Presso la sala conferenze della Biblioteca Statale di Palazzo Morpurgo in Trieste si è tenuta la prima parte del convegno internazionale di studi avente come tema gli aspetti risorgimentali e le tematiche gravitanti nella sfera geografica adriatico-danubiana.
Il Circolo Culturale "L'Agorà" ed il Centro studi  italo-ungherese "ÀRPÁD" sono stati coinvolti in questa operazione culturale di grosso livello,  visto anche la mole di lavoro effettuata dagli organizzatori ma, nel contempo dalla qualità dei relatori presenti a questo ciclo di conferenze.
Le giornate di studio relative ai giorni 10 ed 11 novembre si sono caratterizzate, visto anche dal  numero degli interventi, in una sessione mattutina ed in una pomeridiana, ad eccezione dei lavori di apertura.
La manifestazione in argomento è stata promossa dalla “Pier Paolo Vergerio” e dalla “Solidalitas” adriatico-danubiana in collaborazione e con i  patrocini dell’Ambasciata d’Ungheria presso il Quirinale e il Consolato onorario d’Ungheria per il Friuli Venezia Giulia, la Regione Autonoma FVG, la Provincia e il Comune di Trieste (Assessorato alla Cultura), il Comune di Duino-Aurisina, la Società di studi storici e geografici di Pirano, il Centro Unesco di Trieste, la Central European Iniziative,, il Gruppo di Studi Storici e Sociali “Historia” di Pordenone, il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria, il Centro studi  italo-ungherese “Àrpàd” di Reggio Calabria, con il contributo della Provincia di Trieste, del Comune di Trieste-Assessorato alla Cultura e del Credito Cooperativo Carso.
La prima sessione ha visto l'intervento di Gizella Nemeth e di Adriano Papo (Solidalitas adriatico-danubiana, Associazione "Vergerio") che hanno relazionato sul tema "Unità italiana e  indipendenza ungherese. Lo spirito collaborativo  italo-magiaro nell'età del Risorgimento".
Nell'età del risorgimento si forma e si cementa un vero e proprio spirito di collaborazione tra Italia ed Ungheria per la liberazione di entrambi i paesi - evidenziano i due relatori - per la liberazione di entrambi i paesi dal giogo austriaco.
Tale collaborazione si concretizza da un lato  nella costituzione della Legione italiana del colonnello Alessandro Monti, che combattè, anche se tardivamente, a fianco dei rivoluzionari ungheresi nella guerra d'indipendenza del 1848-49, dall'altro nella formazione della Legione ausiliaria ungherese che partecipò, invero con poco fortuna, alle guerre risorgimentali italiane (in particolare, alla seconda ed alla terza guerra d'indipendenza ed all'impresa dei Mille).
La Legione italiana in Ungheria entrò in azione soltanto verso la fine delle ostilità; per contro, la Legione Ungherese non fu sfruttata al massimo delle sue potenzialità soprattutto a causa delle incomprensioni esistenti tra il governo sabaudo prima, italiano poi, e il Comitato Nazionale Magiaro e in conseguenza delle divergenza affiorate all'interno dell'emigrazione ungherese in Italia.
La Legione fu definitivamente sciolta il 23 gennaio 1867, poco meno d'un mese prima della conclusione dei negoziati del "compromesso" austro-ungarico che avrebbe portato alla nascita alla Duplice Monarchia.
La parola è passata a Kristjan Knez (Società di studi storici e geografici, Pirano) che ha  relazionato sul tema relativo a "L'Adriatico orientale del 1861, Italianità, difesa dell'autonomia e risorgimento nazionale croato sulla «Gazzetta di Fiume».
Nel  1848 i Croati presero possesso di Fiume e la città andò a formare una parte della Croazia-Slavonia. Dal 1860 in poi una serie di  mutamenti portò quel Municipio a manifestare posizioni diverse, che l'anno seguente sfociarono in un chiaro disconoscimento dell'autorità di Zagabria.
I rappresentanti della città di San Vito avanzarono la richiesta di far parte del Regno d'Ungheria, evidenziando la necessità di garantire l'autonomia di quel comune.
