo di ricercare con i soli propri mezzi, cioè con la ragione e con lo spirito, in se stessi e nella Natura, le testimonianze della Creazione e le leggi che sono alla base dell'Essere, che comprende i mondi fisici .
Nel corso dell'incontro il relatore asserisce che la Libera Muratoria è un'istituzione che ha il suo principio di base nella ragione ed è perciò universale: essa ha un'origine propria non confondibile con quella di nessuna religione, riconosce a ciascuno la libertà di credenza e pertanto è libera da qualsiasi dogma religioso.
«A completamento di questa affermazione - prosegue il Zangari - che riconosce a chiunque di professare la propria fede religiosa, si può aggiungere che la Libera Muratoria postula l'esistenza di un Ente Supremo che chiama Grande Architetto  dell'Universo.
È questo simbolo, ontologicamente semplificato alla sola accezione della Creazione, che ciascun Libero Muratore può apporre il proprio Dio. Per altro verso, secondo "gli Antichi Doveri" ("Old charges"), annessi alla Costituzione dell'Anderson, il massone è chiamato a corrispondere, tra l'altro, a quanto in essi è scritto all'articolo 1: "un libero muratore ha l'obbligo, in virtù del suo titolo, di obbedire alla Legge morale; e se egli ben comprende l'Arte, non sarà mai uno stupido ateo, né un libertino senza Religione. Negli antichi tempi i Liberi Muratori erano obbligati in ogni paese a professare la religione della loro Patria o Nazione, qualunque essa fosse; ma oggi, lasciando a loro stessi le particolari opinioni, si trova più a proposito di obbligarli soltanto a seguire la religione sulla quale tutti gli uomini sono d'accordo: esso consiste nell'essere buoni, sinceri, modesti e persone d'onore qualunque sia il Credo che li distingue ...".
La loggia, unità base della Massoneria, rappresenta l’elemento costitutivo elementare di un “sistema complesso” che mira al raggiungimento di due scopi ben determinati: l’elevazione ed il progresso dell’uomo; l’elevazione ed il progresso dell’umanità.
Sul fronte d’ingresso del suo Tempio vi sono tre parole: Libertà – Uguaglianza – Fratellanza.
Infatti l’ideale società muratoria non potrebbe fondarsi altrimenti che su questi tre cardini considerati nel più perfetto equilibrio tra loro. 
Viceversa la Storia insegna come, fin dalla loro prima definizione, ed in particolare proprio nel corso della stessa Rivoluzione Francese che li ha resi universali, essi sono stati oggetto di conflitti drammatici sul modo di interpretarli ed applicarli.
Proprio la mancata determinazione del loro giusto dosaggio reciproco è stata la causa principale dei fallimenti delle prime definizioni sociali del 1789, cui sono seguite quelle del ’91, del ’92, fino al fallimento totale della stessa Rivoluzione Francese.
Da allora, sino ad oggi, sono stati fatti molti esperimenti sociali in questo senso e tutti sono falliti; in particolare proprio nel XIX secolo e nella prima metà del XX sono esplose nel modo più drammatico e tumultuoso le contraddizioni e le tensioni tra i diversi tentativi di attuazione dei tre principi.
Difatti, pur partendo dalla stessa terna di principi, ma privilegiando una valore più degli altri, si è giunti, come è noto, allo sviluppo di ideologie totalmente contrapposte che si sono affrontate in modo sempre più esteso fino a coinvolgere l’esistenza stessa del pianeta.
Semplificando drasticamente ai valori intrinseci, si può affermare che la difesa della libertà è il fondamento del liberalismo mentre la tensione verso l’uguaglianza costituisce il principio guida del socialismo. 
Corrispondentemente la Fratellanza ha assunto sempre valori di contorno, deputati a dar corpo a solidarietà di sostegno al valore di volta in volta privilegiato (solidarietà nazionali o di ideologia o di classe, e comunque sempre “contro gli altri” o elitarie verso gli altri).
