Nel bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, nato a Nizza il 4 luglio 1807, il sodalizio reggino ha pensato di organizzare un convegno.
Lo stesso al di fuori dei soliti schemi autocelebrativi e di parte, dando quindi visibilità a più voci, anche se di opinioni e vedute storiche “diverse”. Creando quindi un incontro-confronto, come avveniva nel mondo egeo, quindi una “agorà” nella “agorà”.
E gli elementi c'erano tutti per una "serena" discussione sul tema, infatti basti pensare alla provocazione culturale del titolo “Chi era costui?”, quindi diverse chiavi di lettura, sul personaggio, il periodo storico, l’uomo .
È stato un modo anche di approfondire lontano dalla retorica tale figura che continua ad essere, come tanti nomi della storia ad esserne una vittima illustre: o lo si odia o lo si ama, quasi senza l’evenienza di una via di mezzo.
Ma quello che è risultato utile nella conversazione che andava a concludere la serie di incontri presso la Biblioteca “Pietro De Nava” facenti parte dei “Pomeriggi Culturali” è stato quello di offrire ai presenti la possibilità di conoscere tale importante figura da diverse angolazioni culturali.
Gianni Aiello, presidente del Circolo Culturale L’Agorà esordisce dicendo la manifestazione è sicuramente una provocazione di tipo culturale e che Giuseppe Garibaldi è stato “usato” a prestito dalla casa Savoia come eroe: il periodo storico lo imponeva, c’era bisogno di una figura nella quale la popolazione doveva riconoscersi, idealizzarsi e poi messo da parte, la frase “Obbedisco” deve far riflettere e far pensare.
«Successivamente nel “secondo risorgimento”  - prosegue Gianni Aiello - come definito da alcuni, il periodo del dopo 25 luglio 1943, Giuseppe Garibaldi “riemerge” tra le fila della resistenza con le famose brigate.
Lo ritroviamo anche raffigurato in molti manifesti durante il primo referendum del secondo dopo guerra, quello  per intenderci “monarchia” o “repubblica”. Ma anche nei periodi successivi, durante le prime campagne elettorali della prima Repubblica».
Giuseppe Garibaldi è stato osannato, odiato, forse dimenticato, ma pur sempre nel bene e nel male si parla di lui ed egli, naturalmente fa parlare di se stesso, sicuramente un eroe per  tutti gli schieramenti.
Successivamente Gianni Aiello ha lanciato altre sollecitazioni all’uditorio, o se vogliamo altre provocazioni culturali come lo strano parallelismo tra Napoleone Bonaparte e Giuseppe Garibaldi: entrambi militari, strateghi, condottieri, amanti dell’epopea classica che poi la riattualizzavano nei loro tempi, durante le loro campagne militari.
Altro elemento l’isola in comune: la Corsica, ’Elba, Sant’Elena, Caprera.
Il primo, Napoleone Bonaparte, per poco non italiano, il secondo Giuseppe Garibaldi, per poco non francese.
Due città, con i relativi territori, abitanti, culture che vengono sradicate per volontà politiche e, quindi, cambiano nazionalità come i due personaggi.
«Oggi, in questa occasione, precisa Gianni Aiello - tale figura, quella di Giuseppe Garibaldi, lontana dalla solite celebrazioni, sarà vista, forse, in modo diverso».
In fondo, la storia - prosegue il relatore nel suo intervento - è come una barricata, quindi bisogna camminarci sopra, e guardando dall’una e dall’altra parte, poi cercare di trarre delle conclusioni in modo sereno.
«Anche se questi giudizi sono sempre dei giudizi variabili, visto che, la storia, essendo costituita da documenti, questa è materia elastica, in quanto la scoperta di nuovi documenti da la possibilità al ricercatore, allo storico, al semplice appassionato di trarre sempre nuove conclusioni, nuove letture della stessa sia di fatti che di personaggi. Secondo il mio modesto avviso, Giuseppe Garibaldi un idealista anche come coloro che resistettero fino alla fine nelle cittadelle di Messina e di  Gaeta, nonostante i tradimenti».
A tal proposito Gianni Aiello ha ricordato ai presenti delle citazioni tratte da alcune  pubblicazioni a riguardo la figura di Giuseppe Garibaldi, come: [… Quando questa biografia uscì, nel lontano maggio del 1963, infuriarono subito le polemiche. Non si parlava più o bene o male di Garibaldi – era lecito fare entrambe le cose pur rimanendo nell’oleografia ufficiale -,  ma se ne dava un ritratto nuovo, vivo, inatteso che sconvolse maestri di scuola pigri, professori indolenti, insomma tutti coloro che amavano i luoghi comuni…] (1) e di seguito quella estrapolata dal suo memoriale dove […avendo creduto per la maggior parte della mia vita ad un miglioramento umano, sono amareggiato nel veder tanti malanni e tanta corruzione in questo sedicente secolo civile…] . (2)
La sua forza d’animo, la sua tenacia, il coraggio ed anche, se vogliamo la fortuna, fanno si che Giuseppe Garibaldi riesce ad attirare l’attenzione di idealisti, esuli, di giornalisti che ne esaltano tali doti.