I suoi reggitori erano degli strenui difensori dell'italianità linguistica e culturale (soprattutto in questi termini) della città quarnerina, intesa come un elemento imprescindibile, che doveva essere conservato in quanto costituiva una caratteristica della specifica identità di quell'angolo dell'area
adriatica.
Quella posizione fu difesa con veemenza dalla testata giornalistica della «Gazzetta di Fiume», quotidiano fondato verso la fine del 1860 dall'editore e giornalista di origine genovese Ercole Rezza.
Fin dal primo numero - evidenzia il relatore -  il foglio riservò particolare attenzione alle questioni politiche in modo da soddisfare i bisogni della cittadinanza fiumana. Benché l'attenzione principale fosse rivolta al capoluogo liburnico, si proponevano anche corrispondenze e commenti relativi alle questioni che riguardavano le aree del Quarnero, la Dalmazia, l'Istria e Trieste.
Il giornale prestò attenzione alle cosiddette elezioni del "Nessuno".
Affinché da quella località adriatica giungessero i quattro deputati previsti alla Dieta di Zagabria.
A tal proposito le autorità croate proposero delle elezioni dirette in modo che la popolazione votasse per i rappresentanti alla Dieta croato-slavona.
Il risultato fu però diametralmente opposto a quello sperato. Infatti alle elezioni che furono indette in data del 22 aprile del 1861 la stragrande maggioranza dei votanti scrisse sulla scheda "Nessuno" in modo da evitare l'invio dei loro rappresentanti in seno ad una Dieta che non riconoscevano.
Il 20 e 21 maggio di quell'anno si svolsero le nuove elezioni ma il risultato fu identico. Il terzo tentativo fu ripetuto il 13 giugno dello stesso anno senza però riuscire nell'intento.
É stata la volta del docente universitario di Szeged Alessandro Rosselli che ha argomentato su "Una reciproca inimicizia: l'Italia e la monarchia austroungarica dopo l'unità italiana in alcuni contributi storiografici".
L'Italia la sua unità anche se alcune regioni italiane resteranno sotto dominio austroungarico fino al 1918) il 20 settembre 1870, con la presa di Roma.
Ma proprio tale avvenimento le crea subito problemi di collocazione internazionale, poiché l'occupazione della capitale d'Italia è avvenuta - prosegue il professore Alessandro Rosselli - grazie al crollo della Francia di Napoleone III, sua tradizionale alleata, sconfitta dalla Prussia che poi diverrà Germania.
L'Italia quindi è isolata in Europa, anche perché i suoi due possibili alleati  (l'Inghilterra e la Russia zarista) sono troppo lontani.
Perciò, anche per lo sdegno suscitato nel 1881 dall'occupazione francese della Tunisia, ritenuta terra italiana, l'Italia aderirà nel 1882 alla Triplice Alleanza con la Germania imperiale e la vecchia nemica tradizionale, l'Austria-Ungheria.
A tale alleanza l'Italia si manterrà in sostanza fedele fino al 1914 ma, conscia di contare poco o nulla fra gli altri due paesi, spesso e volentieri si contrapporrà di fatto alle sue alleate, con un progressivo riavvicinamento alla Francia, all'Inghilterra e alla Russia zarista che sarà definito proprio dagli storici  "politica dei giri di valzer" .
Ed è proprio in tal senso che, in questo lavoro, si vuol ricostruire, come è stata vista da alcuni storici italiani del '900, questa tradizionale inimicizia fra Italia ed Austria-Ungheria che datava dall'epoca del Risorgimento italiano e che doveva durare fino allo scioglimento di tutte le ambiguità avvenuto con la prima guerra mondiale.
Il tema relativo a "L'Unità sofferta: la narrativa fuori tema" è stata la relazione tratta dal professore Antonio Sciacovelli (Università dell'Ungheria Occidentale, Polo di Szombathely).
L'Unità italiana - spiega il docente universitario- è stata vista  e raccontata anche con la sofferenza dei vinti, o di coloro che hanno visto tutto sommato traditi i loro ideali dagli sviluppi immediati della politica dei Savoia.