Si può dire invece che, all’opposto di quanto è avvenuto nel mondo politico – sociale profano, le varie Frammassonerie europee hanno ereditato dalla tradizione muratoria un modello di equilibrio reciproco fra i tre principi che può dirsi perfetto, in quanto, pur nelle diverse articolazioni obbedienziali, è rimasto praticamente immutato dal tempo della loro definizione esplicita sino ad oggi.
L’applicazione pratica dei tre principi è affidata essenzialmente a regole di comportamento (etica massonica, individuale e di gruppo) che trovano il loro spessore insostituibile in una tradizione simbolica e rituale che affonda le sue radici nella storia dell’uomo ed il loro fine nella massima valorizzazione della vita terrena. 
Alla competizione si contrappone decisamente la solidarietà; il progresso è concepito come risultato della ricerca dell’uomo a migliorare se stesso, “usando la mente come un cuneo per  allargare, meglio che si può, gli interstizi del muro che lo stringe da ogni parte”.
Ciascuno di questi tre principi costituisce quindi per l’Istituzione Massonica un aspetto di un modello di riferimento individuale dell’Uomo e, tutti insieme, rappresentano la razionalizzazione integrale dell’aspirazione propria della natura umana, nella sua lotta perenne contro il male, per la realizzazione della propria Felicità.
In realtà è estremamente duro e lungo raggiungere quella condizione di maturazione che rende possibile realmente il perfetto equilibrio tra i tre principi. 
Contro questa constatazione pessimistica la Massoneria moderna si è assunto il ruolo attuale di dimostrare, attraverso il “modello sociale – Loggia” (o “laboratorio – Loggia”), che effettivamente la società naturale, che ancor oggi sembra un’utopia, sia in realtà raggiungibile con il miglioramento della qualità dell’uomo.  
I lavori sono stati conclusi dal professore Mario Spizzirri che ha relazionato su “La Massoneria sotto il Consolato e l'Impero" .  
«La Libera Muratoria Francese, secondo la storiografia più accreditata in materia, - afferma lo storico calabrese -  nacque contemporaneamente a quella britannica.
È quasi certo che Logge militari irlandesi siano state presenti in Francia fin dalla fine del sec. XVII (‘600), prima quindi della creazione della Gran Loggia di Londra.
La Massoneria Francese dimostrò subito una grande vitalità e apertura ad esperienze e tradizioni iniziatiche diverse, e a quei movimenti intellettuali vivacissimi che nel ‘700 caratterizzavano la società civile e di cui la Massoneria era fertile terreno di coltura.»
In questo ambiente si svilupparono le Logge femminili di Adozione e i sistemi degli Alti Gradi, dai quali avrebbe avuto origine anche il Rito Scozzese Antico e Accettato. 
Il Rito Moderno, o Rito Francese, nasce in seguito ad un episodio abbastanza modesto, la pubblicazione di rituali e segni di riconoscimento del grado di Apprendista , ed è caratterizzato dall’inversione dell’ordine delle colonne del Tempio, e dallo scambio di segni e parole sacre e di passo fra i tre gradi massonici.
Questo Rito è praticato da molte Officine del Grande Oriente, al quale fa capo la maggioranza, ma non la totalità della Massoneria  Francese, e nonostante si chiami Moderno ha ricevuto la sua codificazione almeno due decenni  prima delle Costituzioni Federiciane (Federico di Prussia, 1786) e sessanta anni prima della costituzione della Gran Loggia Unita di  Inghilterra.
Ma è solo all’inizio del sec. XIX che il De Grasse Tilly, munito di Patenti del Supremo Consiglio Madre di Charleston, costituisce il Rito Scozzese in Francia. 
Il Rito Scozzese genera e amministra direttamente anche le Logge simboliche che si pongono alla sua obbedienza. 