“Uomo di fama  mondiale” lo descrive nel 1850 la testata del “The New York Daily Tribune”  , o dei letterari, come Victor Hugo, che dieci anni dopo ebbe a  descriverlo  come “Uomo della libertà, uomo dell’umanità”.
La parola è poi passata al prof. Matteo Gatto che ha letto la relazione “Volontari europei nelle imprese garibaldine (1848-1866) “del prof. Mario Spizzirri, assente per motivi di salute.
«Quando  uno  storico - legge il professore Matteo Gatto - si approccia alla figura e all'opera di Giuseppe Garibaldi,  è, immediatamente,  colpito dalla sua figura europea e mondiale.  Si può subito dire che   tutta la sua avventurosa esperienza di marinaio, di proscritto, di condottiero in Sud America,   fu una lunga vigilia di preparazione per la grande stagione non solo italiana ma più ampiamente europea che si accenna nel '48-49 ed esplode nel 1859-60.»
Dopo l'esperienza in America latina, lo sbarco a Nizza nel   giugno 1848  riportano Garibaldi sulla scena europea: la «primavera dei popoli»  sboccia in Europa nel 1848-49 creando speranze di rinascita nazionale ed anche di ascesa sociale fra Polacchi e Italiani, Cechi, Serbi, Croati, Bulgari, Magiari e Romeni rappresenta in certo modo il prologo della più ampia «presenza» europea di Garibaldi degli anni successivi.
Gli accordi stipulati a Torino nel 1848-49 con i rivoluzionari ungheresi, guidati nella lotta contro l'Austria da  Kossuth (affiancati da analoghe intese dei Governi provvisori di Venezia e di Lombardia) si traducono anche in un preciso impegno militare, con l'invio in Ungheria del colonnello dell’armata sarda Alessandro Monti che, nel 1849, mette in piedi una «Legione» italiana con prigionieri e disertori, usciti dai reggimenti austriaci.
Dal 1848-49 in avanti, volontari provenienti da tutta la Penisola, emigrati e proscritti giuliani e dalmati o quanti apparten­gono all'emigrazione centro-europea — soprattutto Magiari e Polacchi — non senza la presenza di francesi, inglesi, prussiani,cechi, slavi meridionali, greci, o qualche russo, cominciano a militare nelle file garibaldine ed anche nell'esercito regolare sardo, poi italiano; ed ogni gruppo propone e fa vivere agli occhi dell'Europa, oltre che dell'Italia, il suo particolare problema nazionale o protesta politica.
Le formazioni garibaldine sin dalle origini sono varie e composite e la camicia rossa diventa la divisa che unisce uomini di varia origine, di diversa estrazione nazionale, ma tutti consapevoli di lottare, con Garibaldi, per un ideale comune, quello della libertà, della unità e dell'indipendenza nazionali.
La loro  presenza fra le file garibaldine o nell'esercito regolare continua ad avere un significato inconfondibile: attestazione di volontà nazionale, coscienza di un legame, esistenza in tutti di una spinta interiore che li fa partecipi della vicenda unitaria della patria comune.
Il passaggio dei garibaldini attraverso la Calabria sollevò il più alto entusiasmo; un appello a Garibaldi dei «discendenti di Skanderberg» fu preparato, per il suo transito da Castrovillari, da Gabriele Frega, ben pronto a indicare come mete ulteriori, dopo l'unità italiana, la Polonia e l'Ungheria.
Un reggimento di Italo-Albanesi, si formò al comando del colonnello Domenico Damis di Lungro,  fra cui un grup­po di giovani scappati dal Collegio di Sant'Adriano.
Furono oltre cinquecento i volontari che combatterono  al Volturno e fra i più noti itiamo Raffaele e Domenico Mauro di San Demetrio Corone, Giuseppe Pace di Castrovillari, il maggiore Gennaro Placco, di Civita, Gennaro Mortali di Spezzano Albanese.