Soprattutto nell'Italia meridionale, tradizionalmente collegata alle nazioni adriatico-danubiane, si sentono gli echi della narrativa fuori dal coro, nelle opere di quegli scrittori che forse già da qualche decennio non vengono più visti come gli "eretici", ma come interpreti altrettanto autentici di quel periodo.
A concludere i lavori della prima giornata è toccato a Davide Zaffi (Associazione "Vergerio" che ha argomentato su "Solidarietà latina italo-rumena. Solo un'illusione?".
É noto che italiani e rumeni hanno vissuto l'epopea dell'unificazione nazionale negli stessi anni, intorno al 1861.
L'importante esperienza storica avveniva sullo sfondo della medesima ideologia, quella che Giuseppe Mazzini poteva definire "italiana" e che si incentrava sulla concezione democratica della nazione.
A questi elementi legati all'epoca, se ne aggiungeva un terzo di più lunga durata e che, dal punto di vista dei rapporti bilaterali, dava sostanza ai primi due: le comuni origini latine.
Il tema della parentela ritorna spesso negli scritti coevi.
Quanto esso ha inciso sulle scelte concrete di politica estera italiana ovvero rumena? Ha facilitato gli scambi? É entrato nel set di valori in base ai quali l'uno o l'altro popolo agiscono, consapevolmente o meno? - questa la rosa di domande che si pone il professore Davide Zaffi.
La discussione in argomento è proseguita su documenti archivistici grazie ai quali il relatore ha evidenziato una sostanziale estraneità spirituale fra le parti, tendendo a dare una risposta negativa ai quesiti sopra menzionati.
La seconda sessione, presieduta da Kristjan Knez, quella di venerdì 11 novembre ha inizio con l'intervento di Gianni Aiello (Circolo Culturale "L'Agorà" - Centro studi italo-ungherese «Árpád» ha relazionato sul tema relativo a "Prigionieri austro-ungarici in Calabria durante il primo conflitto mondiale".
Ringrazio gli organizzatori di questo importante appuntamento culturale - esordisce il presidente del sodalizio di Reggio Calabria - per avermi dato oggi la possibilità oggi, in questa sede ed in questa Città di portare una testimonianza a riguardo la presenza di prigionieri austro-ungarici.
Il titolo della relazione - continua Gianni Aiello - doveva essere circoscritto alla città di Reggio Calabria, ma poi per una serie di circostanze dovute alla ricerca di nuovi documenti il tema si è esteso ad alcune aree della regione calabrese.
I motivi che hanno causato lo scoppio del primo conflitto mondiale sono noti così come le motivazioni logistiche che hanno indotto il governo italiano del periodo ad ubicare i campi di prigionia anche nella parte meridionale della penisola.
La collocazione sul territorio italiano dei campi di prigionia era dovuta alle esigenze logistiche del periodo bellico in questione, dovute anche ai timori del governo sabaudo relativi alle incertezze che lo scenario della guerra offriva.
Infatti dopo l'ubicazione dei primi luoghi atti ad ospitare i prigionieri austro-ungarici nel Nord Italia, si pensò di distribuirli in altre parti del territorio ben lontani dai luoghi di combattimento, visto che vi era il forte timore che potessero verificarsi azioni di sfondamento da parte del nemico.
Tra l'altro c'è da evidenziare che oltre ai problemi derivanti dai continui cambiamenti di fronte vi era anche quello relativo al forte sovrappopolamento delle strutture che ospitavano i prigionieri e, quindi, la necessità di ubicare altrove altre strutture anche per motivi di ordine pubblico derivanti da quanto detto in precedenza.
I documenti ritrovati, dopo accurate ricerche, arricchiscono il tema dei prigionieri di guerra austro-ungarici durante le fasi della prima guerra mondiale (1914-1918), proprio con la presenza di un campo di prigionia nella parte più peninsulare dell'Italia, cambiando così la “geografia” relativa all'ubicazione di tali strutture militari.