«Abbiamo, quindi, in Francia - dice Mario Spizzirri -  un duplice modello organizzativo: da una parte un Grande Oriente che si costituisce, per così dire, dal “basso”, a partire dalle Logge simboliche, nel quale gli Alti Gradi sono amministrati da un Gran Consiglio dei Riti che ha funzioni
esclusivamente rituali.
Dall’altro abbiamo invece un Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico Accettato che, “dall’alto”, costituisce la piramide rituale fino alle Logge Simboliche che ne costituiscono la base.»
La Massoneria, entrata in crisi durante la fase acuta della Rivoluzione Francese,  riprese vigore sotto il Direttorio tant’è - che nel febbraio 1797- il Grande Oriente di Francia annunciò che era pronto a riprendere forza e vigore. 
Va subito detto che l’atteggiamento di Napoleone (il deus ex machina del Direttorio e delle fasi politiche successive) nei confronti dei culti era molto liberale in quanto il suo intendimento era quello di non avere alcuna religione predominante ma di tollerare tutti i culti, insomma che tutti gli uomini, protestanti, cattolici, ebrei,  musulmani, deisti e quanti altri, fossero eguali in modo che la religione non potesse avere alcuna influenza sull’assegnazione degli incarichi governativi, sulle carriere pubbliche e che essa, quindi, non potesse contribuire a far accogliere o respingere le persone in base a una raccomandazione e che per dare un impiego a qualcuno non si potesse fare alcuna obiezione fondata sulla sua fede ma che fosse, soltanto e almeno, capace. 
Si può dire, subito, che Napoleone agiva nei confronti delle religioni in maniera più corretta ed equidistante di quanto non si fosse comportato un sovrano legato a un culto qualunque. 
Per fare alcuni esempi esplicativi bisogna solo ricordare che “il Grande Corso” in Egitto celebrò la festa di Maometto nella moschea de Il Cairo nell’agosto 1798 e  che aveva riorganizzato il culto protestante con articoli organici subito dopo  il Concordato con la Chiesa. 
Aveva, altresì,  regolamentato il culto ebraico con il decreto del 17 marzo 1808 e, infine, aveva fatto proclamare un catechismo imperiale a gloria della sua persona. 
La Massoneria non lo disturbava nelle sue ambizioni, era sì diffusa nell’esercito ma il comandante supremo dell’Armata era lui e soltanto lui. 
Da una carta massonica dell’Impero francese e di tutte le sue dipendenze del 1809 risulta che il Grande Oriente di Francia aveva forti radicamenti nei Paesi Bassi che contavano circa 40 Logge, nella Renania, nell’Italia Centro-Settentrionale dove la più attiva era la Loggia San Giovanni della Riunione di Torino. 
L’arrivo dei Francesi in quelle regioni fu ben visto dai notabili. 
La penetrazione dei Francesi e delle idee collegate alla loro presenza militare fu molto più difficile nei territori dove era fortemente radicata la religione cattolica in quanto il (i) fattore (i) religioso (i) era un potente antidoto alla diffusione della Massoneria.  
Fu il caso della Spagna, del Portogallo e del ducato di Varsavia.   
Circa la presenza della Massoneria nell’Armata  imperiale c’è subito da dire che su 26 Marescialli del Primo Impero, non meno di 18  erano, in modo più o meno stretto, affiliati al Grande Oriente di Francia e cioè Augerau, Bernadotte, Brune, Jourdan, Kellermann,  Macdonald, Massena, Murat, Ney, Oudinot, Lannes, Soult ecc. 
Il maresciallo Massena era stato iniziato nel 1784 e divenne, nel 1804, Gran Rappresentante del Gran Maestro con il 33^ grado. Brune era Gran Conservatore, Kellermann, fin dal 1803, era Gran Guardiano dell’Archivio. Su 2.400 generali in servizio tra il 1792 e il 1815 si contavano circa 400 massoni. 
Le Logge si erano moltiplicate nell’esercito con una velocità straordinaria. 
