Una data importante che viene ricordata in riva allo Stretto dal sodalizio reggino e dal suo Centro Studi "Gioacchino e Napoleone" che con questo incontro ha inteso approfondire i temi sociali, culturali, economici di  quel periodo, caratterizzati dalla successione di avvenimenti politici  e sociali la caduta della monarchia, il crollo dell'Ancien Règime.
Le cause fondamentali furono l'incapacità  delle classi dominanti di affrontare i problemi di stato, l'indecisione del re, l'esagerata tassazione della popolazione rurale, l'impoverimento del proletariato, il fermento intellettuale all'illuminismo.
La rivoluzione francese determinò una successione di avvenimenti politici e sociali che ebbero come conseguenze principali la caduta della monarchia, il crollo dell'Ancien Régime e l'istituzione delle Repubblica di Francia.
Si è parlato delle cause storiche della rivoluzione, della sanguinosa rivolta, quando il popolo parigino reagì con l'insurrezione aperta e dopo due giorni di tumulti prese d'assalto la Bastiglia, il carcere simbolo del dispotismo reale (14 luglio 1789), la costituzione,  nota come Dichiarazione dei  diritti dell'uomo e del cittadino, i delegati formularono gli ideali rivoluzionari condensati poi nell'espressione "libertè, egalitè, fraternitè", il periodo del Terrore (aprile 1793 - luglio 1794), ai fatti della Vandea e alle altre rivolte che si  verificarono anche nella penisola italiana nei confronti dell'esercito napoleonico e contro il giacobinismo italiano.
Due culture diverse sono state sviscerate nel corso dell'incontro: due modi diversi di vedere la storia, la cultura, idee illuministe che andavano ad urtare la suscettibilità dell'arretratezza e dell'ignoranza e della povertà in cui versavano le popolazioni di quel periodo.
Daniele Zangari ha relazionato su "All'alba delle insorgenze anti '89".
«Mentre il popolo parigino  -esordisce il  relatore - gridava  ritmando il nuovo motto "libertè, egalitè, fraternitè", a qualche centinaio di chilometri il popolo della Vandea insorgeva contro il movimento parigino».
Jacques Cathelineau, uomo semplice, mite, ma nello stesso tempo energico e risoluto, ha solo  34 anni quando inizia  la sua avventura controrivoluzionaria, dando avvio a quel fenomeno dell'insorgenza che partirà appunto dalla Vandea.
Il 13 maggio 1793 si  può considerare la data ufficiale - prosegue Zangari - la data ufficiale dell'inizio delle ostilità contro il movimento parigino,  quando Cathelineau viene informato della rivolta dei coscritti a Saint-Florent, compreso il pericolo che minacciava i suoi paesani, lancia un appello a combattere i "blues" al grido  di "viva la Religione": nasce insorgenti (con lui vi erano solo 27 giovani) che dichiara guerra alla Convenzione.
La causa  principale del movimento controrivoluzionario è la volontà di rimanere cattolici nonostante le persecuzioni e la legge del 24 febbraio del 1793 con la quale la Repubblica ordina una leva di 300.000 uomini.
Cathelineau  non fu il primo a sollevarsi, infatti altri focolai erano presenti in Bretagna e nel Maine, ma egli fu il primo che cercò di dare una organizzazione al movimento, di arruolare i volontari e di  riunire tutti i realisti per dare corpo ad una grande armata.
I primi scontri con le truppe repubblicane si verificarono a Jallais, Chemillè, Cholet, Vihiers, Coron, Chalonnes, dove i cittadini avevano sugli abiti cucite le effigia del  Sacro Cuore ed il rosario tra le mani: questi elementi religiosi li troviamo nell'Armata Sanfedista del Cardinale Ruffo, durante i fatti della Repubblica Napoletana del 1799, aspetti questi che sono stati discussi dall'altro relatore della serata, Gianni Aiello.
Ma tornando al tema trattato dallo Zangari volgiamo i riflettori alla figura di Cathelineau che il 12 giugno del 1793, dopo una grande vittoria, viene proclamato Generalissimo, e dopo circa due settimane, era il 29 di giugno, troverà la morte in combattimento.