Infatti nell'Italia peninsulare i luoghi di detenzione posizionati più a Sud erano quelli ubicati nella zona dell'alto cosentino, del catanzarese mentre per la parte insulare quelli della Sicilia.
Dalla struttura dei documenti ritrovati - prosegue Gianni Aiello - risulta il decesso di sei prigionieri austro-ungarici a Reggio Calabria (età compresa tra i 23 ed i 46 anni) e dalla lettura degli stessi documenti risultano anche i dati relativi alle loro competenze di servizio dei militari menzionati, ma nel contempo anche le loro origini, grado di parentela, luogo e data di nascita.
I prigionieri dell'esercito austro-ungarico presenti a Reggio Calabria alloggiavano in alcuni baraccamenti ubicati nei pressi del Castello Aragonese.
Essi erano utilizzati per lavori di opere  civili, come la manutenzione ordinaria delle strade, come ad esempio la messa in opera dei muraglioni lungo la Via Possidonea.
A tal proposito Gianni Aiello ha menzionato la circolare n.  24112, datata Roma 14 novembre 1916 inoltrata da Ministero della Guerra – Commissione per i prigionieri di guerra alle Prefetture territoriali ed avente per oggetto “Norma sull’impiego della mano d’opera di prigionieri di guerra” .
Il relatore ha poi posto l'attenzione dell'uditorio alla struttura dei documenti relativi  allo Stato Civile – Atti di morte di Catanzaro, dove, oltre alle voci sopra riportate, si trovano altre importanti informazioni come quelle relative ai luoghi militari dove i prigionieri erano detenuti e nello specifico Stilo (Reggio Calabria), Corigliano Calabro (Cosenza), Settingiano e Villaggio Ponte Grande (Catanzaro) e Casale Altamura (Bari).
Inoltre, sempre negli stessi atti risultano riportati luoghi di edifici civili, dove i prigioni austro-ungarici risiedevano.
Il secondo intervento è stato quello di Costantin Ardeleanu (Università Statale  degli Studi del Danubio Meridionale, Dunărea de Jos, Galaţi) che ha relazionato su "Le comunità italiane nei porti
del Danubio Meridionale durante il Risorgimento (1830-1856). Il loro ruolo economico e cultural-nazionale".
Con la conclusione delle pace tra la Russia e l'Impero Ottomano, siglata attraverso il trattato di Adrianopoli (1829), il commercio estero dei principati di Valacchia e Moldavia registrò un ampio sviluppo.
I porti di Brăila e Galaţi diventarono centri nodali degli scambi di merci nell'ambito del traffico internazionale dei cereali.
Insieme con i greci, tra i più dinamici mercanti che intuirono le opportunità di un mercato così emergente, furono anche alcuni abili capitalisti italiani che fondarono proficue compagnie commerciali impegnate attivamente negli scambi di merci tra l'Oriente ed i porti dell'Europa Mediterranea e Settentrionale.
Così, ben presto, si segnalarono per la loro attività le compagnia mercantili fondate dai fratelli piemontesi Pedemonte, da Pasquale Lamberti, da Rocco e Chichizolle.
Essi risultarono impegnati in vari commerci presso i porti di Costantinopoli, Genova, Napoli, Livorno, Trieste, Messina, Marsiglia, Malta e Londra.
Questi mercanti, dediti al lucroso commercio internazionale, furono altrettanto impegnati in  notevoli iniziative culturali di stampo nazionale, seguendo con vivo interesse i fermenti politici della Penisola italiana.
Il primo giornale a stampa apparso regolarmente a Galaţi, intitolato «Dunărea - Il Danubio» (1846-1849), in edizione bilingue italo-romena, conteneva prevalentemente notizie di carattere economico, ma anche nutrite informazioni riguardanti la situazione politico-militare della
madrepatria.
Ester Capuzzo (Università di Roma "La Sapienza" ha relazionato su "Trieste e l'unificazione italiana" evidenziando nella stessa le ripercussioni che l'unificazione nazionale ha avuto nei territori con la presenza italiana nell'Impero asburgico e, segnatamente, a Trieste.