Il gruppo più importante e numeroso fu la «Legione» comandata dal visconte Paul de Flotte, i nobile famiglia brettone, che lasciò la vita a Solano il 22 agosto 1860, durante lo sbarco in Calabria, i polacchi come il principe Adam Czartoryski, il grande poeta romantico Adam Mickiewicz, il generale Ludwig Mierostawski (combattente in Sicilia contro i Borboni nel 1848), lo storico Joachim Lelewel .
Di un certo interesse la presenza dei capi della rivoluzione ungherese del 1848-49 Lajos Kossuth, il gen. G. Klapka, Lajos Teleki, F. Pulszki ed altri; queste due emigrazioni — polacca e magiara — sono pronte a dare, a prodigarsi per a causa italiana, sicure che domani potranno ricevere un aiuto concreto dall'Italia e dagli Italiani, Polacchi e Magiari, dunque, sono ben presenti con primo fra tutti il generale Stefano Tùrr, a capo della sua 15a divisione, e poi, numerosi nella divisione Medici. (3)
Una legione ungherese fu costituita dopo la  presa di Palermo, nell'ambito della 15a divisione Turr; essa raggiunse le 440 unità e ad  essa si affiancarono gli ussari ungheresi, già in servizio nell'esercito borbonico.
Fra i nomi dei comandanti si ricordano, oltre il generale Turr i ten. colonnelli F. Eber, K.Eberhardt e F. Pulszky, i comandanti di brigata maggiori Gustavo Frigyesy e Szakmary, i tenenti colonnelli Rudolf  Magyoródy (che si distinguerà al Volturno) e Filippo Figyelmesy a capo   della Legione ungherese, il tenente colonnello M. Kiss, già capo di stato maggiore di Omer Pascià nella guerra del Montenegro e Alessandro Teleki; il nome del valoroso  maggiore Lodovico Tùkòry, accorso in Italia nel '59 e caduto con la Legione ungherese all'attacco di Palermo, per espresso volere di Garibaldi fu dato alla prima fregata napoletana che alzò bandiera italiana. (4)  
Nell'insieme, una partecipazione massiccia, questa degli un­gheresi che dall'Italia guardano come meta all'Ungheria, ben con­sapevoli di poter contare sulle parole dette da Garibaldi il 16 ottobre 1860: « Ad essi non solo dobbiamo gratitudine, ma è nostro dovere aiutare la loro causa e farla nostra poiché la libertà d'Italia è strettamente legata all'indipendenza e alla libertà d'Ungheria ».
Di tutt’altro parere è la visione di Giacomo Oliva della  Sovrintendenza ai beni culturali e ambientali Calabria, il quale si è complimentato per la manifestazione e con gli organizzatori che con essa hanno realizzato un dibattito non a senso unico.
«Credo sia arrivato il momento, - dice il dott. Giacomo Oliva -  perché i tempi sono maturi, di fare una seria, obiettiva critica alla storia e ai personaggi storici senza cadere nelle stereotipate espressioni di enfatizzazione di personaggi tramandati da una generazione all’altra e presentati come grandi uomini e  grandi eroi. Immagine costruita dai vincitori di eventi. Credo che ormai non siamo così infantili, ingenui a recepire la storia, gli eventi e i personaggi così come ci vengono proposti da una certa letteratura sclerotizzata,  ormai, nel tempo. Uno di questi personaggi è  proprio Giuseppe Garibaldi. »
Ma l'«Eroe dei due mondi», quello che ogni bambino ama per l'animo romantico e lo spirito avventuroso, ha avuto, come lo stesso relatore ha riferito nel corso del suo intervento, proprio in lui, nel periodo della sua infanzia, un periodo di esaltazione per tale personaggio storico, poi approfondendo gli studi, tale mito è crollato.
«Sono diventato un grande amante del Sud - prosegue il dirigente della  Sovrintendenza ai beni culturali e ambientali Calabria - ed interessato ai grandi problemi che attanagliano queste nostre contrade. Oggi siamo ridotti a “non avere gli occhi per piangere”. Fin quando avevo 10 anni ho difeso chi nel Risorgimento ha perso. Oggi le persone che contrastano l’operato e la figura di Garibaldi o di altri personaggi del risorgimento sono sempre più numerosi.
Tornando proprio sulla figura del nostro personaggio, basti solo digitare su un motore di ricerca al computer la parola “Garibaldi” per avere migliaia e migliaia di pagine che all’80%  ritraggono il cosiddetto “eroe dei due mondi” come delinquente, uno stupratore, un negriero».
«Ma chi era effettivamente Garibaldi?» si chiede Giacomo Oliva, sollecitando i presenti alla stessa riflessione: agli inizi dell’estate del 1836 Garibaldi venne accusato dalle autorità di Rio de Janeiro di traffici illeciti e per questo venne espulso dal Brasile.