I Veri Amici Riuniti furono fondati in Egitto ad Alessandria nel 1799 e, dirò ancora, che il 42^ di linea e il 13^ leggero chiesero al Grande Oriente di Francia la costituzione di Logge con i seguenti titoli: “L’Unione Militare”, “L’Uguaglianza Trionfante”, “Gli Amici Riuniti della Vittoria”, “La Perfetta Unione”. 
A Parigi nel 1810 si contavano almeno 93 Logge:senza dubbio la più celebre era la “San Napoleone” di cui facevano parte i tre marescialli Brune, Kellermann e Massena, l’ammiraglio Ganteaume e i generali Devaux, Gardane, Miollis, Rader, Quantin, Roize e Valence. 
Il reclutamento da parte delle Logge era sempre molto specifico: quella degli Amici Fedeli reclutava soprattutto tra i funzionari del ministero della Guerra, la Loggia dell’Oceano Francese raggruppava i massoni della marina. 
La Loggia della Rosa Stellata, poi, riuniva gli ex ufficiali invalidi e quelli della Guardia  imperiale: tra gli alti ufficiali c’erano il generale Dahlmann che comandava i cacciatori a cavallo della Guardia e, poi, fu ucciso a Eylau, il generale Radet che comandava la Gendarmeria e il generale Roussel, capo di stato maggiore della Guardia Imperiale.  Fu, soprattutto, con la pace di Amiens che lo sviluppo della Massoneria si fece consistente. 
I rapporti con l’Inghilterra amplificarono i  movimenti nell’esercito britannico ove nel 1815 vi erano presenti ben 409 Logge. 
Nel 1804, anno dell’incoronazione di Napoleone ad imperatore dei francesi, nei 90 reggimenti di fanteria di linea c’erano 42 Logge e 18 nei 26 reggimenti di fanteria leggera. 
Una Loggia era tra i corazzieri, 3 fra i dragoni, 2 fra i cacciatori a cavallo, 1 fra gli ussari, 1 nella Scuola di Saint-Cyr.
Almeno 45 Logge vi erano tra i prigionieri francesi in Ispagna e in Inghilterra.
Alcuni reggimenti presentavano una percentuale di ufficiali massoni molto forte: il 54^ di linea comprendeva il 44% di massoni, il 64^ il 41%, il 35^ il 40%, il 21^ il 33%, il 106^ il 29%.
La maggiore percentuale si trovava tra gli ufficiali subalterni: il 44% dei capitani, il 18,3% dei tenenti, il 13,5% dei sottotenenti.
Una prima spiegazione di questo fenomeno era che, in quell’epoca, gli ufficiali inferiori erano particolarmente esposti e partecipavano ai combattimenti con  le compagnie: alto era il numero dei caduti così come quello dei feriti: se si cadeva prigionieri e si era massoni, la sorte dell’ufficiale si prospettava migliore.
Si trattava un po’ come di un’assicurazione per il campo di battaglia.  In un’epoca in cui era notevole la noia delle guarnigioni, essere affiliati diventava un mezzo per vincere la malinconia ed essere massoni comportava spesso la protezione di un superiore o di un grande personaggio e, spesso, serviva anche e/o soprattutto all’avanzamento di grado. 
E vi sono alcuni esempi clamorosi a riguardo del primo caso. 
Durante la guerra di Spagna alcuni prigionieri francesi, marinai della Guardia, evasero: l’ufficiale inglese proibì di far fuoco su di loro in quanto uno dei fuggitivi aveva avuto l’idea di fare il segno di pericolo dei massoni (era il segno di resa, ma avvicinando le mani sopra la testa, con le dita divaricate). 
Un’altra volta vi fu un gruppo di soldati che fece riposare i cavalli in Sassonia nel settembre 1813; un cavaliere fece un segno massonico al proprietario del posto; costui rispose e accolse al meglio i suoi ospiti, fornendo loro da mangiare e il foraggio per i cavalli.