Nel contempo ha posto l'attenzione sul periodo relativo al 1861, quale momento fondante, allargando poi il tema sino al 1882, anno che, con la firma della Triplice Alleanza, viene considerato dalla storiografia come una sorta di spartiacque nei rapporti tra il Regno d'Italia e l'Impero austro-ungarico.
Infatti da tali situazioni si ebbe a determinare l'allontanamento nel tempo della prospettiva di un completamento dell'unificazione nazionale italiana.
L'intervento ha analizzato nella sua specificità la situazione creatasi a Trieste con riferimento al momento fondativo del Regno d'Italia ed ai rapporti che la città giuliana intesse nell'arco di un tempo considerato con uno dei suoi padri fondatori, Giuseppe Garibaldi, e alla cultura politica cittadina, divisa fra lealismo asburgico e contestuale sviluppo di un'identità nazionale, fra la difesa dell'autonomia municipale e adesione alla idealità dell'irredentismo.
Giovanni Cerino-Badone (Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro") ha relazionato su "L'esercito imperiale austriaco 1859-1866".
Nel 1866 l'esercito austriaco fu protagonista di una campagna militare dai due volti.
Infatti il 24 giugno trionfava inaspettatamente contro l'esercito italiano a Custoza, mentre il 3 luglio veniva duramente sconfitto dall'esercito prussiano a Königgrätz che fu la causa della sua distruzione.
Tre settimane più tardi, con le colonne prussiane attestate sulle rive del Danubio, l'imperatore Francesco Giuseppe d'Asburgo richiedeva la pace, scioglieva la Confederazione Germanica e concedeva l'annessione alla Prussia di tutta la Germania settentrionale.
Nel corso del suo intervento il relatore ha analizzato i seguenti punti:
l'esperienza del 1859;
nuove tattiche e nuove dottrine di impiego: l'Exercitium del 1861;
gli ufficiali e i loro soldati, i problemi si un esercito multietnico;
i combattimenti contro gli italiani in Veneto;
i combattimenti contro i prussiani in Boemia;
soluzioni e compromessi.
Antonio D'Alessandri (università Roma Tre) è intervenuto su "Una rilettura dei rapporti tra serbi e italiani nel Risorgimento".
Nel corso del XIX secolo i rapporti fra serbi ed italiani si fecero particolarmente significativi in ragione, in primo luogo, della comune spirazione alla formazione dei rispettivi stati nazionali che dovevano dare riconoscimento politico alla nazione già elaborata, invece, dal punto di vista culturale.
Gli esiti di questi percorsi storici furono piuttosto dissimili - continua il relatore - a causa delle differenti condizioni politiche ed economiche in cui si trovavano serbi ed italiani ma anche per le differenti tradizioni storiche e culturali.
Eppure a partire dalla "Primavera dei popoli", grazie all'iniziativa del ceto dirigente del Regno di Sardegna, le relazioni fra i serbi e gli italiani divennero concrete e, nell'arco temporale  compreso tra il 1849 ed il 1878, il Principato e le comunità serbe della Monarchia asburgica erano visti dalle élites politiche italiane (moderate e democratiche) come il centro nevralgico della questione orientale e il luogo dove maggiori erano le possibilità che si definissero i mutamenti degli equilibri internazionali.
La relazione di Antonio D'Alessandri si è concentrata su alcuni passaggi decisivi della storia serba e di quella italiana alla metà dell'Ottocento con un duplice obiettivo: tracciare un quadro ragionato della storiografia disponibile sull'argomento e spiegare modalità, sviluppi ed esiti della storia di quelli che lo storico Nikša Stipĉević; ha chiamato Dva Preporoda ovvero "I due Risorgimenti".
Si intende inoltre mettere in luce le reazioni che vi furono fra le élites politiche e culturali serbe alla proclamazione dell'Unità italiana, cercando di stabilire se il 1861 fu davvero, per quelle popolazioni, un modello da imitare.
I lavori di apertura della III sessione di venerdì 11 novembre hanno riguardato la relazione del docente magiaro Imre Madarász (Univerisità di Debrecen) che ha trattato il tema relativo a "Risorgimento italo-ungherese nel romanzo di Giovanni Verga «Sulle lagune»".
