
"S. M. l'Imperatore dei francesi e Re d'Italia, volendo dare alle truppe napoletane che fanno parte del grande esercito, una pruova della sua soddisfazione, pel coraggio da esse addimostrato nelle battaglie di Lutzen, con decreto del 22 maggio ha loro conceduto ventisei decorazioni della legion d'onore, da distribuirsi ai militari dei diversi gradi e classi, che si sono maggiormente distinti."
Sempre in merito alla Campagna di Russia piace riportare ciò che ebbe a dire l'Imperatore Napoleone Bonaparte nel novembre del 1813 nel salutare i soldati italiani a Magonza:
« Io partecipavo ad un pregiudizio di scarsa stima delle truppe napoletane: esse mi hanno colmato di meraviglia a Lutzen, a Bautzen, in Danzica e ad Hanau. I famosi Sanniti, loro avi, non avrebbero combattuto con maggior valore. Il coraggio è come l'amore, ha bisogno di alimento. »
Altri encomi giunsero in data 11 giugno 1813 a seguito delle operazioni militari di Danzica e Stettino che giunsero da parte del generale di divisione François Detrès sia al re di Napoli Gioacchino Murat e tale dossier venne pubblicato successivamente sul "Monitore delle Due Sicilie".
La seconda parte della relazione di Gianni Aiello si è basata sulla disamina ad alcuni dei personaggi calabresi operanti in tale contesto storico come il cosentino Luigi D'Aquino che fu impegnato durante la guerra d'indipendenza spagnola, distinguendosi nella conquista della piazzeforte di Barcellona e in Catalogna, dove assunse i gradi di maggiore. Per il suo valore venne promosso tenente colonnello e insignito del titolo ti cavaliere dell'ordine delle Due Sicilie. Nominato barone, nel 1813 era in Germania e si distingueva a Lipsia. Da maresciallo di campo partecipò alla battaglia di Tolentino.
Altro cosentino fu Ferdinando Sambiase che prestò servizio sotto le direttive dei napoleonidi nel periodo 1809-1815, partecipando alla Campagna di Russia ed alla battaglia di Tolentino dove venne ferito in modo grave ad una gamba.
I fratelli Guglielmo e Florestano Pepe (entrambi nati a Squillace) che frequentarono giovanissimiil Reale Collegio Militare della Nunziatella fino al 1799 ed in quel periodo fecero parte della Milizia della Repubblica Partenopea. Guglielmo partecipò alla campagna d'Italia combattendo a Marengo il 14 giugno del 1800 e nel 1811 venne inviato in Spagna e nel 1813 gli vennero conferiti i gradi di Maresciallo di Campo alla guida di una Brigata di Fanteria e nel 1815 fece parte alla Campagna d'Italia contro l'Austria distinguendosi negli scontri sull'Enza ed alla Secchia.
A riguardo Florestano Pepe, il relatore Gianni Aiello ha ricordato ai presenti l'episodio del 5 dicembre 1813, quando la cavalleria napoletana (detta "I Diavoli Bianchi" dallo stesso Bonaparte scortò Napoleone da Ochmiana (oggi Ašmjany) a Vilno.
Altra figura di rilievo fu quella del reggino  Girolamo Arcovito che al rientro nel Mezzogiorno delle armate napoleoniche  ricoprì  la carica di Commissario civile  presso le Colonne mobili su nomina del ministro francese Antoine Christophe Saliceti.
    Di seguito svolse mansioni di  giudice presso la Corte de L'Aquila, e successivamente quella di Monteleone,  mentre il 14 dicembre 1811 venne nominato presidente della Gran Corte di  Cosenza.
