Si è svolta, venerdì 19 Gennaio, la presentazione del saggio “La Terra Rossa” dello scrittore e studioso dott. Santo Gioffrè, gradito ospite del Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria. L’opera letteraria in argomento è apertamente e deliberatamente schierata dalla parte delle donne. Terra rossa, per la composizione del suolo, per la componente passionale e tragica comune ai suoi abitanti, per il sangue che sovente su di essa viene versato. Il rosso, colore di tramonti infuocati e di morti violente, è spesso associato al nero, metafora del buio, dell’ignoranza, della malvagità. Tutte le sfumature di questi due colori sono presenti nel romanzo e si mescolano attraverso i moti degli animi e le azioni dei suoi personaggi.  Il critico letterario Pasquino Crupi nel breve commento al romanzo, tra i tanti inseriti all’interno del trattato, “La ’ndrangheta nella letteratura Calabrese”, ritenne che la tematica fondamentale dello scritto fosse quella di raffigurare la società malavitosa calabrese all’inizio degli anni cinquanta, imperniata sulle “catriche” e sulla sopraffazione atavica esistente nelle province del Sud Italia tra gli “gnuri” ed i contadini. Ovviamente l’analisi dell’illustre studioso appare pregevole, tuttavia, le vicende della ’ndrangheta restano sullo sfondo dello scritto di Santo Gioffrè. Seppure il personaggio principale dell’opera narrativa è l’uomo, il ricco possidente Don Ciccio D’Alessandro, la vera eroina è l’umile Carmela, la donna, serva, quasi schiava, della quale il benestante padrone si serve per esprimere la propria sensualità superficiale e permeata da clichè di stampo maschilista. L’intera storia è intessuta del rapporto subalterno tra Don Ciccio e Carmela: della progressiva deriva dell’uomo che, piuttosto che procedere verso l’elevazione spirituale, pur avendone mezzi e ingegno, si proietta scientemente verso gli inferi della totale abiezione morale. Trattando Carmela da oggetto sessuale impedisce a sé stesso di godere della paternità che la donna, suo malgrado, gli procura, e alleandosi segretamente con i membri di quel folto sottobosco criminale costituito dalla nascente organizzazione mafiosa, diviene un colluso, un fiancheggiatore doppiamente responsabile e perciò stesso doppiamente spregevole. Don Ciccio è un personaggio irrisolto, un immaturo diremmo oggi, un ignavo che, pur percependo lucidamente la realtà infima del luogo in cui vive, non sceglie la vita, come dovrebbe secondo coscienza e secondo l’educazione ricevuta: sceglie, nel privato, di appartenere all’oscurità dei rapporti non svelati, alla quiete umiliante dell’accoppiamento senza emozioni e – nella vita pubblica – di aderire ad una classe sociale ignava e immobile, quella della borghesia terriera meridionale. È un “parassita” al pari di quei borghesi individuati già in precedenza da Antonio Gramsci in un famoso scritto del dicembre 1919, che anziché ripudiare la delinquenza emergente ne legittima l’espandersi, consentendo il rafforzamento di una cultura a tutt’oggi persistente nella realtà calabrese. A distanza di decenni, e con i notevolissimi studi sociologici che si sono susseguiti sul fenomeno mafioso, possiamo dire che la delinquenza rurale degli anni ’50, quella dei guardiani e dei “fatturi” non sarebbe diventata la potente organizzazione a struttura familistica che osserviamo oggi, se vi fossero stati potenti freni di carattere sociale a fermarla. Misure di salvaguardia che solo la borghesia “istruita” poteva adottare e che probabilmente, per non perdere il prestigio effimero di cui godeva, essa stessa non ha avuto il coraggio di porre in essere. L’intera storia è intessuta del rapporto subalterno tra Don Ciccio e Carmela: della progressiva deriva dell’uomo. Un paese senza nome di quella parte di Calabria lambita dal fiume Petrace (il Metauro del tempo mitico) e battuta dallo scirocco che rende folli gli uomini. Gli anni della breve vita di don Ciccio d’Alessandro (1890-1935), nobile e ricco medico, le cui azioni renderanno tragiche le esistenze di coloro che userà quasi fossero strumenti in suo possesso. Queste alcune delle cifre che sono emerse nel corso della conversazione organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da venerdì 19 Gennaio.

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19 gennaio 2024
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