
Le pagine  della storia hanno il merito di far parlare con una certa continuità di fatti e  personaggi che a loro volta sono supportati da una consistente letteratura sia  bibliografica che cinematografica: una tra esse è sicuramente quella  indirizzata alla figura di Napoleone Bonaparte.
A  riguardo il grande corso, per poco italiano, viste le note vicende storiche  relative alla  cessione dell'isola con la  Francia a seguito del trattato di Versailles redatto in data 15 maggio 1768 tra  la Repubblica di Genova e la Francia, c'è questa interessante letteratura a suo  riguardo.
Ritornando  a quanto espresso in precedenza e nello specifico alla cessione della Corsica  essa derivò a seguito del forte indebitamento pubblico della repubblica ligure  nei confronti della Francia a seguito del supporto militare transalpino per  domare la rivolta isolana.
Dopo  queste breve ma doverose premesse – prosegue Gianni Aiello – passiamo al tema  centrale della giornata di studi odierna, giunta alla nona edizione e nello  specifico alle cause della morte di Napoleone Bonaparte. 
Tale  argomento, come la figura dell'imperatore Bonaparte è stato sempre oggetto di  continuo dibattimento tra smentite e conferme a riguardo ed alle cause di ciò  che accadde in quel pomeriggio del 5 maggio 1821.
Dicevo  delle continue discussioni che si sono succedute con lo scoccare delle lancette  della storia - prosegue Gianni Aiello- , quali ricerche, affermazioni  scientifiche, tavole rotonde, pubblicazioni, argomenti questi che si sono  alternati tra smentite e conferme a riguardo le cause della morte di Napoleone  Bonaparte.
Di  recente, in data 25 marzo c'è un lancio ANSA che riporta la versione di una  equipe di specialisti di Medicina Legale, come il docente universitario Pier  Luigi Bollome, autore di studi sulla Sacra Sindone, tra cui il saggio “Il  mistero della Sindone – Rivelazioni e scoperte del terzo millennio”.
Tali  indirizzi  sposano la tesi secondo la  quale “Napoleone Bonaparte non sarebbe morto per una neoplasia dello stomaco,  come sostiene la versione ufficiale, bensì avvelenato con l'arsenico".
Sempre  secondo la nota riporta dall'ANSA tutto ciò verrebbe confermato "da alcune  microanalisi sui capelli dello scomparso. 
E anche le  memorie (pubblicate nel 1955) del capovalletto che fu accanto a Napoleone fino  alla fine". 
A seguito  di questa nuova conferma, e scusate il bisticcio di parole - ironicamente  prosegue Gianni Aiello – a sua volta che va a smentire l'altra versione e cioè  quella relativa ad una morte naturale di Bonaparte, causata da  una forma di neoplasia dello stomaco, ci  ritroviamo a riflettere su queste due scuole di pensiero, e, quindi, ci viene  in mente il passo letterario di manzoniana memoria "... ai posteri l'ardua sentenza" .
    A questo  punto andiamo a ripercorrere alcune tappe relative alle due scuole di pensiero,  aspettandoci una nuova ipotesi a tal riguardo.
    La  rivista scientifica “Minerva Medica” pubblica  nel giugno del 2003 un articolo intitolato   “Morte di Napoleone Bonaparte”  e tal riguardo si riporta quanto segue: «La causa mortis dell'imperatore Napoleone Bonaparte  è stata  vexata quaestio per molto tempo.  L'Autore tenta di ricostruire una figura dell'imperatore dal punto di vista  sanitario. Sulla base della relazione del medico Dott. Francesco Antonmarchi,  che eseguì l'autopsia della salma di Napoleone ha cercato di capire la causa  mortis: perforazione gastrica per probabile ulcera maligna con conseguente  peritonite in soggetto con infezione specifica tubercolare polmonare».
    Quindi  una patologia naturale che è collegabile a fattori ereditari come ad esempio il  decesso di Carlo Maria Buonaparte (Ajaccio, 29 marzo 1746 – Montpellier, 24  febbraio 1785) deceduto a causa di una forma tumorale allo stomaco, così come  Napoleone II di Francia (Parigi, 20 marzo 1811 – Vienna, 22 luglio 1832),  figlio di Napoleone Bonaparte e della seconda moglie Maria Luisa  d'Asburgo-Lorena: Napoleone II poco più che ventenne morì di tisi.
    Altri  casi patologici presenti nella famiglia Bonaparte li ritroviamo in altri  familiari della famigli corsa, infatti Maria Paola Bonaparte, sorella di  Napoleone (Ajaccio, 20 ottobre 1780 – Villa Fabbricotti, 9 giugno 1825)  deceduta a causa di una malattia tropicale  cronica contratta a Santo Domingo. 
