Ultimo appuntamento dei “Pomeriggi Culturali” organizzato dal Circolo Culturale L’Agorà in collaborazione con il Comune di Reggio Calabria, la Biblioteca Comunale “Pietro De Nava” ed i laboratori di ricerca del sodalizio reggino, tali gruppo di ricerca Mnemos, Centro Studi “Gioacchinoe Napoleone” e Centro Studi italo-ungherese“Árpàd” .
Nel corso del suo intervento il presidente del sodalizio organizzatore Gianni Aiello ha effettuato un excursus indirizzato ad un primo bilancio relativo al periodo invernale primaverile dell’anno incorso evidenziandone la qualità delle manifestazioni svolte fino al momento consistenti in sedici appuntamenti organizzati nell’arco di tempo intercorso da gennaio al mese di giugno.
Evidenziando anche la continuità di scambi interculturali con l’Ungheria dove sono stati realizzati nel mese di maggio due conferenze ed una mostra, mentre la città di Reggio Calabria ha visto la presenza del direttore della Biblioteca Nazionale di Budapest nel corso della presentazione di alcuni documenti ritrovati da Gianni Aiello attestanti la presenza di prigionieri austro-ungarici durante il primo conflitto mondiale.
Non per ultimo il convegno all’interno dei “Pomeriggi Culturali”  nella rubrica delle “Passeggiate danubiane” che ha avuto il merito di ricevere l’Alto Patronato dell’Ambasciata di Ungheria vista anche la valenza culturale dell’incontro relativo alla figura di Màrai Sàndor e la presenza di due studiose ungheresi.
Infine si è voluto ricordare anche il percorso del 2008 inerente i “Pomeriggi Culturali” che hanno rappresentato ancora una volta dei risvolti interessanti e propositivi ma anche ricordando il prof. Ezio Sgrò scomparso improvvisamente qualche settimana prima della manifestazione alla quale doveva partecipare.
Dopo queste doverose premesse la parola è stata data al relatore Antonino Megali che ha trattato la figura di Giovannino Guareschi.
Postero mio diletto ,un giorno ti diranno certamente:”Tuo padre fu un reazionario”e tu non dovrai adontartene perché questa è la sacrosanta verità, tanto che io,oggi,mi onoro di essere un fiero reazionario.
Sono un reazionario perché mi oppongo al progresso e voglio far rivivere le cose del passato.
Ma un reazionario molto relativo,perché il vero bieco reazionario è chi,in nome del progresso e dell’uguaglianza sociale, vuol farci retrocedere fino alla selvaggia era delle caverne e poter così dominare una massa di bruti progrediti ma incivili.
Così scriveva Giovannino Guareschi nell’aprile del '49.
E pensare che quando in quel lontano primo maggio del 1908,a Fontanelle nella bassa parmense,il fondatore del primo circolo socialista Giovanni Faraboli-uno dei modelli a cui poi si ispirerà per la figura di Peppone –seppe della sua nascita proprio il giorno della Festa del Lavoro lo volle vedere e lo mostrò alla folla che applaudì in un tripudio di bandiere rosse considerandolo un futuro compagno socialista.
Più tardi nel 1947 a proposito della sua data di nascita, scriverà che essendo stata soppressa dal 1923 la festività del primo maggio,io mi trovai nell’impossibilità di festeggiare il mio compleanno dal 1923 al 1945.
Ora anche ammesso che mi venga riconosciuto il compleanno clandestino che io celebrai nel 1944 (difficile riconoscimento perché questa mia attività genetliaca la esplicai all’estero) ammesso tutto, dico, oggi io ufficialmente non posso avere più di 16 anni.
Ho scarsi ricordi dei miei primi anni,ma sembra davvero che fossi un personaggio molto riservato emi industriassi a non mettermi in vista.
Verso i 6 anni,qualcuno però si accorse che ero nato e fu una scoperta sgradevole perché l’uomo mi colse mentre svaligiavo un susino del suo orto.
Non comprese il brav’uomo,che io essendo nato in una rovente atmosfera socialista non potevo possedere un concetto molto preciso della proprietà privata.