Il breve romanzo giovanile di Giovanni Verga - esordisce il relatore ungherese - "Sulle lagune"  è generalmente sottovalutato dalla critica e dalla storiografia letteraria. Questa opera pubblicata nel 1863 è, dal punto di vista estetico, lontana dai capolavori  verghiani scritti all'insegna del verismo, ma è importante come documento letterario dell'amicizia e dell'alleanza italo-ungherese nell'età del Risorgimento.
La storia dell'amore fra l'ufficiale ungherese Stefano De Keller, costretto a servire l'esercito imperiale austriaco da lui odiato perché oppressore del suo paese, e la patriota italiana Giulia Collini simboleggia l'idea mazziniana della fratellanza dei popoli, dell'Europa delle nazioni della "santa alleanza dei popoli" contro quella dei principi e dei tiranni, rappresenta la comunanza della missione e del destino delle nazioni e delle patrie che lottano per la loro indipendenza e per la libertà comune.
Il racconto è ricco di riferimenti storici: inizia con la notizia dell'impresa gloriosa dei Mille di Garibaldi, la figura di Keller è modellata su quelle di Tüköry e di Türr, vengono ricordati i martiri di Arad, e la conclusione è una esortazione alla liberazione, alla "redenzione" del Veneto. Il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia è forse il momento ideale - conclude Imre Madarász - per una rilettura di questo romanzo di Verga ante litteram, per la scoperta del suo valore e della sua attualità.
La parola è passata a Gianluca Pastori (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) che ha argomentato su "Alla ricerca di un nuovo equilibrio. L'Italia unita e il mondo adriatico-danubiano fra pulsioni irredentiste e bisogno di sicurezza".
Dopo le enfasi irredentiste - afferma il docente dell'ateneo meneghino prof. Gianluca Pastori - del primo quinquennio unitario, le vicende politiche e militari del 1866 comportano un drastico ridimensionamento delle pulsioni più 'movimentiste' del Risorgimento e spingono i vertici politici e militari italiani alla ricerca di un difficile modus videndi con l'Austria.
Questa normalizzazione delle relazioni non implica però la fine delle tensioni, destinate a proseguire (seppure a livello latente) anche dopo la conclusione, nel 1882, della Triplice Alleanza.
Il contributo proposto intende analizzare nelle sue linee generali - continua il relatore - le dimensioni diplomatiche e militari di questo quadro 'a luci e ombre' , prendendo le mosse dai piani elaborati dallo Stato Maggiore italiano nell'ipotesi (mai del tutto esclusa) di un nuovo confronto armato con Vienna.
In questo quadro, una particolare attenzione sarà dedicata al tema della 'securizzazione' della  frontiera orientale, tema destinato ad avere importanti ricadute - pratiche e simboliche - sui rapporti dell'Italia con il mondo adriatico-danubiano almeno fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Altro argomento interessante è stato quello di László Pete (Università di Debrecen) relativo a "La Legione ungherese contro il brigantaggio negli anni 1860".
Negli ultimi anni la nuova interpretazione del brigantaggio ha suscitato discussioni serie nella storiografia italiana, sembra di poter essere testimoni di una rivalutazione notevole della questione.
In questa situazione vale la pena prendere in esame il ruolo non secondario della Legione Ungherese svolto durante la guerra contro il brigantaggio in due periodi: prima dall'aprile 1861 fino all'agosto 1862 in Campania, poi dall'ottobre del 1865 fino al giugno del 1866 in Abruzzo.
I legionari ungheresi si distinsero per il coraggio, per la bravura personale e per la prontezza delle decisioni aumentando la fama del valore ungherese, nello stesso tempo però questo impegno ritenuto indegno deluse i legionari, i quali - conclude László Pete - perseguivano l'obiettivo di tornare a lottare per la libertà ungherese.