    A  riguardo la madre Maria Letizia Ramolino (Ajaccio, 26 agosto 1750 – Roma, 2  febbraio 1836) aveva avuto 13 figli a seguito del matrimonio con  Carlo Maria Buonaparte e dei quali solo otto  superarono i primi anni di età e nello specifico le note storiche ricordano  quelle di: 
  
Napoleone  Buonaparte (1764 – 17 agosto1765); 
    Maria Anna  Buonaparte (3 gennaio 1767 - 1 gennaio 1768); 
    Maria Anna  Buonaparte  (14 luglio 1770 – 14  luglio 1770);
  Maria Anna  Buonaparte  (14 luglio 1770 – 23 novembre  1771). 
Ritornando  al tema centrale della discussione – continua Gianni Aiello – piace evidenziare  che  nel "Memoriale di  Sant'Elena" di Emmanuel de Las Cases, vengono elencati diversi stati di  malessere di Napolene Bonaparte, anche se tale diario si ferma all'anno 1817.
    Piace  ricordare, inoltre, che dalle stesse pagine si evincono a chiare lettere le  preoccupazioni di Las Cases che fa cenno ad una serie di malesseri relativi  alla salute di Napoleone Bonaparte, il quale temendo per le sue condizioni  vieta le visite mediche in quanto i dottori di Sant'Elena sono inglesi: da  questecifre appaiono i primi indizi. 
    Sempre a  riguardo il "Memoriale di Sant'Elena" si riporta quanto segue:  «Sulla  tavola dello studio, nella luce violenta del mezzogiorno, sta il cadavere di  Napoleone aperto da un gran taglio in croce. 
  Cinque  medici inglesi, tre ufficiali inglesi e i tre francesi circondano la tavola. Il  medico corso ha fatta l'autopsia e ora espone, come in una clinica: -Questa  parte dello stomaco completamente eroso, si è andata unendo al fegato. Che ne  consegne, miei signori? Il clima di Sant'Elena ha raddoppiato la  malattia di stomaco ed ha quindi anticipato la  morte dell'imperatore».
    I pareri  sono discordi. Si vota: Inghilterra contro Francia. La maggioranza dichiara che  il viscere è sano, mentre il corso con vivace energia va cacciando le dita  nella parete gastrica tutta bucherellata. Si protocolla, poi via! 
    Inoltre  si riporta quest'altro interessante passaggio - continua Gianni Aiello – che  risulta  datato al 16 ottobre del 1840  quando la salma di Napoleone Bonaparte venne imbarcata sulla  "Belle-Poule": «... All'esumazione del cadavere assistettero il Mareciallo Bertrand, il  marchese Las Cases e il generale Gourgaud, che aveva condiviso con Napoleone  l'esilio di San'Elena.Le fasi relative al riconoscimento della salma ebbe  inizio a mezzanotte e durò molte ore in una atmosfera di tensione, tuttavia  altamente commovente e romantica. Quando finalmente il  corpo del grande Corso venne alla luce dalla  tomba, tutti furono colpiti da enorme meraviglia: il corpo era pressoché  intatto e - chi l'aveva conosciuto - pareva di assistere a un miracolo. Il  vecchio Maresciallo Bertrand singhiozzava come un bimbo, non potendo credere di  vedere il "suo" imperatore ancor giovane come l'aveva lasciato quasi  vent'anni prima».
    Quindi la  salma di Napoleone Bonaparte in perfetto stato dopo quasi vent'anni cominciò a  dare adito  ai primi dubbi sulle cause  della sua morte.
    Nel 1961,  quando il dottor Smith, medico legale di Glasgow, pubblicò sulla rivista  scientifica "Nature" i dati relativi ad un suo studio relativi alla  quantità d'arsenico su un campione di un singolo capello di Napoleone che  risultano in eccedenza rispetto a quelle contenute in condizioni normali.
    Altri  dati scientifici provengono dai dati delle ricerche effettuate nel 1982 dai  lavori di Jones e Ledingham che nel corso di alcune studi rilevarono tracce di  arsenico sulla carta da parati che arredava l'area doveva soleva soggiornare  Napoleone durante l'esilio di S. Elena.
    Nel corso  del XXXIX Congresso di Storia della Medicina tenutosi a Firenze nel 1998 (12-14  giugno) i professori dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università degli  Studi del capoluogo toscano Francesco Mari e Paolo Donati nella loro relazione  avente come titolo "Napoleone: morte per causa naturale o veneficio?"  riprendono nella loro relazione i dati sopra riportati e nello specifico quelli  relativi al 1961 ed al 1982.
    A tal riguardo parlando del sopracitato prof.  Smith il quale "entrato in possesso di una cospicua ciocca di capelli  dell'imperatore, fu in grado di ripetere la ricerca analitica su porzioni  seriate di capelli in modo da poter stabilire l'epoca della somministrazione  del veleno, stante la proprietà dell'arsenico di fissarsi nel tessuto corneo. 