Così scriverà ancora Giovannino in una breve autobiografia, tra sarcastica e malinconica,che avremo ancoro modo di citare.
Sorvoliamo sugli anni giovanili,che pure meriterebbero una trattazione più particolareggiata.
Non era certo uno studente modello,perciò fu mandato a studiare in un collegio di Parma.”Là mi raparano a zero,mi introdussero a forza dentro una divisa che mi andava stretta soprattutto nei puntiin cui doveva essere comoda”.
Qua conosce Cesare Zavattini che fa l’istitutore ed è bersagliato,privo di autorità com’era,dai convittori.
Uno scherzo era quello di inchiodargli le ciabatte l pavimento e poi di scatenare un gran chiasso nella camerata sottostante,scommettendo su quanto tempo avrebbe impiegato l’istitutore a buttarsi giù dal letto,ad infilare i piedi nelle ciabatte e a sbattere il muso per terra.
“Guareschi è un pericoloso capoclasse” aveva scritto Zavattini in una nota al rettore, ma in poco tempo divennero amici.
Giovannino lo sostituì come istitutore, conseguì la maturità classica, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e  “incominciai a lavorare per vivere.
Così presi appunto il grave vizio di lavorare per vivere e non me ne sono ancora liberato.
Provai una infinità di mestieri: elettricista,cartellonista, xilografo, scenografo,  disegnatore meccanico, custode di deposito di biciclette.
Non me ne riuscì bene nessuno,e allora,ripiegai sul giornalismo.
Così nell’autobiografia sopra citata.
Poi la prima vera svolta della sua vita:la collaborazione al “Bertoldo”.
Il primo numero uscì il 14 luglio 1936.
Bisettimanale raccoglieva il meglio dell’umorismo dell’epoca.
Alla direzione c’erano Mosca e Metz.
Tra i collaboratori Marotta, Marchesi, Manzoni, Molino e Massimo Simili, Alberto Cavaliere, Steinberg che diverrà un grafico di fama internazionale.
Due volte la settimana si presentava in redazione una bambina dagli occhi azzurri e treccine bionde.
Sono la Sandrina diceva e lasciava sul tavolo dei disegni:Era Sandra Mondaini e il collaboratore era
suo padre Giacinto, detto Giaci.
Il Bertoldo ha una funzione dissacratoria come si può notare dai dialoghi tra un Barone e il contadino Bertoldo.Barone:Com’è il funzionario?  Bertoldo:solerte e attivo.  E il film?L’ultimo capolavoro della stagione.E l’operazione?Riuscita perfettamente,ma il paziente è morto per altre ragioni.
Che nome prendono le donne quando sono sedute in tribuna? Un fitto stuolo di elette dame.Guareschi creò per il giornale personaggi e rubriche.
Le vedovane per esempio:erano delle donne enormi alle quali facevano da contraltare uomini piccoli ed esili,quasi sempre moribondi.
Sei così piccino,Anacleto,diceva una al marito,che alla tua morte dovrò accontentarmi di portare il mezzo lutto.
E un’altra mostrava al coniuge morente una bara dicendo:te l’ho comprata subito perché era una occasione.
E ancora:ti cambi la camicia o muori con quella lì.
Infine:pensa Luigi,che bellezza .
Anche il commendatore Carletti ha accettato di venire al funerale!Una rubrica inventata da Giovannino fu la Vita di un rompiscatole con protagonista un neonato che parla e ragiona come un adulto.
Per una vignetta ispirata a Salgari ebbe fastidi dalle autorità.
Il disegno raffigurava una ciurma di pirati pronta all’abbordaggio.
Sandokan li spronava con il solito urlo:Oè tigrotti della Malesia,all’arrembaggio. Ma uno dei pirati non si muoveva,anzi continuava a  fumare tranquillamente la pipa. Sandokan gli domandava: e tu perché non vai all’arrembaggio? Io non sono della Malesia,rispondeva il tigrotto,sono di Gallarate.
Il podestà di Gallarate aveva subito inviato una lettera di protesta specificando che Gallarate aveva dato alla Patria numero tot di caduto,numero tot di volontari, numero tot di Martiri, ma mai un pirata!
Vita difficile la nostra, racconterà Guareschi.