    Luigi Arcovito,anche lui di Reggio Calabria, dopo gli studi  effettuati presso il collegio per piloti in S. Giuseppe a Chiaia in  Napoli, nel 1784  si recò in Svezia,  frequentando a Stoccolma la Scuola di artiglieria e  le sue capacità convinsero il sovrano Gustavo  III ad inserirlo nei quadri militari della marina svedese, dove raggiunse il  grado di luogotenente colonnello e aiutante di campo del comandante la flotta,  prendendo parte valorosamente alla guerra contro la Russia e l'Olanda  (1788).Proclamata la Repubblica partenopea, venne chiamato a far parte del  nuovo esercito dal ministro Gabriele Manthoné, su consiglio del Caracciolo.  Dopo la caduta della Repubblica napoletana, conobbe l'esilio in terra francese  per ritornare nell'Italia meridionale nel 1806, quale addetto di Stato Maggiore  nell'esercito francese, e prese parte alla conquista di Scilla (1808). Si  distinse durante la presa di Capri e per tale occasione venne nominato da  Gioacchino Murat cavaliere dell'ordine delle Due Sicilie. 
      Nel 1809 fu la volta di Roma e l'anno successivo fu impegnato  nell'organizzazione dello sbarco in Sicilia (1810): in quel periodo fu  colonnello comandante del reggimento "Reale Calabro" ed aiutante di  campo di Gioacchino Murat. 
  In un atto notarile del 1811 viene riportato quanto  segue: […] barone Luigi  Arcovito, colonnello del reggimento Real Calabria, Commendatore del Real Ordine  delle due Sicilie, Cavaliere dell'Ordine della Spada [...] 1811 (6)
  Una letteraturadescrittiva a parte merita, nulla togliendo ai precedenti illustrati,  merita la figura di Angelo D'Ambrosio che   in un articolo apparso su Repubblica (7) dal titolo "Napoleone e il  generale" si legge [...] figlio di Bernardo e di  Vincenza Rizzo, famiglia che frequentava la corte pur non essendo  aristocratica, Angelo nacque a Napoli nel 1774 [...] : ben altra cosa, invece la realtà, in quanto  l'Angelo in questione, Angelo D'Ambrosio nacque a Reggio Calabria il 22  settembre di quell'anno, per l'appunto il 1774.
  Frequentò giovanissimo l'accademia militare della  Nunziatella di Napoli che gli permise di intraprendere una brillante carriera  militare, nel 1793, all'età di 19 anni entrò come cadetto nel reggimento  "Re" della brigata comandata dal generale Francesco Pignatelli,  inviata da Ferdinando di Borbone, alla difesa di Tolone contro la Francia  repubblicana.
  Dopo la pace di Campoformio del 17 ottobre 1797,  Angelo D'Ambrosio rientra nel Regno di Napoli ed a soli 23 anni  venne inserito nei quadri dello Stato  Maggiore dell'esercito borbonico, nel 1798 con il grado di capitano partecipò  alla campagna contro i Francesi. 
  Successivamente alla caduta dell'amministrazione  borbonica e la proclamazione della Repubblica partenopea nel 1799, D'Ambrosio  militò nella legione campana ed essendo buon conoscitore della lingua francese si  recò a Parigi insieme al generale Pignatelli e Charles Lauberg in qualità di  delegati del Comitato provvisorio per chiedere al Direttorio il riconoscimento  della Repubblica napoletana e sovvenzioni ma tali richieste non ebbero l'esito  sperato, vista anche la poca attenzione che Charles Maurice de  Talleyrand-Périgord riservò nei loro confronti.
  Al rientro dei borboni, Angelo D'Ambrosio scelse la  via dell'esilio, insieme al fratello Paolo, spostandosi in diversi luoghi, come  quelli di Corfù, Venezia, Padova, dove strinse amicizia con Ippolito  Pindemonti, Ugo Foscolo, Vittorio Alfieri, Antonio Canova, Cesare Monti,  Melchiorre Cesarotti.
  Angelo D'Ambrosio poté rientrare a Napoli dopo la  stipula del trattato di Firenze del 28 marzo 1800 e prima di tale periodo  militò nell'esercito austriaco e si arruolò come ufficiale nel reggimento  "La Tour" dei dragoni in Moravia.
  Nel 1806 viene collocato nei ranghi militari  dell'armata franco-napoletana di Re Giuseppe e nel luglio 1806 fu in Spagna, in  Catalogna e per quegli eventi venne premiato con la Legion d'onore  dall'imperatore dei Francesi e la Croce delle Due Sicilie dei governo  napoletano.