Lo storico calabrese riporta  la testimonianza, tratta dalle "Memorie" di un giovane ufficiale, di nome Octave Levasseur, aiutante di campo del maresciallo Ney. 
L’episodio narrato si svolse nel 2^ reggimento d’artiglieria  a cavallo: “Al mio ingresso nel reggimento mi era stato chiesto se fossi massone. 
Quasi tutti i miei compagni avevano gradi nell’istituzione, i giovani ufficiali insistevano per farsi accogliere e subivano prove molto rigorose”. 
La Massoneria non era, quindi, priva di utilità.
Si sa che sovrani e governanti non potendo distruggere questa potente organizzazione, già nei decenni precedenti,  avevano preso la decisione di farsi affiliare insieme con le loro famiglie. 
Nell’Esercito la promessa di prestarsi assistenza e soccorso diventava talvolta utilissima: anche tra nemici si fraternizzava. 
La Massoneria era ferocemente perseguita dagli inquisitori spagnoli che non riuscirono mai a distruggerla del tutto.
In Portogallo, considerata la sua posizione atlantica e i suoi maggiori legami con l’Inghilterra,  era ancora più diffusa.
Ma il pericolo di una diffusione massiccia nella  penisola iberica, in epoca napoleonica, era collegata anche alla presenza delle truppe di Wellington e di numerose Logge a Gibilterra. 
Le prigioni inglesi sul continente, altresì, pullulavano anch’esse di Logge quali  “I Figli di Hiram”, “I Figli di Marte”,  “I Figli di Nettuno”.
Il prof. Spizzirri ha concluso la sua relazione facendo riferimento all’appartenenza o meno di Napoleone alla Massoneria, dicendo che diversi autori hanno provato a dibattere questo argomento e a tentare di apportarvi elementi di risposta. 
«Il primo contatto del  Bonaparte con la Massoneria - prosegue Spizzirri - sembra sia stata la visita che fece alla Loggia di San Giovanni di Gerusalemme di Nancy il 3 dicembre 1797. 
Non è rimasto alcun documento ufficiale che permetta di stabilire l’iniziazione di Napoleone alla Massoneria. 
Ci sono solo dubbi e sensazioni da parte delle diverse Logge, a seconda degli autori. 
Alcuni sostengono che sia stato iniziato a Malta, in Egitto o a Valence dai Filadelfi dell’Esercito tra il 1796 e il 1797. »
A questa incertezza va aggiunto che, sotto l’impero di Napoleone III, l’imperatrice Eugenia, avversaria della Massoneria, fece  cercare e distruggere tutti i documenti comprovanti qualunque appartenenza dei Napoleonidi alla Massoneria.
Ma Giuseppe, fratello di Napoleone, re di Napoli e poi di Spagna fu iniziato alla Loggia della Perfetta Sincerità di Marsiglia l’8 ottobre 1793 e divenne Gran Maestro del Grande Oriente di Francia il 5 dicembre 1805.
Murat era Gran Maestro del Grande Oriente di Napoli e Eugenio di Beaurnhais era Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. 
La Massoneria nella famiglia Bonaparte era, quindi, una presenza costante e robusta difficile da negare e/o da annullare per decreto  e, certo, svolse un ruolo attivo, propulsivo e dinamico durante la più coinvolgente epoca riformistica dell’Età moderna: quella Napoleonica.

1806
1811
1813
1813
Logoteta
Bruzi Riuniti 
1812
Perfetta Armonia
1813
1813
Colonna Enotria
1813
La Virtù Trionfante
1813
Sapienza e Forza
1813
Gioacchino 1
Cosenza
Scuola di Costumi
Castrovillari
Umanità Liberale
Catanzaro
Allievi di Salomone
Pizzo
Costanza Erculea
Tropea
Colonna Enotria
?
La Virtù Trionfante
Bagnara Calabra
Perfetta Armonia
Reggio
(1) Guarna Logoteta, “Storia di Reggio di Calabria”, pp. 14-15.
Reggio