Un giorno riceviamo una velina con su scritto:attaccate gli esistenzialisti.
La leggiamo in tre:Manzoni,Mosca ed io: E diamogli sotto con gli esistenzialisti.
Poi ci guardiamo negli occhi: ”Chi diamine sono gli esistenzialisti”? Consultiamo l’enciclopedia Treccani,chiediamo ai colleghi delle redazioni vicine,saggiamo l’amministrazione e il capo archivista.
Nessuno a sentito parlare di esistenzialismo:Alla fine qualcuno si ricorda di un libretto di Enzo Paci intitolato appunto "Saggio sull’esistenzialismo ed è la salvezza".
Il libro viene acquistato in fretta e dopo qualche ora sappiamo che l’esistenzialismo è un sistema filosofico di nuova fabbricazione. Niente altro….
Nel 1942 gli arriva la notizia che suo fratello risultava disperso in Russia. Allora di notte si mette a passeggiare e ad alta voce-essendo anche un po’ brillo per la grappa bevuta-dice tutto quello che pensa sul regime.
Il giorno dopo viene arrestato.
Gli amici intervengono e gli evitano pesanti sanzioni,ma non possono sottrarlo alla richiamata alle armi.
Tutte le collaborazioni gli vengono sospese,tranne quella sul Bertoldo.
Dopo qualche tempo fu rimandato a casa perché sofferente di una grave forma di ulcera gastrica-duodenale.
Arriva l’anno cruciale il 1943. Cade il fascismo,e l’otto settembre viene catturato dai tedeschi.
Messo di fronte all’alternativa se andare in un Lager o collaborare non ha esitazioni:sceglie il lager.
Viene mandato in Polonia e poi in Germania.
Il capitano della Gestapo cerca di farlo collaborare ad un giornale italiano stampato in Germania.”Io sono un soldato del Reggio Esercito”risponde Guareschi.Il capitano gli fa notare che il Re non ha mantenuto fede alla parola data.
Rispondo,sorridendo,che sono affari suoi.
Dai campi di concentramento Giovannino ritorna con un diario dove ha annotato tutto.
Le baracche sono sudice,con cimici e pidocchi.
Ci si fa una doccia ogni 5 mesi.
Scorazzavano topi affamati e veniva punito chi riusciva a catturarli per farne spezzatino.
Nei lager sono con lui uomini che diventeranno famosi:Alessandro Natta,il filosofo Enzo Paci,lo studioso cattolico Giuseppe Lazzati,il disegnatore novello Gianrico Tedeschi.
Io,scriverà Giovannino anche il prigionia,conservai la mia testardaggine di emiliano della Bassa,e così strinsi i denti e dissi:”Non muoio neanche se mi ammazzano”! e non morii.
Probabilmente non morii perché non mi ammazzarono:il fatto è che non morii.
E si sentì un vincitore perché uscito da quell’inferno non aveva odiato nessuno.
Quando vennero gli inglesi a liberarmi, pesavo 46 chili compresi gli zoccoli di legno all’olandesi,dai 92 originali.
Inizia il dopoguerra. Alla fine del 1945 Guareschi ricevette una lettera di Angelo Rizzoli nella quale si diceva:”Caro Guareschi da tempo non ho sue notizie.Quando potremo vederci a Milano per parlare del nostro giornale?” Si incontrarono e nacque Candido.Perchè quel nome?Un riferimento al Candido di Voltaire? Disse una volta Giovannino:Solo perché finiva in do , come Bertoldo.C’era anche Giovanni Mosca alla guida del settimanale, ma chi diede un’impronta al giornale fu Giovannino.
Così lo presentava lo scrittore:”Candido è apartitico,non riceve direttive da alcuno,non è legato a nessun gruppo politico,a nessun ente,a nessun trust.E’ un foglio imparziale,candido come dice  giustamente il suo nome,con una leggera sfumatura monarchica. Ma una cosa da niente,quasi impercettibile.Qualcuno si ostinerà a voler trovare che Candido ha vaghe tendenze destrorse,il che non è vero per niente,in quanto Candido è di destra nel modo più deciso e inequivocabile. Può,quindi essere letto tranquillamente anche da chi è orientato a sinistra perché essendo privo di ogni mimetizzazione e presentandosi con la sua vera faccia, "Candido" non gioca sull’equivoco,non usa armi ambigue e opportunistiche e non tende tranelli al lettore."Candido" è un foglio borghese: quindi è sfacciatamente filoitaliano,tanto da giustificare pienamente chi lo accusa di essere patriottico. Spiace doverlo ammettere, ma "Candido" è anche reazionario”.