  Si distinse nell'assedio e nella riconquista della  piazzaforte di Barcellona nel dicembre del 1808, all'epoca Angelo D'Ambrosio ricopriva  i gradi di maggiore, ricevendo le note di benemerito da parte del comandante francese Laurent de Gouvion-Saint-Cyr. 
  Nel 1809 con i gradi di tenente colonnello ebbe il  compito di organizzare il reggimento "Real Sannita".
  In data 17 agosto 1810 diresse le operazioni di  sbarco sulla costa siciliana, al comando del "Reale Calabria"e durante i combattimenti con la guarnigione inglese Angelo D'Ambrosio  venne ferito ad una gamba e nonostante ciò   riuscì a proteggere, con soli 500 uomini, la ritirata del corpo del  generale Cavaignac.
  Fatto prigioniero e condotto a Malta riuscì ad  evadere imbarcandosi su un mercantile amico e ritornò a Napoli accolto  trionfalmente da Murat che, nel gennaio del 1811, lo nominò barone e lo inviò  di nuovo in Calabria agli ordini del suo concittadino, il generale Arcovito. 
  Successivamente venne promosso  generale ed il 26 aprile 1812 lasciò la Calabria e assunse il comando della II^  brigata, concentrata sull'Adige per costituire la retrovia della grande armata  che si preparava alla campagna di Napoleone in Russia, fu presente a Danzica.
  Quando le  vicende della guerra volsero a sfavore di Napoleone, il D'Ambrosio, alla testa  della brigata napoletana, il 5 gennaio 1812 mosse verso Elbing, e agli ordini  del maresciallo Mortier coprì la divisione del generale Gérard fino all'Elba,  preservando il rientro di ciò che rimaneva della Grande  Armée . 
  Ottenuto  poi il comando del 4° reggimento napoletano, giunto da poco ad Augusta, e del  101° francese, nel corpo d'esercito del maresciallo Oudinot, riprese a  combattere, a Lützen, poi a Bautzen e infine a Hochkirch ove il 21 maggio del  1813 fu ferito gravemente; costretto ad abbandonare il comando, si ritirò a  Dresda, dove lo raggiunse la nomina di ufficiale della Legion d'onore.
  Successivamente venne incaricato da Gioacchino  Murat di recarsi a Vienna, in qualità di diplomatico  per sostenere la causa della sua dinastia a  Napoli.
  In seguito Angelo D'Ambrosio, siamo nel 1814, venne  nominato tenente generale ed il Re Gioacchino Murat gli conferì la commenda  dell'Ordine delle Due Sicilie, e gli designò l'incarico di suo aiutante di  campo durante la guerra austro-napoletana, affidandogli il comando della 2ª  divisione dei suo esercito che era composta da circa 9.000 uomini.
  Si distinse nella battaglia di Occhiobello,  svoltasi il 7 e l’8 aprile 1815 sulla riva destra del fiume Po, che in quel  periodo storico rivestiva, insieme a   Lagoscuro, Borgoforte e Piacenza, il ruolo di ponte fortificato lungo il  corso del fiume Po. 
  Seguì  Gioacchino Murat anche nella battaglia di Tolentino (2-3 maggio 1815), dove le  ostilità iniziarono nella mattina del 2 maggio con un attacco diretto proprio  dal  generale D'Ambrosio, che respinse i  soldati austriaci nei pressi dell'abitato di Tolentino, nel corso degli scontri  che causarono numerose perdite ed un gran numero di feriti, tra i quali lo  stesso Angelo D'Ambrosio. 
  Costretto  a lasciare il comando, fu nominato dignitario dell'Ordine delle Due Sicilie dal  Murat. Dopo la convenzione di Casalanza Ferdinando I, restaurato sul trono,  dopo aver riunito i due eserciti, quello murattiano e quello borbonico, chiamò  il D'Ambrosio a far parte del Supremo Consiglio di Guerra; nel settembre del  1816 lo nominò ispettore generale della fanteria e nel 1819 infine lo decorò  della Gran Croce di S. Giorgio.
  Muore a Starza, Napoli  il 29 luglio del 1822.