    I  risultati di questa ricerca permisero di retrodatare la presenza di arsenico  fino a circa un anno prima della morte. Fu inoltre possibile stimare un  incremento della quantità di arsenico proprio negli ultimi 3 - 4 mesi  antecedenti il decesso”.
    Mentre a  riguardo gli studi  effettuati nel 1982  c'è da evidenziare che gli stessi "ridimensionarono i dati emersi dalla  ricerca di Smith potendo separare gli isotopi dell'arsenico da quelli  dell'antimonio dimostrando che il contenuto di arsenico nei capelli di  Napoleone non era molto elevato; di contro era presente un quantitativo di  antimonio rilevante, compatibile  con le  notevoli quantità di tartaro emetico assunte durante la malattia”.
    Nel 2001  il dottor Pascal Kintz, tossicologo dell'Istituto di medicina legale di  Strasburgo, affermò, dopo accurate ricerche supportate da nuove apparecchiature  ebbe a rilasciare che "Le ultime analisi vanno nel senso di una intenzione  criminale", quindi viene scartata l'ipotesi tumorale e prevale quella di  veneficio per arsenico.
    L'anno  successivo avviene la contro replica è la volta di Ivan Ricordel, referente del  reparto di tossicologia della Gendarmeria di Parigi il quale rilevò che  "se l'arsenico fosse stata la causa della morte, sarebbe dovuto morire  anni prima. 
    L'arsenico  era del resto usato in molte carte da parati (per il colore verde) e spesso in  qualche medicina, sicché il gruppo sostenne che facilmente la fonte poteva  essere qualche ozione per i capelli” . (1) 
    In un  intervista al quotidiano britannico "Sunday Times"  del 12 gennaio 2003 uno dei maggiori studiosi  del periodo napoleonico David  G.  Chandler (15 gennaio1934 – 10 ottobre 2004) rilasciò nel corso di quella  intervista: «È per me chiaro, ora, che Napoleone è stato avvelenato. Oggi  accetto questa conclusione, sebbene per molti anni abbia fortemente dubitato  sull'intera questione». (2)
    Nell'ottobre  del 2005 vi è la notizia di un ritrovamento di un certificato medico datato 5  maggio 1821 nel quale viene riportata la causa della morte di Napoleone  Bonaparte e cioè cancro allo stomaco.
    A tal  riguardo il documento riporta che "Il male   deve aver causato grandi dolori e sembra essere in una fase molto  avanzata".
    Il 13  gennaio 2007 viene pubblicato un articolo sulla rivista scientifica  "Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology" relativo  ad uno studio svolto da una equipe di studiosi che secondo i quali le tracce di  arsenico sono dovute al metodo dei viticoltori del periodo ad usare per la  pulitura delle botti delle soluzioni a base di arsenico.
    Asserendo  anche che le cause della morte, il cancro allo stomaco, vennero causate dal  batterio conosciuto come Helicobacter pylori invece che una malattia di carattere  ereditaria come si era ipotizzata in precedenza anche dovuta ad alcuni casi  nella famiglia Bonaparte.
    Questi  dati vengono confermati sempre nello stesso anno e  più precisamente in data 15 marzo quando  sulla rivista “Nature Clinical Practice Gastroenterology & Hepatology"  vengono publicati i risultati di uno studio della University of Texas  Southwestern medical center.
    In data  11 febbraio del 2008 si registrano i risultati   presso i laboratori di Milano e Pavia dell'Istituto Nazionale di Fisica  Nucleare (INFN) i quali esaminando diversi campioni di capelli di Napoleone  relativi a vari periodi affermerebbero la presenza negli stessi di tracce di  arsenico  e che lo stesso non sarebbe  stato la causa della sua morte per avvelenamento.
    Altra  cifra di tale riscontro sta nel fatto che secondo tali risultati non si  riscontrerebbero notevoli differenze nella quantità di arsenico nei capelli sia  del giovane Napoleone che in quello del periodo di Sant'Elena.
    Infine  non per ordine d'importanza ma solo a livello cronologico – continua Gianni  Aiello – la tesi del professore  Pier  Luigi Bollome che sostiene il caso di avvelenamento di Napoleone Bonaparte.
    Gianni  Aiello prima di concludere il suo   intervento legge un altro passo del famoso memoriale proprio con le parole  dell'Imperatore Bonaparte: «Tutti  nascono anonimi come me, in una anonima Ajaccio, in un'anonima isola, in un  anonimo 15 agosto, di un anonimo 1769, da due anonimi Carlo e Letizia Ramolino;  solo dopo diventano qualcuno; e se prima di ogni altra cosa sono capaci di non  deludere se stessi, anche la volontà divina si manifesta sull'uomo».
    Possiamo  effettivamente dire – chiude la nona edizione del "5 maggio"  affermando che "fu vera gloria!".





(1) BBC News , Tuesday, 29 October, 2002, 14:46 GMT;
    (2) Sunday  Times,  12 January, 2003.