Con queste premesse è chiaro che si impegnò fortemente per la monarchia e per Umberto II.Fu sconfitto.
Il Re parte per l’esilio e colui se ne va parte di Guareschi. Toccante l’articolo che dedicherà all’avvenimento su Candido dove parla di uno sdoppiamento tra lui e un altro Giovannino:Io debbo rimanere qui, debbo camminare per la strada della breve repubblica perché la fame dei miei figli è repubblicana e la fame dei figli è l’avvenire della Patria.
Io resto e Giovannino (l’altro me stesso, quello fatto d’aria) si sfila da me,ritrova gli zoccoli, si carica sulle spalle la sacca con la gavetta e il fornellino di latta,riappende al collo il piastrino e ritorna al Lager.
Laggiù in cima al pennone che vide alla fine cadere la nemica bandiera con la croce uncinata e salire la nostra bandiera,sventola sempre e sventolerà sempre la bandiera tricolore con la croce sabauda.
E’ la bandiera dei morti,dei mille e centomila morti di ogni tempo e di ogni guerra,la bandiera dei giorni lieti e tristi.
E’ la bandiera che accomunò tutti gli italiani,dalle Alpi all’Etna
Nelle elezioni del 1948 aiutò De Gasperi e la D.C. a stravincere.
Creò vignette e manifesti.
Celebre la vignetta che ritraeva un potenziale elettore comunista al momento di votare e diceva:Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!e su un’altra lo scheletro di un soldato morto in Russia invocava:mamma,votagli contro anche per me.
Quel clima di scontro politico che caratterizzò l’Italia del dopoguerra,ispirò a Guareschi l’invenzione di don Camillo e Peppone:il primo è un prete sanguigno e manesco che parla con Dio e
usa il bastone il secondo è un sindaco comunista imbevuto di propaganda,ma in fondo un buon diavolo.
Le storie di due personaggi gli diedero fama e furono tradotti in tutto il mondo.
Nel 1950 si verificò il primo incidente giudiziario.
Il Candido pubblicò una vignetta di Carletto Manzoni raffigurante due fili di bottiglie schierate come corazzieri e un omino,il Presidente che le passava in rassegna,sull’etichetta c’era scritto “Nebiolo.Poderi del senatore Luigi
Einaudi.
”Gli onorevoli Bettiol e Treves chiesero l’incriminazione di Manzoni e Guareschi.
Prima assolti, furono condannati in appello a 8  mesi, sia pure conla condizionale.
In Italia” l’umorismo costituisce reato”, commentò amaramente Giovannino. Intanto politicamente si deteriorarono i rapporti con la D.C. e soprattutto con De Gasperi,definito “peggio di uno sbirro austriaco di Maria Teresa”.
Ben più grave fu il secondo infortunio.
La polemica contro De Gasperi è all’apice  Guareschi lo giudica senza mezzi termini un vero pericolo pubblico e pubblica su Candido un documento firmato dal leader democristiano che gli era arrivato dalla Svizzera.
Su carta che ha lo Stemma Vaticano e la scritta ”Segreteria di Stato di Sua Santità” è richiesto a un tenente colonnello inglese,di stanza a Salerno, di non risparmiare bombardamenti su Roma, al fine
di fiaccare il morale del popolo e favorirne l’insurrezione.
La pubblicazione della lettera allo scopo di mettere in luce la vera personalità di De Gasperi che Giovannino insiste a definire:”un uomo che non si ferma davanti a nessuno e a niente”.
L’editore Rizzoli si dissociò e si dichiarò estraneo ai fatti.
La questione finisce in tribunale.Alcide De Gasperi sotto giuramento dichiarò il documento pubblicato un falso.