Il Zangari  dopo aver descritto questi aspetti  pone un accento su «che  cosa fu veramente la rivoluzione francese?»: il relatore  prosegue dicendo che il capofila degli scrittori revisionisti François Furet ebbe a dire che il totalitarismo contemporaneo affonda le sue radici nella rivoluzione; che le posizioni ideologiche dei controrivoluzionari vanno attentamente valutate e in modo particolare va riscoperta l'opera di Auguste Cochin, studioso delle "società di pensiero", cioè di quei laboratori politici dove si programmano i meccanismi del consenso e si manipola l'opinione pubblica, facendole credere che è lei che sceglie liberamente. Pierre Chaunu, docente di Storia moderna alla Sorbonna, così commenta la repressione del movimento controrivoluzionario
parigino .
"Nella Vandea non c'è stato un semplice massacro, ma un vero e proprio  tentativo di distruzione sistematica della popolazione civile, quando già le forze vandeane erano state sconfitte". 
"Le colonne infernali dirette dal generale Tureau, colonne di imboscati che preferivano infierire sui civile   inermi anziché battersi al fronte contro i Prussiani e gli Austriaci, hanno incendiato il 40% dei campi e delle case. Hanno truicidato donne e bambini. I morti sono stati 130.000 su una popolazione di 600.000 abitanti. E se a un certo  tempo il generale Hoche non fosse intervenuto, il massacro sarebbe stato totale
Allora, come non parlare di genocidio? (L'Espresso, 30 novembre 1986).
Ed ancora Chaunu che nel decennio 1789/99 vede "una straordinaria repressione, la più nera della storia di  Francia; che parla di un ordine scritto dal generale Carnot (l'organizzatore dell'esercito rivoluzionario repubblicano) per dare il nulla osta agli assassini scatenati in Vandea ("Uccidete le donne, perché sono il solco della riproduzione; uccidete i bambini, perché sono i briganti del domani"; che veda  nella rivoluzione i perversi meccanismi generatori del totalitarismo,  sia quello nazista, sia quello bolscevico."
A favore di Chauni sono interventuti Robert Hersant, editore de "Le Figaro" e "Le Figaro Magazine", giornalisti come George Suffert e   Louis Pauwels, studiosi come Règine Pernoud, Andrè Fossart, Bernard Plongeron, Marcel Gauchet. Bisogna cancellare  la  mitologia rivoluzionaria giacobina, bisogna ridisegnare i connotati reali della Francia Cristiana dell'"Ancien Regime"; occorre dimostrare che la  Vandea è stata la prova generale dei Gulag contemporanei.
Lo stesso sociologo Alain Touraine così afferma: non sempre i movimenti di liberazione generano una società  liberale, non sempre l'egualitarismo garantisce la democrazia; spesso le ideologie progressiste si sono rovesciate in esperienze di  disegno contrario, addirittura nel più fanatico integralismo.
In conclusione, è  giunto forse il momento, in questi come in tutti i fatti storici, di chiamare tutti, eredi dei vinti ed eredi dei vincitori, a rendere testimonianza.
Il Papa romano, Giovanni Paolo II, qualche anno fa, santificando i martiri vandeani, ha reso la sua testimonianza.
La relazione di Gianni Aiello si è basata sia su fatti storici,  filosofici, religiosi ed antropologici, ma nel contempo il suo intervento  ha avuto il compito di mettere in chiaro che grossi meriti, indipendente da quale parte della barricata erano posti durante i fatti del 1799, l'ebbero i calabresi.
Tornando ai parallelismi toccati da Gianni Aiello vi sono quelli relativi alla stesura della Carta Costituzionale  del 24 giugno del 1793 "... tutti gli uomini sono eguali per natura..." e quelli  con quanto espresso da J.J. Rousseau ne "Il Contratto sociale" e quanto riportato, invece, dal documento costituzionale della Repubblica Napoletana con quello della Repubblica Italiana " .. una e sola .."Gianni Aiello tratta, quindi, questi parallelismi come il già citato art. 3 de "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino dell'anno I della Repubblica (24 giugno 1793) :  [tutti gli uomini sono eguali per natura e di fronte alla legge] con quanto riportato nel Libro I de "Il Contratto Sociale" [l'uomo è nato libero e ovunque è in catene...].Il  relatore ha poi effettuato un percorso storico  a partire dalla notte tra il 21 ed il 22 dicembre del 1798 quando Ferdinando IV si imbarcò sul Vanguard di Orazio Nelson dirigendosi a Palermo per poi parlare delle prime settimane dell'anno successivo, che vide la firma della resa firmata  dal Pignatelli in data 12 gennaio e la settimana successiva la presa di Castel S.Elmo da parte dei giacobini tra il 19  ed il 20 gennaio,  mentre ventiquattro ore dopo venne dichiarato decaduto
Ferdinando e dalla stessa fortezza il reggino Giuseppe Logoteta proclama la Repubblica Napoletana.