  A riguardo il generale Angelo  D'Ambrosio Napoleone Bonaparte disse: «Dopo i tempi dei romani, gli italiani non  avevano mai mostrato cosi splendido valor militare».  (8)
  Durante la giornata di studi si è parlato anche di Antonio Mollo,  originario di Caria, un piccolo paese nei pressi del Poro, nell'area del  Vibonese, da dove nella primavera del 1812 si dirige verso Napoli per  arruolarsi volontariamente nell'esercito “Napolitano” del Re Gioacchino  Murat, e, quindi, partecipare alla Campagna di Russia (24 luglio – 12 dicembre  1812). A tal proposito viene riportato nella pubblicazione di Antonio  Mazzitelli «...Si racconta ancora che al tempo del sindaco Naso Domenico alias  Concesso, vi era un tale Antonio Mollo detto Juda il quale era ritornato dalla  guerra fatta da Napoleone e perduta nelle ritirata di Russia. Uno dei pochi che  riuscì a salvarsi dal freddo intenso, riparandosi nel ventre di un cavallo...»  (9).
  Un accorgimento questo questo, che non venne utilizzato soltanto nella  campagna di Russia, ma anche in altre occasioni così testimoniato dall'avvocato  Francesco Polimeno (10) , che nel corso della   II edizione 5 maggio 2003, dichiarò che il  suo antenato effettuò la stessa tecnica: si  trattava di Demetrio Cogliandro, un militare reggino presente ad  Austerlitz (2 dicembre 1805). La dichiarazione del pronipote di quel soldato  napoleonico è importante anche perché   conferma che molti esuli reggini del 1799 andarono in Francia e si arruolarono  al seguito di Napoleone Bonaparte.  
    Si  è parlato anche di Vincenzo Fabiani, nato a Grotteria il 13 febbraio 1778, che  durante il periodo della Repubblica Napoletana   svolse le mansioni di commissario del potere esecutivo nel cantone di  Gerace e si distinse nella battaglia di Vigliena del 13 giugno del 1799. Dopo  la caduta della Repubblica conobbe l'esilio, fu a Marsiglia. In seguito  Napoleone Bonaparte gli conferisce la carica di Reggente della Sottointendenza  di Gerace ed in seguito assume i gradi di Capitano della Guardia Provinciale di  Calabria Ultra per Grotteria e Martone. Partecipò alla conquista di Scilla al  seguito del generale francese Louis Eugène Cavaignac. Nel 1808 si ritirò dalla  vita militare per proseguire l'attività amministrativa sino al 1815. Si spegne  a Grotteria il 22 dicembre del 1823 nella città natale che gli intitola una via  con la dicitura “Vincenzo Fabiani, capitano napoleonico”.
  Gianni  Aiello conclude la sua disamina analizzando una serie di documenti relativi lo  Stato Civile - atti di morte, dai quali si ricavano informazioni relative a  personale che va faceva parte dei ranghi dell'Esercito “Napolitano”.  (11)
  La storia quindi è la ricerca del passato attraverso l'analisi di  documenti, testimonianze, racconti trasmessi anche oralmente.
  Questo insieme di elementi ne rappresentano l'impalcatura.Struttura  questa caratterizzata sia dalla macrostoria (analisi dei grandi eventi) sia  della microstoria (analisi di vicende locali), che seppur circoscritta ha il  merito di dare una lettura d'indagine più coinvolgente a tale tipologia  di ricerca.

 
 



(1) DURET DE TAVEL, “Viaggio in Calabria ”, Rubettino Editore;
    (2) ASRC;
    (3) G. BRASACCHIO, “Storia Economica della Calabria”, Ursini Editore;
    (4) DURET DE TAVEL, opera citata;
    (5) ASRC;
    (6) ASRC;
    (7)"Napoleone e il generale" in Repubblica, 25 marzo 2007;
    (8) “Napoleone e il generale”, citato;
    (9) A. MAZZITELLI, Notizie storiche su Caria e suoi abitanti,  F.a.t.a., Catanzaro 1969, pagina 24;
    (10)riferimento internet: http://www.circoloculturalelagora.it/5maggio_03.htm
    (11) ASRC .