Il Tribunale  decise che bastava la parola dell’uomo politico e che sarebbe stato inutile ogni perizia grafica e chimica e anche l’audizione dei testimoni.
Guareschi fu condannato ad un anno di reclusione.
Lo scrittore si rifiutò di presentare appello.La prima condanna condonata si somma ora alla seconda e si aprono per lui le porte della galera.
De Gasperi,quando seppe che Guareschi sarebbe finito in carcere non si commosse:”Sono stato anch’io in galera,ci può andare anche Guareschi.
Le carceri dello stato democratico sono migliori che nei periodi di dittatura.”Guareschi rispose:
Il signore De Gasperi ha ragione:se in galera c’è stato lui,ci può stare anche Guareschi.
Con questa unica veriante: A differenza di quanto fece De Gasperi temporibus illis, Guareschi non inoltrerà nessuna domanda di grazia al Capo del Governo e così resterà in carcere, puntualmente, per tutto il tempo stabilito dalla Giustizia “.
Di fronte all’evidente paradosso, il ministro
Mario Scelba si precipita a casa dello scrittore.
Era andato a offrire una scappatoia per non andare in carcere:un secondo giudizio che si sarebbe concluso con un’assoluzione per insufficienza di prove.
Lo scrittore non lo riceve nemmeno.Scelba dopo tre ore di attesa sene va.Giovannino entra in prigione,dove per altro non ebbe nessun trattamento di favore.
Solo l’editore Rizzoli continua a pagargli lo stipendio di direttore di Candido.
Per questo gesto magnanimo fu perseguitato ed ebbe un’ispezione fiscale con una multa di 800 milioni di lire.
Dopo pochi mesi muore De Gasperi.
Guareschi commenta: ”Mi ha rattristato la morte di quel poveretto. Io,alla  mia uscita,avrei voluto trovarlo sano e potentissimo come lo avevo lasciato:ma inchiniamoci ai Decreti del Padreterno”.
E più tardi,in una intervista:”non provavo odio:tra l’altro, l’odio richiede un’enormità di energie,e non ne valeva la pena. Tra De Gasperi accusatore e Guareshi prigioniero si era messa la Morte. Un personaggio che non si trova nelle commedie,che non fa parte del teatro,ed anzi fa piazza pulita,  prima o poi,di tutti gli attori e( purtroppo) di tutti gli autori”.
Non tornò più sulla polemica se non di sfuggita. Uscirà dal carcere nel luglio del 1955,a farsi sei mesi di libertà vigilata. E’ distrutto nel fisico e nel morale. Scrive :”Tredici mesi di carcere non sono tredici mesi di vacanze,e sono stanco. Adesso sento il peso greve del carcere”.
Gli costa fatica scrivere anche se non perde il suo spirito critico sulla società:Purtroppo questi sono i giorni dei falliti,degli uomini senza idee;è l’era dei demagoghi,dei politicanti, degli ipocriti che nel nome della Giustizia Sociale, stanno perpetrando la più orrenda ingiustizia, spersonalizzare l’individuo,ucciderlo per creare quel cretino medio alla cui mentalità la radio,la televisione e l’altra propaganda governativa vanno ogni giorno di più adeguando i programmi”.
Nel 1957 Guareschi abbandona la direzione di Candido e resta solo come collaboratore.
Dopo qualche anno, per protestare contro Rizzoli, che aveva fatto scempio della sceneggiatura scritta per il film Don Camillo monsignore …. ma  non troppo, si dimette anche da collaboratore.
L’editore sospende le pubblicazioni di Candido.Giovannino in una lettera ad Andrea Rizzoli  riconosce i suoi meriti e anche  e anche le preoccupazioni,i fastidi,il denaro che la famosa lettera contro De Gasperi era costata al padre Angelo.
Ma, aggiunge,”sul mio piatto bisogna mettere anche qualcosa d’altro;”il sopruso del processo,la feroce campagna diffamatoria condotta contro di me dalla stampa e l’aver dovuto vivere per tredici
mesi tra delinquenti della più spregevole specie….tutto questo ha inciso profondamente sul  mio spirito.Angelo Rizzoli,alla fine della triste vicenda,,era sempre Angelo Rizzoli;io,uscendo ad carcere,non ero più Giovannino Guareschi. Nè più riuscìì a diventare il Guareschi che ero”.