Il 23 dello stesso mese entrano in Napoli le truppe di Championnet e la successiva creazione del governo provvisorio tra la data dell'entrata dell'esercito napoleonico e la data del 24 dello stesso mese.
Gianni Aiello nel suo excursus ha trattato altri argomenti legati ad altrettanti giorni  fondamentali per la Repubblica Napoletana come quella del 29 gennaio relativa alla promulgazione della legge che aboliva ferdercommessi e primigeniture, ma soprattutto  quella del 25 aprile relativa alla legge sulla eversione della feudalità.
La relazione è proseguita poi con la descrizione dell'avanzata dell'armata sanfedista, dell'abbigliamento e degli elementi sacri che i componenti usavano indossare e della sua composizione e relativa struttura della stessa.
Essa era prevalentemente costituita da calabresi ed oltre a che degli idealisti - come ha  precisato Gianni Aiello- vi erano anche lazzari, contadini, briganti,  ex-detenuti,  avventurieri, poi campieri, gabelloti e spanzati * [ vedi convegno organizzato dallo stesso sodalizio reggino su 'Ndrangheta: dalle origini ai giorni nostri]
Gianni Aiello è passato poi a tratteggiare i  fatti salienti relativi alla battaglia di Vigliena: essa era una piccola fortezza, costruita nel 1706, difesa da una guarnigione di 150 calabresi (una parte delle Legione calabra forte di 2000 distribuiti nei forti ed in altre zone strategiche di Napoli e guidati personalmente dal reggino Girolamo Arcovito, celebre il suo motto «vincere e vendicarsi o morire») .
Dopo la caduta di Giuseppe Schipani, catanzarese, al largo della Favorita, il forte di Vigliena, comandato dal prete cosentino Antonio Toscani, venne attaccato  dai Russi  alleati  del  cardinale Fabrizio Ruffo.
L'assedio durò due giorni e gli assediati respinsero i sanfedisti grazie al supporto logistico delle batterie delle navi comandate dall'ammiraglio Caracciolo.
All'alba del 13 giugno, vista la notevole resistenza, il Ruffo ordina l'attacco di tre compagnie di cacciatori calabresi, guidate dal reggino Francesco Rapini.
Fu un combattimento corpo a corpo, calabresi contro calabresi, reggini contro reggini: Girolamo Arcovito, Antonio Toscani, Bernardo Pontari (22 anni da Reggio), Francesco Martelli (da Staiti), Nicola Bosurgi, Domenico Muratori, Vincenzo Catalani, Vincenzo Fabiani (da Grotteria) lo troviamo con l'Imperatore Bonaparte al passaggio delle Alpi (campagna d'Italia), ebbe grossi meriti nella conquista del  forte di Scilla nel febbraio del 1807),Paolo Polimeno, compositore dell'inno sanfedista, Domenico Molinari (da Bagaladi) che  prese parte  all'assedio di Monopoli al seguito del cardinale Ruffo.
Gianni Aiello è poi passato alle conclusioni dicendo: «i giacobini meridionali pagarono con la vita il tentativo di aprire le porte del progresso civile nel loro Paese, impietosamente sterminati dalla repressione conservatrice del periodo.
Ma le idee non si possono fermare ed oggi anche la costituzione italiana, come quella delle Repubblica napoletana è una e indivisibile, a indicare che i  legami del "Contratto sociale" di Rosseau che fa di una comunità una Nazione non possono essere dimenticati e messi da parte»
Il prof. Mario Spizziri  nella qualità di Commissario Straordinario dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano della provincia di Cosenza ha tratteggiato un breve excursus sulla Francia alla metà del '700 per poi trattare l'argomento oggetto della giornata di studi.