Tra gli altri intervenuti nelle due giornata di studio tenutosi presso la sede istituzionale della Biblioteca Statale di Palazzo Morpurgo in Trieste quelli relativi a:
Roberto Spazzali (Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia) ha argomentato su "Uno sguardo dall'Adriatico. Note e commenti di politica estera di Silvio Benco";
Gianluca Volpi (Università degli Studi di Udine) ha trattato il tema relativo a "L'elmo di Scipio. Gli italiani in armi dal Risorgimento all'Unità (1815-1870)";
Stefano Pilotto (Università degli Studi di Trieste) che ha trattato il tema avente come titolo "Cavour e Andrassy: due personalità al servizio dell'unificazione nazionale.
La manifestazione si è conclusa sabato 12 novembre presso la prestigiosa sede del Castello di Duino dove si assistito alla relazione di Davide Zaffi  che ha argomentato su "L'esercito asburgico e la questione ungherese: la «Tiroli Katona Ujság» (Bolzano, 1916).
L’Impero austro-ungarico durante il primo conflitto mondiale oltre ad organizzare l’aspetto militare ebbe il merito di predisporre un accurato apparato dedito all’aspetto propagandistico.
La modernità significa soprattutto individualismo e la prima guerra mondiale segna l’ingresso della modernità anche nella conduzione della guerra. 
L’esercito doveva ormai rifornire i soldati non soltanto di uniformi, armi e vivande ma anche di motivazioni.
La psicologia dei soldati divenne un fattore di grande importanza e oggetto di deliberazioni ministeriali.
A Vienna, dove la scienza della nuova epoca, la psicanalisi, era appena stata scoperta, il governo e i vertici militari riconobbero subito, fin dall’autunno 1914 la necessità di curare anche l’anima dei soldati. Occorreva combattere la nostalgia e la noia, suscitare e motivare sentimenti aggressivi.
A tal proposito strutturò un apparato informativo composto da scrittori, giornalisti, pubblicisti che fecero parte di un’apposita struttura che aveva il suo quartier generale a Vienna: tale ufficio era il Kriegspressquartier.
Fecero parte di tale organismo famosi uomini di cultura del periodo come  Franz Blei, Franz Theodor Csokor, Egon Erwin Kisch, Hugo von Hofmannstahl, Alfred Polgar, Rainer Maria Rilke, Franz Werfel e Stefan Zweig.
Diverse furono le uscite giornalistiche come HEIMAT, il periodico illustrato DONAURARUM, questi alcune delle espressioni informative  edite dal Kriegspressquartier.
Tale struttura, che successivamente assunse l'acronimo di Kpq, fu il punto d'incontro comunicativo tra i vari enti della Monarchia austro-ungarica, quali ministeri, quotidiani, associazionismo, ranghi militari.
Tutto ciò aveva il compito di organizzare la propaganda austro-ungarica, di svolgere azioni di censura, di organizzare i compiti dei corrispondenti di guerra.
Il  Kriegspressquartier venne istituzionalizzato nel giorno dell'entrata in guerra nei confronti della Serbia (28 luglio 1914) e diretto dal colonnello Maximilian von Hoen sino al 15 marzo 1917, data in cui venne sostituito dal colonnello Wilhelm Eisner-Bubna.
Tale apparato si strutturava in tre sezioni:
1. Kommandantur und Adjutantur , con funzioni di censura nei confronti dei resoconti stilati dai corrispondenti di guerra destinati ai giornali;
2. Platzkommando, con funzioni di controllo nei confronti dei corrispondenti;
3. Berichterstattergruppe,  il team dei corrispondenti di guerra.
Al di fuori della sfera editoriale del Kriegspressquartier vi era un’altra realtà propagandistica che stampava una rivista edita dal Landesverteidigungskommando del Tirolo e prendeva il nome di Tiroler Soldaten-Zeitung.
Questa pubblicazione venne diretta dallo scrittore Robert Musil e, tra l’altro la Tiroler Soldaten-Zeitung per un breve periodo venne pubblicato anche nella versione italiana il “Giornale del Soldato Tirolese” ed anche in quella in lingua ungherese la “Tiroli Katona Ujság”.
L’aspetto grafico della “Tiroler Soldaten-Zeitung” risultava abbastanza elegante ed era seguita da abili e noti curatori come Hans Joseph Weber-Tyrol ed Arthur Nikodem.