La realtà la spiegò in una lettera allo scrittore Gianna Preda sul Borghese…”Pioniere e finanziatore degli aperturisti e dei falsi autonomisti,Angelo Rizzoli aveva stabilito da molti mesi di non aver bisogno della copertura a destra ... "Candido" aveva cominciato  a dargli molti dispiaceri:come quello,apparentemente di scarsa importanza,procuratogli da Fanfani che,una quindicina di giorni fa si rifiutò di riceverlo,facendogli sapere che gli sarebbe stata concessa la grazia di udienza soltanto i giorno in cui Lei, caro Guareschi, avesse cessato di attaccare”.
Negli ultimi anni di vita  collabora a "La Notte","Il Borghese","Oggi".
Nel 1963 gli viene proposto di rispondere su pellicola ad una domanda:Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia,dalla paura delle guerre,dalla guerra? Doveva essere la seconda parte del film "La  Rabbia" .
Nella prima avrebbe risposto Pasolini.
I punti di vista sono opposti. Ma mentre Guareschi accetta la visione di Pasolini, quest’ultimo ritirò la firma dal film(per poi rimetterla) e paragonò Giovannino niente di meno che a Eichmann, uno dei nazisti responsabile della” soluzione finale” e condannato all’impiccagione da un tribunale ebraico.
Guareschi non si scompose.
Il fatto che io abbia accettato-scrisse-di comporre la seconda parte di un film della cui prima parte è autore P.P.Pasolini non significa che anche io abbia aperto a sinistra.
Come non significa che P.P.Pasolini abbia aperto a destra. L’apertura di P.P.Pasolini è rimasta quella che era.
Una delle ultime creazioni guareschiane è un altro prete, Don Chichi, un giovane che deve affiancare Don Camillo,considerato ormai superato.
Ecco il ritratto che ne fa Guareschi: Il pretino progressista inviato dalla Curia a rimettere in carreggiata don Camillo, si chiamava don Francesco ma,per quella sua personcina asciutta e nervosa,  per quel suo clergjman attillatine, per quel suo continuo agitarsi e scodinzolare, era stato ribattezzato dalla gente don Chichi.
Un nomignolo che non significa niente di preciso,ma rende perfettamente l’idea.
Quarantanni fa moriva a Cervia , colpito da un secondo infarto.
E’ morto lo scrittore che non era mai nato scrisse l’Unità.
La televisione gli dedicò 135 secondi.
La rivista americana Life nove pagine.
Enzo Tortora,un mese dopo la morte, così lo ricordò:Per molti,Giovanni Guareschi ha tolto il disturbo.
In realtà è più probabile che G.G. si fossa annoiato.
Annoiato di questo bigio panorama d’anime, di questo univoco corogregoriano del conformismo truccato da” impegno”.
E se ne va con lui  l’ultimo capitano coraggioso:in questa domestica bacinella di cacasotto,diteci, chi rimane?

ShinyStat
15 maggio 2008

G.Preda, “Lettera aperta a Guareschi” – “Il Borghese”, 19 ottobre 1961;
C.Quarantotto, La “Rabbia” di P.P.Pasolini. “Il Borghese”, 25 aprile 1963;
C.Manzoni, “Gli anni verdi del Bertoldo”, Rizzoli, 1964;
M.Tedeschi, “Il vero Giovannino”  - “Il Borghese”, 1 agosto 1968;
G.Guareschi, “Don Camillo”, Bur,ottobre 1977;
B.Gualazzini, “Guareschi”,  Editoriale Nuova, 1981;
G.Guareschi, “Italia Provvisoria” , Rizzoli, 1983;
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G.Guareschi , “Chi sogna nuovi gerani?” ,Rizzoli, giugno 1993;
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O.Del Buono, “Amici Maestri”,  “La Stampa”,  21 gennaio 1995;
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G. Guareschi,  “Autobiografia”, - “Il Giornale”,22 luglio 2004;
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G.Conti, “Giovannino Guareschi”,  Rizzoli,2008.