A metà del 18^ secolo la Francia  aveva 25 milioni di abitanti ed era lo Stato più popoloso d’Europa.
Ciò era il segno più evidente di un progressivo miglioramento delle  condizioni di vita dei suoi abitanti e di uno sviluppo delle sue attività economiche.
La Francia non aveva un grande impero commerciale come quello inglese e non era ancora come la Gran Bretagna alle soglie della rivoluzione industriale. Possedeva, però, molte colonie da cui traeva materie prime ed esportava prodotti finiti.
Vi erano, purtroppo, i segni tipici di una grave arretratezza sociale dovuti al feudalesimo che in Francia era al massimo del suo splendore.
L’80% circa della sua popolazione viveva nelle campagne ove dominavano tecniche agricole arretrate.
Caotica era, inoltre, la sua suddivisione amministrativa con le molteplici circoscrizioni giudiziarie ed ecclesiastiche.
Innumerevoli erano le imposte, varianti da regione e regione e/o da città a città e moltissimi erano i pedaggi locali e le unità di peso e di misura.
La società era, poi, strutturata secondo i rigidi schemi dell’ancien regime, caratterizzato da rapporti di tipo feudale e squilibratissimo era il rapporto tra i tre ordini sociali; nobiltà, clero e terzo stato. Nobiltà e clero avevano immensi privilegi mentre scarsi erano quelli di artigiani, mercanti, professionisti e contadini, ossia la stragrande  maggioranza della popolazione.
La Francia, ancora, era un perfetto esempio di monarchia assoluta.
Tra le cause primarie della Rivoluzione vi era, anzitutto, il grave malcontento della borghesia, esclusa dalle cariche pubbliche riservate soltanto all’aristocrazia.
Difficili erano nelle campagne le condizioni di vita dei contadini e forte era la disoccupazione di artigiani ed operai nelle città per una grave forma di crisi economica che colpì la nazione nella 2^ metà del secolo. 
Alla crisi economica si erano aggiunte una crisi finanziaria e la crescita vertiginosa del debito pubblico. Inutili erano stati i tentativi del ministro Necker che propose di far pagare le tasse anche a clero e nobiltà.
Nel 1789 vi fu, quindi, la riunione degli stati generali ossia l’assemblea dei rappresentanti dei 3 ordini sociali (nobiltà, clero  terzo stato) che non si era più convocata dal 1614.
Nel maggio vi è l’apertura dei lavori ma vi fu  un immediato scontro dei deputati dei 3 ordini circa la metodologia della votazione.
Nobiltà e clero volevano che si votasse per ordine mentre la borghesia (che aveva numerosi rappresentati) voleva che si votasse per testa.
Non arriva ad alcun accordo e i delegati del 3° Stato si proclamano Assemblea nazionale, rappresentante piene e legittima dell’intera popolazione.
Il Re interviene ma il popolo dà man forte ai  rappresentanti del 3° Stato.
E’ la rivolta. Il 14 luglio viene assaltata la Bastiglia ed è rivoluzione generalizzata.
L'Assemblea nazionale approva la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo ed e del cittadino ossia  uguaglianza fiscale e abolizione dei diritti feudali, uguaglianza davanti alla legge, libertà fondamentali di parola, di stampa…sovranità popolare.
Nel 1791 vi è una  Costituzione e la nascita di numerosi  movimenti politici.
Alla ferma opposizione di nobiltà e clero si reagisce con estremi rimedi (epurazioni, esili e ghigliottina).
Il Re, che cercava di fuggire, è dapprima arrestato e poi ghigliottinato.
Le altre nazioni europee, allarmatissime, fanno fronte comune si coalizzano contro la Francia.
Ma la nazione armata, guidata da capi energici e valorosi, reagisce e vince.
Alla fine di quell’immenso processo di sangue e di rivolgimenti  vi sarà l’astro di Napoleone, grande condottiero militare e politico di  grande levatura che col suo carisma e il suo impero borghese chiuderà in senso moderato quegli anni infuocati. 
Ma agli inizi dell’800 la Francia, l’Europa, il mondo e la storia non saranno , ormai, più le stesse di qualche decennio addietro.

ShinyStat
17 luglio 2004

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