In tale periodico venivano curati diverse tematiche come gli aspetti letterari , ma anche ebbe il merito di ospitare anche argomenti relativi a temi pittorici di diversi artisti  come Albin Egger-Lienz, quindi si può dire che la TSZ  rappresentò una vetrina per la sfera artistica tirolese di quegli anni.
A riguardo la “Tiroler Soldaten-Zeitung” essa venne fondata nel giugno del 1915 e tale pubblicazione di propaganda continuò il suo percorso sino all'aprile del 1917: essa non era rivolta soltanto alle truppe ma anche alla popolazione civile che poteva riceverlo tramite abbonamento.
Essa veniva distribuita ad un basso costo sul settore tirolese del fronte sud-occidentale ma era anche inviata, su abbonamento, nelle città dell’entroterra austriaco. Il grado della sua popolarità può misurarsi sul fatto che ne vennero redisposte edizioni anche in ungherese e in  italiano.
Diretta dallo scrittore Robert Musilla la TSZ aveva lo scopo di creare un clima positivo tra i militari al fronte e, nel contempo anche tra i civili, attraverso la pubblicazione di articoli, recensioni che avevano il compito di creare delle condizioni propositive e di distensione nei vari ranghi militari.
La Tiroler Soldaten-Zeitung per un breve periodo venne stampata anche nella versione italiana, il “Giornale del Soldato Tirolese” ed anche in quella ungherese la “Tiroli Katona Ujság”.
Quella ungherese fu inaugurata nei primi mesi del 1916, alla vigilia della così detta Strafexpedition (Spedizione punitiva) ovvero della grande offensiva austro-ungarica che superando da nord le Alpi trentine e poi un tratto della Val Padana avrebbe dovuto condurre a Venezia.
Per questo notevole sforzo bellico erano stati concentrati nel Tirolo meridionale poco meno di mezzo milione di uomini, fra cui quasi centomila provenienti dalla parte ungherese della Monarchia.
Per loro e nella loro lingua venne edita ad opera del Comando del Gruppo d’Armata dell’Arciduca Eugenio la Tiroli Katona Ujság.
Essa era in gran parte una traduzione della versione tedesca del giornale.
Nei numeri che si sono conservati, tuttavia, si nota ben presto la tendenza a farsi sempre più un giornale ungherese non solo nella lingua ma anche nei contenuti.
La TKU pubblicò dunque articoli di interesse transleitano e non perse mai di vista il fatto che l’anima ovvero la psicologia del soldato ungherese aveva le sue particolarità rispetto a quella del soldato austriaco.
In altre parole anche dalla stampa di guerra si evince che la Monarchia asburgica si componeva di due metà piuttosto eterogenee.
I numeri della TKU che si credevano ormai per sempre perduti e che sono stati avventurosamente ritrovati a Budapest sono adesso fotocopiati in integro e raccolti nel working paper n. 125 del Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale di Levico (Trento) intitolato Un’ungherese in Tirolo.
La Tiroli Katona Ujság.
Un’ampia introduzione storica, firmata dallo stesso Davide Zaffi, permette di contestualizzare la vita del giornale sullo sfondo degli avvenimenti militari coevi e della peculiare organizzazione dell’esercito asburgico durante la prima guerra mondiale.
Nella medesima introduzione vengono altresì descritti e commentati i singoli contributi della TKU, anche tramite ampie traduzioni.
Di seguito si è assistito alla parte finale della manifestazione con la tavola rotonda avente come tema "Risorgimenti. Identità nazionale, federalismo, europeismo" .
Nella parte finale della giornata di studi si è assistito agli interventi di Guglielmo Cedolin, Andrea Griffante, Imre Madarász, Alessandro Rosselli, Antonio Sciacovelli e Davide Zaffi che sono stati coordinati, dopo l'introduzione di Adriano Papo, da Francesco Leoncini (Università Cà Foscari di Venezia).

ShinyStat
10-12 novembre 2011

adria danubia, anno III, n.2, dicembre 2011