Ma nello stesso paese esercitò azioni di pirateria attuando azioni di disturbo contro le imbarcazioni della marina locale ed effettuando saccheggi nella zona del Rio Grande anche contro  imbarcazioni ispaniche e per questo veniva protetto dai britannici; nello stesso periodo sostenne la causa che combatteva la monarchia del Brasile.
Successivamente, dopo essere stato in Argentina ed in Uruguay, dove a Montevideo fece parte della loggia "Gli Amici della Patria", era il 24 agosto 1844.
C'è da segnalare che le strategie politiche in quel periodo stavano per subire dei cambiamenti,  anche in virtù dell'apertura del canale di Suez e con il conseguente ruolo che avrebbero potuto avere i principali porti del Mediterraneo, tra i  quali quelli del Regno borbonico.
Va da sè che la massoneria inglese assunse un  ruolo determinante, come la cospicua somma che  ricevette Giuseppe Garibaldi dalla loggia di Edimburgo per effettuare le operazioni in Sicilia e dopo il loro assolvimento la risalita verso Napoli.
Il relatore prosegue dicendo che il ruolo  determinante lo ha svolto la massoneria inglese,  che in questo caso si unì a quella francese,  piemontese e ligure, in quanto agli inglesi interessava l’aspetto economico e il dominio del Mediterraneo. Napoli presentava il nemico numero uno da abbattere perché era oramai diventata la città tra le più importanti d’Europa anche per  il commercio marittimo ed il Regno delle Due  Sicilie una potenza industrializzata con riserve  auree che superavano tutti gli stati italiani  messi insieme.
Era necessario abbattere il Regno di Napoli perché economicamente dava fastidio alle grandi potenze europee come quella inglese che vedeva nel sud Italia la diretta concorrente specialmente nel commercio marittimo, come si accennava sopra, per cui eliminando tale potenza tutto poteva essere più facile e molti italiani hanno abboccato all’amo per ignoranza.
«É comprensibile - prosegue nel suo intervento Giacomo Oliva - che in quell’epoca lo spirito di rinnovamento che ha spinto specialmente i giovani e gli intellettuali a sostenere il rinnovamento politico e delle monarchie assolute, retaggio di  antiche culture, e l’ideale dell’Unità d’Italia era un ideale che faceva presa specialmente nei giovani.
In questo cammino la massoneria ha avuto un  ruolo non indifferente, anzi direi che l’Unità d’Italia fatta in questo modo è opera esclusiva della massoneria. Capisco che ancora oggi molti meridionali pur mando la loro terra sono gli strenui difensori di Garibaldi e delle sue  imprese ma ciò dettato dalla ignoranza crassa e mi auguro che sia ignoranza, cioè voce del verbo  ignorare. Noi meridionali stiamo applaudendo a  chi ci ha tolto tutto, ma siamo pazzi! E come Francesco II nostro legittimo sovrano nell’ultimo messaggio al Regno disse “non ci lasceranno neanche gli occhi per piangere”».
Dopo la relazione di Giacomo Oliva, la parola è passata alla gradita ospite del Circolo Culturale L'Agorà, la  rappresentante del Consolato d’Ungheria Jambor Judith Katalin che è rimasta favorevolmente colpita dalla manifestazione ed ancheper la notevole mole di attività culturali e di ricerca  fin qui realizzate dall'associazione organizzatrice per rafforzare la memoria storica e culturale che lega l'Ungheria ed il territorio n cui opera da anni il sodalizio reggino.
Sottolineando, nel contempo, anche l'importanza del ruolo svolto dal centro studi italo-ungherese  "Árpàd", il laboratorio di ricerca all'interno del Circolo Culturale L'Agorà, sicuro punto di riferimento per gli amanti delle tematiche storico-culturali ed anche degli ungheresi che vivono sul territorio.
Alla fine della manifestazione è seguito un dibattito sul tema della giornata, dove ognuno ha espresso  il proprio parere sul personaggio oggetto della discussione, grazie anche alle varie sollecitazioni espresse dagli intervenuti.

ShinyStat
28 giugno 2007

(1) Montanelli-Nozza “Garibaldi – Ritratto dell’Eroe dei Due Mondi”, BUR, 2002;
(2)  Giuseppe Garibaldi “Memorie”, KAOS  EDIZIONI, 2006;
(3) Turr S., "L’opera di Stefano Turr nel Risorgimento italiano", Firenze, 1928;
(4)  Vigevano A., "La legione ungherese in Italia (1859-1867)", Roma, 1924.

L'omaggio di Budapest a Garibaldi
Garibaldinak a magyar nemzet
Budapest: busto di Garibaldi